Un freno burocratico all’energia rinnovabile
23.06.2023
Si parla sempre più del concetto di Transizione Energetica, dell’inversione di marcia da energia non rinnovabile, data dall’utilizzo di combustibili fossili o dal gas, ad una pulita, prodotta attraverso le cosiddette risorse rinnovabili (solare, eolica, geotermica, idroelettrica e da biomassa).
In Italia la produzione di energia da tali fonti si sta diffondendo sempre di più, come emerge da uno studio condotto da ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) denominato “Efficiency and decarbonization indicators in Italy and in the biggest European countries” (Indicatori di efficienza e decarbonizzazione in Italia e nei maggiori Paesi Europei).
Il confronto tra i Paesi UE
Nell’analisi sono stati messi a confronto le maggiori economie dell’UE, tra cui Germania, Francia, Italia, Spagna, Polonia, Paesi Bassi, Belgio, Romania e Svezia e ne è emerso che il nostro Stato risulta essere la seconda potenza, dopo la Svezia, per l’utilizzo di risorse rinnovabili, essendo passato dal 4,4% del 1990 al 19,4% del 2021.
Il nostro Paese ha l’obiettivo di abbandonare l’utilizzo del carbone per la produzione di energia elettrica, così come indicato all’interno del piano “Energia e Clima 2030”. A tal fine, si presuppone che per il raggiungimento di tale traguardo, debbano essere realizzati impianti e infrastrutture sufficienti per sostituire la produzione energetica da combustibili fossili con quella green.
Le risorse rinnovabili dovranno coprire il 30% della domanda elettrica nazionale
Naturalmente questa è una sfida che siamo tutti chiamati a raggiungere, infatti, le risorse rinnovabili dovranno coprire circa il 30% della domanda elettrica nazionale entro il 2030. Ma come possiamo raggiungere questo risultato se si rischia di rimanere bloccati in una rete di cavilli burocratici che rallentano la transizione energetica?
Secondo quanto descritto da Legambiente, all’interno del report “Scacco matto alle rinnovabili 2023”, le fonti non fossili faticano ad emergere a causa della lentezza degli iter autorizzativi e degli ostacoli burocratici posti da Regioni e Soprintendenze competenti in materia. Questo nonostante le semplificazioni introdotte dal Governo Draghi e portate successivamente avanti dall’esecutivo Meloni, tra cui:
- lo snellimento dell’iter di installazione degli impianti fotovoltaici;
- la riduzione della fascia di rispetto per gli impianti eolici (area del cerchio con raggio pari a trenta volte l’altezza massima dell’aerogeneratore) e fotovoltaici (distanza di mille metri dai beni sottoposti a tutela);
- l’accorpamento dell’AU (Autorizzazione Unica) con il procedimento di VIA (Valutazione Impatto Ambientale) che porterebbe la conclusione della procedura entro 150 giorni;
- la possibilità di considerare gli elementi emersi nel procedimento di VAS (Valutazione Ambientale Strategica) anche in sede di VIA;
- infine, l’istituzione e il potenziamento delle due Commissioni VIA-VAS.
Purtroppo, nel 2022, di 1364 progetti in fase di valutazione solo l’1% degli impianti fotovoltaici ha ricevuto l’autorizzazione, mentre per l’eolico on-shore (impianti installati in zone pianeggianti lontane dalla costa) siamo fermi allo 0%. Questa purtroppo è la dimostrazione di un iter troppo lento, tanto che il report di Legambiente evidenzia che i tempi medi per ottenere l’autorizzazione alla realizzazione di un impianto eolico siano di circa 5 anni, contro i 6 mesi previsti dalla normativa, per poi attendere ulteriormente per la costruzione vera e propria dell’impianto.
Obiettivo: Neutralità climatica
Non dobbiamo dimenticare che l’obiettivo finale che siamo chiamati a ottenere è quello della neutralità climatica (equilibrio tra le emissioni di gas serra prodotte e quelle assorbite in un determinato periodo di tempo) entro il 2050, come indicato dalla legge europea sul clima. Però, per contrastare davvero la crisi climatica, accelerare la transizione ecologica e raggiungere i livelli di decarbonizzazione richiesti dall’Europa bisogna fare qualcosa di concreto al fine di rimuovere gli ostacoli per lo sviluppo delle rinnovabili, snellendo davvero le procedure di autorizzazione e promulgando norme condivise e chiare.
In conclusione, possiamo affermare che le misure adottare fino ad ora non sono in grado di sostenere gli obiettivi indicati all’interno del PNIEC (Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima), né tantomeno aiuteranno il raggiungimento di quelli preposti dall’UE. Peraltro, come ribadito in altre sedi, lo stesso PNIEC necessita di un aggiornamento ripensandolo non solo in funzione dei target stabiliti a livello europeo ma allargandone la portata.
La versione precedente del Piano risale al 2018, il che lo rende oramai obsoleto, soprattutto perché non tiene conto dei nuovi obiettivi preposti. Il termine ultimo per la consegna del documento alla Commissione Europea è stato fissato per il 30 giugno 2023, successivamente a questa data si dovranno attendere i commenti da parte di Bruxelles e, infine, dovrà essere consegnata la versione definitiva entro la fine dell’anno. Auspichiamo che, tale documento, non venga ritenuto una mera formalità, ma che rispecchi le strategie che si vorranno mettere in atto.
Un’Italia green
Riteniamo, quindi, che l’Italia debba puntare con fermezza alla produzione di reti elettriche alimentate dalle risorse naturali, in quanto sono un’ottima opportunità di crescita e innovazione per il nostro Paese, e potrebbero stimolare e sostenere la creazione di occupazione di qualità e a tempo indeterminato per uno Sviluppo Sostenibile ma anche sociale, stimolando anche l’affermazione delle nuove competenze in chiave green trasversali a tutti i settori produttivi.
Dipartimento Ambiente UIL
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