L’estinzione degli uccelli e le colpe dell’uomo
29.06.2023
Tra le ricerche che, negli ultimi anni, hanno maggiormente contribuito ad indagare il rapporto tra la diffusione delle specie animali e l’azione antropica, figura quella condotta dalla Facoltà di Zoologia dell’Università di Tel Aviv, in collaborazione con il Museo di Storia Naturale Steinhardt (“Widespread recent changes in morphology of Old World birds, global warming the immediate suspect”, 2021).
Stando allo studio, sebbene in natura esistano ben pochi esseri viventi – animali o vegetali – la cui esistenza non sia stata intaccata dalla presenza umana, l’avifauna nel suo complesso è stata quella maggiormente colpita dalla mano dell’uomo.
La nascita dei nuovi habitat creati dall’umanità, infatti, ha provocato il venir meno dei requisiti minimi affinché gli uccelli conservassero adeguate condizioni di vita.
Inoltre, inquinamento e riscaldamento globale rappresentano una nuova minaccia per la perdita degli ecosistemi, costringendo sempre più spesso i volatili alla ricerca di nuove rotte migratorie e rendendo più arduo l’approvvigionamento del cibo.
Perché gli uccelli si stanno estinguendo?
I ricercatori dell’Università di Tel Aviv hanno provato a comprendere le dimensioni del fenomeno dell’estinzione degli uccelli e le relative cause, rilevando che la maggior parte delle specie estinte condividevano diverse caratteristiche, fra cui le grandi dimensioni del corpo, la stanzialità sulle isole e l’inettitudine al volo.
Sulla base di queste premesse e costruendo appositi modelli di calcolo sulle popolazioni di volatili ancora esistenti, gli studiosi sono stati in grado di individuare 469 specie (ma si tratta di un’approssimazione per difetto) di uccelli che sono scomparse negli ultimi 50.000 anni.
Gli uccelli che non sono riusciti a volar via
L’estinzione degli uccelli, quindi, non sarebbe avvenuta in maniera casuale, ma sarebbe stata indotta direttamente dagli esseri umani, che li hanno cacciati, o che hanno portato nelle isole animali non endemici che, a loro volta, si sono nutriti delle uova o dei piccoli. Come detto, una grande quantità (circa il 90%) degli uccelli ormai estinti viveva sulle isole: quando gli uomini sono arrivati, hanno iniziato a cacciarli (soprattutto quelli di grossa taglia, che potevano fornire abbondanti quantità di cibo); buona parte di essi, infine, non aveva l’abilità di volare e quindi di sfuggire ai cacciatori, facendo sì che il numero di volatili inadatti al volo che sono scomparsi raggiunga una quota addirittura doppia rispetto agli altri.
Dati ancora più recenti rispetto a quelli dell’Ateneo israeliano non sono più confortanti. L’ultima edizione (2022) di “State of the world birds” , il più importante rapporto quadriennale sull’avifauna, ha preso in esame ben 11.000 specie di uccelli e, come spiega Lipu-BirdLife Italia, che lo ha divulgato nel nostro Paese, riassume ciò che i volatili ci dicono sullo stato della natura, sulle pressioni esercitate su di essa, sulle soluzioni esistenti e su quelle necessarie alla loro protezione.
Dal report emerge che sono 1.409 le specie di uccelli che la “Lista rossa Iucn” (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura) considera in pericolo.
L’indagine evidenzia inoltre che, attualmente, quasi la metà delle specie di uccelli nel mondo è in declino, mentre solo il 6% è in aumento. Sebbene i dati sulle tendenze a lungo termine delle popolazioni di volatili siano più completi per l’Europa e il Nord America, è sempre più evidente che il declino si stia verificando in tutto il Pianeta.
L’espansione e l’intensificazione dell’agricoltura vengono riconosciute come le principali minacce per oltre il 70% delle specie esaminate; ad esse si aggiungono la meccanizzazione, l’uso di prodotti agrochimici e la conversione dei pascoli in terreni coltivati, che hanno causato in Europa, dal 1980 ad oggi, un declino del 57% degli uccelli negli habitat agricoli.
Arginare la perdita di diversità biologica
I continui allarmi della comunità scientifica, anche relativamente a questa triste accelerazione nella scomparsa di specie animali e vegetali, deve indurci ad una profonda riflessione, che non deve prescindere, però, da un’elaborazione rapida ed efficace di strategie utili ad arginare la sempre più rapida perdita di diversità biologica.
Come ribadito dalla nostra Organizzazione Sindacale anche in occasione della Giornata Mondiale della Biodiversità (che si è celebrata lo scorso 22 maggio), quest’ultima va tutelata promuovendo soluzioni basate sulla natura, per aumentare la resilienza anche contro i cambiamenti climatici e i disastri naturali.
A questo scopo – anche alla luce dell’inserimento del principio di tutela dell’ambiente nella Costituzione italiana, avvenuta nel febbraio del 2022 – occorre mettere in campo azioni concrete, quali la redazione di una Strategia nazionale per la biodiversità adeguatamente finanziata e condivisa, l’individuazione di nuove aree protette e di zone di tutela, la designazione di interventi per migliorare la salvaguardia, la conservazione, la gestione e il monitoraggio della varietà biologica, un ripensamento della convivenza tra uomo e animali, nonché una riprogettazione in chiave sostenibile di molte attività antropiche.
È necessario, infine, promuovere una maggiore responsabilizzazione collettiva e una nuova idea di sviluppo economico, fondata sul cardine imprescindibile della Sostenibilità. In questo modo, sarà possibile ottenere un duplice beneficio: gli investimenti creeranno nuova occupazione e lo sviluppo tecnologico contribuirà a migliorare l’Ambiente.
La UIL, in tal senso, continuerà a impegnarsi affinché si costruisca un futuro diverso, più attento alla tutela dell’ecosistema, svolgendo un’azione di vigilanza e di costante partecipazione, perché siano garantiti i diritti, il sostegno al Lavoro, alla qualità e alla salvaguardia del Pianeta.
Dipartimento Ambiente Uil
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