Dopo sette anni, torna lo sciopero generale. Piazze piene ogni oltre aspettativa.
16.12.2021
Oggi, dopo sette anni, è il giorno del ritorno allo sciopero generale.
Uil e Cgil, al fianco delle lavoratrici e dei lavoratori, sono scesi in piazza per chiedere di modificare la manovra fiscale del Governo, in vista dell’appuntamento ufficiale di lunedì prossimo tra i Sindacati e il Premier Mario Draghi, sul tema delle pensioni.
Cinque piazze piene: a Roma, con i Segretari generali Pierpaolo Bombardieri e Maurizio Landini, poi a Milano, Bari, Cagliari e Palermo.
Le ragioni dello sciopero sono reali e concrete: contrastare una manovra che crea delle disuguaglianze, non tutela le classi più disagiate, non difende chi è rimasto indietro, non supera la precarietà del lavoro.
Quello di oggi è stato lo sciopero di tutti. Quello che ha unito giovani e anziani, lavoratori e disoccupati: “Insieme per la giustizia”. Che non è solo uno Slogan della manifestazione.
Il disagio e la stanchezza nei confronti dei grandi problemi della vita non hanno etichette statistiche.
La risposta migliore a tutte le critiche, gli attacchi e, in alcuni casi, le offese che i Sindacati hanno ricevuto è arrivata nel modo più semplice e con la voce più forte: la partecipazione.
Le piazze erano piene. Oltre ogni aspettativa. E i dati dell’adesione allo sciopero dimostrano quanto fosse necessario: una media dell’85% in settori come quello edile, dei trasporti, dei metalmeccanici, dell’agroindustria, del commercio, dei lavoratori somministrati. Per citare solo alcuni dati, un’adesione dell’85% alla Parmareggio di Modena, dall’85% della Michelin Italia, dal 50 al 70 % alla Carrefour, 45% nei fast food Mc Donald.
Oltre alle lavoratrici e ai lavoratori però, anche tantissimi studenti, giovani e pensionati.
Questo dimostra che i Sindacati non volevano andare contro nessuno, ma neanche contro i loro ideali e le loro responsabilità.
E grazie allo sciopero di oggi c’è stata una grande iniezione di fiducia, da parte di chi non si sente rappresentato dalle Istituzioni e che ha trovato in queste rivendicazioni un riscontro semplice, che si sta dando troppo per scontato: una voce.
Fuori dal coro, fuori dalle borse dello Stato. Fuori dai giornali e fuori dalle tv.
Gente normale che combatte ogni mese contro povertà, disservizi, disagio sociale, disagio abitativo, precariato, lavoro irregolare.
È stato lo sciopero di chi combatte per non restare indietro, di chi non ha voce, di chi ha dimostrato che non bastano i bavagli, le opinioni contro, le critiche e le accuse dei salotti, per fermare chi ha davanti gli occhi delle persone.
Gli scioperi non sono solo manifestazioni. Sono una rinuncia. E oggi tantissime persone hanno rinunciato a una parte del proprio stipendio, che non è esattamente d’oro.
Lo hanno fatto con la convinzione di lottare per un futuro migliore.
E ora, se volete, chiamatela pure rivoluzione.
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