Disabilità e Anziani Non Autosufficienti: dal 1° gennaio 2025 l’avvio della sperimentazione

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11.11.2024

Dal 1° gennaio 2025 entrerà in vigore la sperimentazione a campione delle due grandi Riforme, Disabilità e Anziani non autosufficienti che, ancorate e finanziate in parte dal PNRR, ribalteranno i sistemi di assistenza e le procedure a favore della personalizzazione e composizione delle prestazioni come disposto dalle leggi delega nn. 227/2021 e 33/2023.

Analizziamo nel merito cosa, e come dal nuovo anno, si avvieranno le fasi sperimentali che coinvolgeranno milioni di famiglie.

Persone con disabilità: il Progetto di vita

La riforma sulla Disabilità introduce un sistema più personalizzato, inclusivo e coordinato di servizi di supporto con l’obiettivo di garantire maggiore autonomia e qualità della vita alle persone con disabilità. Obiettivo principe della riforma è la “centralità della persona” affinché siano garantite ad ognuno, l’esigibilità dei diritti attraverso misure integrate di supporto, assistenza e inclusione incentrate alle sue necessità, aspirazioni e potenzialità.

Sarà una équipe multidisciplinare di professionisti sociali e sanitari che declineranno con la persona con disabilità, i suoi bisogni, identificando i servizi e le risorse più adatte e le sue aspettative attraverso un nuovo sistema di valutazione integrato che considera non solo le limitazioni funzionali, ma anche il contesto di vita, le capacità residue e gli obiettivi personali.

L’approccio parte dall’idea che ogni individuo con disabilità deve poter realizzare il proprio Progetto di Vita, con un sistema che riconosce e rispetta l’unicità di ciascuno, e che mira a supportarne la partecipazione attiva alla vita sociale, economica e culturale.

Il Progetto di vita declinato nell’articolo 18 del D.lgs 62/2024 attuativo della Riforma è quindi diretto a realizzare gli obiettivi della persona con disabilità per migliorare le condizioni personali e di salute nei diversi ambiti di vita, facilitandone l’inclusione sociale e la partecipazione sulla base di uguaglianza con gli altri.

Nel Progetto di vita, strumento personalizzato e partecipato, verranno individuate per qualità, quantità ed intensità: l’insieme delle risorse economiche pubbliche e private, professionali, tecnologiche e strumentali, attivabili in seno alla comunità territoriale e al sistema dei supporti.  Ricomprende al suo interno tutti gli altri progetti individuali, dal PEI scolastico al progetto di vita per il “Dopo di noi”, a quello che era il piano individuale previsto dalla Legge 328/2000.

La persona con disabilità è l’unica titolare del progetto di vita e concorre a richiederne l’attivazione, a determinarne i contenuti, esercitando anche le prerogative per apportare eventuali modifiche o integrazioni secondo i propri desideri e le proprie scelte.

Sostenibile nel tempo, il Progetto di vita deve garantire continuità degli strumenti, delle risorse e degli interventi nonché delle prestazioni, dei servizi e degli accomodamenti necessari.

la Fase Sperimentale 

Il Progetto di Vita, che entrerà a regime nel 2026 su tutto il territorio nazionale, sarà avviato in via sperimentale dal 1° gennaio 2025, in nove province (Brescia, Catanzaro, Firenze, Forlì-Cesena, Frosinone, Perugia, Salerno, Sassari e Trieste). Della durata di 12 mesi la sperimentazione sarà incentrata: all’attuazione del nuovo sistema di semplificazione dell’accertamento della condizione di disabilità attraverso l’utilizzo delle classificazioni ICD e ICF; agli strumenti tecnici operativi di valutazione di base e valutazione multidimensionale che consentiranno l’accesso al sostegno per   avviare concretamente il Progetto di vita.

Per garantire omogeneità e qualità dei servizi su tutto il territorio nazionale, l’adozione del Progetto di Vita richiederà alcuni passaggi formali e organizzativi la cui emanazione è prevista entro il mese di novembre 2024, occorre quindi emanare: un Regolamento; le Linee Guida Nazionali; un Piano Formativo sulle nuove procedure rivolto a Comuni e agli Ambiti Territoriali in collaborazione con Anci e gli Enti del Terzo Settore.

  • Ma quali sono i passaggi fondamentali per aderire al Progetto di vita? 

Il primo passo da fare, dopo la certificazione della condizione di disabilità, è la Valutazione Multidimensionale (VM), svolta presso le Unità di valutazione operanti nelle Case di Comunità. Consiste in un processo interdisciplinare volto a identificare e descrivere la natura e l’entità dei problemi di carattere fisico, psichico, funzionale e relazionale-ambientale di una persona. Nella VM saranno individuate anche le misure per il superamento delle condizioni di povertà, emarginazione ed esclusione sociale, nonché, gli eventuali sostegni erogabili in favore del nucleo familiare e di chi presta cura ed assistenza (caregiver). Questo permetterà di identificare i bisogni, garantire l’unitarietà della presa in carico e individuare gli interventi di sostegno necessari alla persona con disabilità che è al centro del Progetto di vita.

I componenti dell’Unità di Valutazione Multidimensionale sono: la persona con disabilità;  l’esercente la responsabilità genitoriale in caso di minore, nonché il tutore o l’amministratore di sostegno se dotati di poteri; la persona eventualmente individuata dalla persona con disabilità; un assistente sociale, un educatore o un altro operatore dei servizi sociali territoriali; uno o più professionisti sanitari designati dall’Azienda Sanitaria/Distretto con il compito di garantire l’integrazione sociosanitaria; un rappresentante dell’istituzione scolastica, un rappresentante per l’inclusione lavorativa.

Su richiesta della persona con disabilità, viene prevista la partecipazione di altri componenti eventuali.

  • Quali obiettivi e quali interventi devono essere definiti nel Progetto di Vita?

Gli obiettivi del progetto di vita possono variare in base all’età, alle aspirazioni e al tipo di disabilità della persona e devono includere:

  • Acquisizione di maggiore autonomia nelle attività quotidiane
  • Inserimento scolastico o lavorativo
  • Miglioramento della salute fisica e mentale
  • Rafforzamento delle competenze sociali e relazionali
  • Partecipazione ad attività culturali e sportive

Come detto, ogni Progetto di vita deve essere su misura, gli interventi devono essere flessibili e adattabili ai cambiamenti per garantire continuità degli strumenti, delle risorse degli interventi, dei benefici, delle prestazioni, dei servizi e degli accomodamenti rispondenti nel corso del tempo alle esigenze della persona. Gli interventi devono includere:

  • Terapia
  • Assistenza domiciliare
  • Supporto psicologico o riabilitativo
  • Inserimento lavorativo
  • Partecipazione a progetti di inclusione sociale

Per ogni Progetto di vita deve essere identificata una figura specifica (Assistente Sociale o Case Manager) come responsabile o coordinatore del progetto, per garantire continuità, monitoraggio e adattamento del percorso. Il Referente, punto di riferimento per la persona con disabilità, la sua famiglia ed il caregiver, avrà il compito: di curare la realizzazione del progetto e dare impulso all’avvio dei servizi, degli interventi e delle prestazioni in esso previsti; di assistere i referenti dei vari interventi al fine di assicurare il coordinamento tra tutti; di curare il monitoraggio sull’andamento del progetto. In tale ultima veste, il Referente dovrà raccogliere eventuali segnalazioni trasmesse da terzi (per esempio, amministratore di sostegno) verificando eventuali necessità di intervento e, nel caso, richiedere la convocazione dell’Unità di Valutazione Multidimensionale per rimodulare il progetto. Le Regioni possono intervenire in materia disciplinando ulteriori compiti del Referente. Nell’elaborazione del Progetto di vita va coinvolta anche la Rete di supporto (famiglia, amici, operatori sanitari, assistenti sociali, insegnanti e datori di lavoro)

  • Ogni Progetto di vita ha il suo Budget di progetto 

Il Budget di progetto è lo strumento finanziario per sostenere il Progetto di Vita. Personalizzato e flessibile, è l’insieme delle risorse economiche, destinate a finanziare interventi e servizi necessari per realizzare gli obiettivi specifici del piano individualizzato. Può coprire diverse aree di supporto e assistenza in base alle necessità e agli obiettivi personali della persona con disabilità.  Alla costruzione del Budget di progetto concorrono i dirigenti sanitari e sociosanitari che devono indicare l’apporto nell’ambito delle risorse complessivamente attivabili in ambito sanitario e nel limite della relativa destinazione.

L’utilizzo integrato e coordinato delle risorse si ottiene attraverso anche l’istituto della co-programmazione, quale strumento di pianificazione territoriale dell’allocazione delle risorse, partendo dai bisogni espressi (per tramite degli enti del terzo settore di rappresentanza delle persone con disabilità) e la co-progettazione quale modalità di strutturazione di interventi con più attori, pubblici e privati.

Il Budget di progetto definisce quindi, a livello quantitativo e qualitativo, le risorse economiche e le risorse umane (caregiver familiare), professionali (es. infermiere), strumentali (es. pulmino), tecnologiche (es. teleassistenza e tecnologie assistive), atte a garantire la piena fruibilità dei sostegni indicati per qualità, quantità ed intensità nel progetto personalizzato.

La persona con disabilità può anche autogestire il budget con l’obbligo di rendicontare secondo quanto preventivamente previsto nel progetto.

  • Elementi essenziali del Budget del progetto
  1. Servizi di assistenza
  2. Interventi sanitari e riabilitativi
  3. Formazione e lavoro
  4. Attività sociali e ricreative
  5. Adattamenti ambientali

Con quali risorse si attuerà il Progetto di vita e il relativo Budget? 

Concorrono nel Budget del progetto di vita, le risorse del Fondo pari a 25 milioni di euro annui previsto dalla legge delega di riforma sulla disabilità; quota parte (pari al 38%) del Fondo per la Non Autosufficienza; una quota (pari a 8 milioni) del Fondo per il finanziamento ordinario delle Università, la totalità delle risorse strutturali del Fondo cd. “Dopo di Noi” e quelle del Fondo cd. “Sostegno Caregiver.

Rammentiamo che tutte le pubbliche Amministrazioni dovranno continuare a garantire i servizi e le prestazioni già previste a legislazione vigente, pertanto, il Budget di progetto è impiegato senza le limitazioni imposte dall’offerta dei singoli servizi, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza e dei relativi tetti di spesa statali e regionali a legislazione vigente.

Le risorse a disposizione costituiscono una questione dirimente affinché si possa portare a compimento la fattibilità degli interventi.  Da un parziale raffronto tra i Fondi stanziati e la platea di popolazione con disabilità, che vive spesso in condizioni di deprivazione ed emarginazione, ci obbliga a dichiarare che la copertura degli investimenti previsti nei vari Fondi, sono assolutamente insufficienti e non congrui a soddisfare i bisogni delle persone con disabilità per realizzare le finalità di ogni singolo Progetto di vita tale da garantire, sia i livelli essenziali delle prestazioni sociali, sia il percorso di una vita indipendente e dignitosa.

Riportiamo qualche dato per avere un minimo di contezza: le persone con una certificazione di disabilità a cui è stata erogata una pensione o una indennità legata alla disabilità nel nostro Paese, sono 7 milioni e 658 mila, dei quali 4 milioni e 245 mila sono over 65enni. Le donne con limitazioni gravi sono il 5,6% contro il 4,2% degli uomini, mentre le percentuali con limitazioni non gravi sono pari al 18,1% per le prime e 14,19% per i secondi.

Appare evidente che, se si vuole mettere a terra per ognuno di loro un Progetto di vita dignitoso ed efficace, le risorse a disposizioni sono molto esigue. Nel Ddl di bilancio, la Uil, nell’audizione del 4 ottobre, ha denunciato che è indispensabile investire nei servizi e incrementare i Fondi a sostegno della Disabilità e Non Autosufficienza. Al contrario riscontriamo che nella manovra si persegue una direzione sbagliata: da una parte si riducono i servizi ai cittadini attraverso tagli a Regioni e Comuni, dall’altra non si prevedono maggiori incrementi per i Fondi a disposizione. Si insiste su un ulteriore indebolimento del welfare per contenere la spesa, che inciderà, e il tempo ci darà ragione, di ampliare povertà e disuguaglianze, soprattutto a danno delle famiglie che assistono quotidianamente persone con disabilità.

  • La sperimentazione per gli Anziani non autosufficienti 

La legge 33/2023 e il decreto legislativo 29/2024 introducono una Riforma delle politiche per gli anziani in Italia, focalizzandosi su tre aree: favorire un’assistenza integrata; promuovere l’inclusione e prevenire l’isolamento e sostenere le fragilità; semplificare i servizi sanitari e sociali per gli anziani non autosufficienti; promuovere un invecchiamento attivo.

Tra le misure, l’articolo 34 del Decreto Legislativo 29/2024 attuativo della Riforma, prevede una “Prestazione Universale” che consiste in un assegno di assistenza in aggiunta all’indennità di accompagnamento, sia per remunerare il costo del lavoro di cura e assistenza, sia per l’acquisto di servizi destinati al lavoro di cura e assistenza e forniti da imprese.

Per la Prestazione Universale viene prevista una sperimentazione biennale, dal 1° gennaio 2025 al 31 dicembre 2026, rivolta ai soli over 80 non autosufficienti con un bisogno assistenziale gravissimo, consiste di una quota integrativa pari a 850 euro mensili, in aggiunta all’indennità di accompagnamento che mensilmente corrisponde a 531,75 euro.

Oltre all’età anagrafica, alla condizione di non autosufficienza gravissima già titolari dell’indennità di accompagnamento, la legge dispone un altro requisito importante da rispettare, quello dell’Isee sociosanitario, che non deve essere superiore a 6.000 euro.

Rammentiamo che l’Isee sociosanitario, rappresenta l’indicatore che tiene conto, oltre che della situazione economica equivalente, anche di particolari situazioni di bisogno, prevedendo trattamenti di favore per i nuclei dove sono presenti persone con disabilità e non autosufficienza. La somma totale dell’assegno di assistenza pari a 1.381,76 euro al mese non concorre alla formazione del reddito a fini fiscali e non potrà essere soggetta a pignoramento.

Come detto, il bonus potrà essere speso solo per alcuni servizi, come remunerare il costo del lavoro di cura e assistenza, svolto da lavoratori domestici con mansioni di assistenza alla persona titolari di rapporto di lavoro conforme ai contratti collettivi nazionali di settore, ma può essere usato anche per l’acquisto di servizi destinati al lavoro di cura e assistenza forniti da imprese qualificate nel settore dell’assistenza sociale non residenziale, nel rispetto delle specifiche previsioni contenute nella programmazione integrata di livello regionale e locale.

Al momento non sono ancora note le modalità attuative del bonus che dovrà essere regolamentato da un apposito Decreto, c’è la certezza che la procedura telematica sarà affidata all’Inps, così come sarà affidata all’Istituto previdenziale, la valutazione del bisogno assistenziale, la gestione e il controllo. Pertanto, l’Inps, oltre alla gestione delle domande, monitorerà l’uso dell’assegno e, nel caso di utilizzo non conforme, provvederà alla sua revoca e il beneficiario sarà tenuto alla restituzione di quanto indebitamente ricevuto. Resta tuttavia fermo il diritto della persona anziana non autosufficiente di continuare a percepire l’indennità di accompagnamento

La sperimentazione dovrebbe coinvolgere alcune Regioni che verranno selezionate, sia dagli elementi sociodemografici territoriali, sia dai diversi modelli assistenziali.

  • Con quali risorse si attuerà la sperimentazione per gli anziani?

Lo stanziamento per la sperimentazione è pari a 200 milioni di euro nel 2025 e di 300 milioni di euro nel 2026, diversi studi certificano che il finanziamento del bonus consentirà di raggiungere circa 30mila ultra80enni in condizioni gravissime di non autosufficienza.

La sperimentazione, finanziata con 200 milioni di euro nel 2025 e 300 milioni nel 2026, coinvolgerà 30.000 anziani ultraottantenni in gravi condizioni e alcune regioni selezionate.

Fermo restando alcune forti criticità espresse in più occasioni dalla Uil sull’impianto del D.lgs 29 che elude in gran parte i principi fondanti della legge Delega, evidenziamo la ridotta disponibilità economica di protezione per la non autosufficienza.

Senza stanziamenti di risorse aggiuntive e senza un rafforzamento del personale, non si concretizzerà l’integrazione sociosanitaria auspicata per rispondere adeguatamente ai bisogni di assistenza in un Paese che conta 14,3 milioni di anziani, di cui oltre 4,5 milioni di 80enni.

Un Paese che invecchia con un crescente numero di malattie neurodegenerative richiede protezione con assistenza e cure specializzate, rende ancora più urgente il bisogno di supporto.

Inoltre, la sperimentazione per la sua limitata disponibilità economica e per il fatto che esclude, con i vincoli stringenti dell’età anagrafica e della condizione economica, molti anziani con disabilità gravissima, compromette il principio di universalità e gradualità della legge, lasciando gran parte di loro privi di un adeguato supporto, alla luce anche della grave carenza di assistenza domiciliare (ADI) che, come sappiamo, non solo è erogata a macchia di leopardo sul territorio nazionale, ma assolutamente insufficiente a sostenere i bisogni reali di assistenza e di cura costringendo gli anziani non autosufficienti ad una maggiore marginalità e povertà.

 

 

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