Decreto Lavoro: Timida apertura che non risolve

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17.05.2023

Con la pubblicazione del Decreto-legge n°48/2023, così detto Decreto Lavoro, ci troviamo di fronte all’ennesima decretazione di urgenza sui temi del lavoro, di chi un lavoro già ce l’ha e rischia di perderlo o di chi invece lo ha perso ed ancora non riesce a trovarlo.

Tutti temi sui quali sarebbe stato necessario intervenire avendo chiari gli obiettivi da raggiungere, l’equità e l’efficacia delle misure e soprattutto utilizzando, come metodo, la discussione ed il confronto con tutte le parti sociali.

Al riguardo avevamo accolto con favore le dichiarazioni “programmatiche” del Ministro Calderone con le quali ribadiva la volontà di “favorire il dialogo sociale sui temi di grande impatto sociale” dove riteniamo rientrino a pieno titolo la riflessione e le proposte su come combattere il lavoro povero, insicuro e precario. 

Un Decreto lavoro preconfezionato

Ci saremmo aspettati l’apertura di un tavolo per rivedere gli strumenti di ingresso nel mercato del lavoro e, perché no, anche quelli a difesa della povertà, monitoraggi sulla copertura e sulla efficacia delle misure e, naturalmente, un confronto di merito che, seppure su differenti posizioni, potesse essere schietto e concreto

Invece, ci è stato “somministrato” un Decreto Lavoro preconfezionato che cerca di “tamponare” alcune criticità, ma che ne “solleva” di nuove, un Decreto che nello smontare il reddito di cittadinanza rischia di creare nuove coorti di poveri, precari e inattivi.

Un Decreto che, per garantire l’operatività delle misure in esso contenute, richiederà l’emanazione di oltre 10 decreti Ministeriali attuativi con tutte le complessità e farraginosità che ne deriveranno.

Ancora Voucher, si allungano anche i contratti determinati

Sotto il profilo più squisitamente “lavoristico” registriamo, con disappunto, un’ulteriore apertura ai voucher e l’ennesima modifica sul contratto a tempo determinato che rende, di fatto, libero il datore di lavoro di assumere fino a 24 mesi senza causali, fatta eccezione per le ragioni di natura “tecnica, organizzativa e produttiva” disciplinate, o da disciplinare, a cura della contrattazione collettiva anche aziendale.

Si tratta, per il tempo determinato, della reintroduzione del vecchio “causalone” che, in mancanza della disciplina contrattuale, verrà definito in autonomia dalle parti del contratto aggravando la già forte condizione di debolezza di lavoratrici e lavoratori, con il rischio di aumentare considerevolmente il contenzioso giudiziario sulla veridicità delle “ragioni tecniche” addotte dalle aziende.

Inoltre, riteniamo profondamente sbagliate le modifiche sulle prestazioni occasionali su cui il Governo interviene per la seconda volta, dopo la Legge di Bilancio del 2023, ampliandone ulteriormente il campo di applicazione, con la chiara volontà di voler scaricare la ripresa dei settori del turismo e delle terme sulle spalle delle lavoratrici e lavoratori.

La riforma del Reddito di Cittadinanza

D’altro canto, il Decreto è, per la maggior parte, dedicato alla riforma del reddito di cittadinanza che, a partire dal prossimo anno, sarà sostituita da una nuova misura nazionale di contrasto alla povertà, alla fragilità e all’esclusione sociale delle fasce deboli: l’Assegno di Inclusione.

Il provvedimento presentato dal Governo non rappresenta, però, una vera e propria riforma alle misure a sostegno della povertà ed il legislatore interviene riducendo, in maniera diffusa, le tutele proprie delle politiche di contrasto alla povertà sulla base di criteri legati all’occupabilità del beneficiario della prestazione, alla sua volontà di partecipare a percorsi formativi ed alla ricerca attiva di un’occupazione.

Ferme restando le finalità più generali della nuova misura, il legislatore ha voluto affiancare al sostegno economico specifici interventi di “inserimento sociale”, “formazione” e “politiche attive”.

In questo modo si mescolano, impropriamente, le politiche per le famiglie con quelle di contrasto alla povertà e quelle di inserimento nel mercato del lavoro. 

Non viene superato, quindi, il concetto di ibrido che era alla base anche del Reddito di Cittadinanza, tra politiche di contrasto alla povertà e politiche attive del lavoro e, nel complesso, la nuova normativa contiene un numero elevato di interventi di “condizionalità” che disciplinano sia l’accesso all’Assegno di inclusione che il suo mantenimento.

Il patto di attivazione digitale

I beneficiari dell’Assegno di inclusione dovranno, come accade per i percettori di Naspi, iscriversi ad una piattaforma “on line” per la sottoscrizione di un “patto di attivazione digitale” dal quale poi discenderanno a cascata altre tipologie di interventi volti alla ricerca di lavoro, all’individuazione di attività di formazione e rafforzamento delle competenze e alla partecipazione a progetti utili alla collettività.

Tra i più significativi elementi di condizionalità spicca l’offerta “congrua” di lavoro che il componente del nucleo familiare beneficiario, attivabile al lavoro, è tenuto ad accettare pena la decadenza dal beneficio.

In particolare, ci sembra eccessiva la previsione di decadenza nel caso di offerta di un lavoro a tempo indeterminato senza tener conto dei limiti di distanza e con riferimento a tutto il territorio Nazionale, rendendo ancora più stringenti i parametri rispetto a quelli che si applicano ai percettori di Naspi o Dis-Coll.

Inoltre, il riferimento a “tutto il territorio nazionale”, comporterebbe un’elevata rinuncia alle offerte di lavoro in considerazione delle spese di affitto da affrontare.

Così come ci appare singolare che, per avere diritto all’Assegno di inclusione, nel patto si debba indicare, con idonea documentazione, di essersi rivolti ad almeno tre agenzie per il lavoro o enti autorizzati all’attività di intermediazione quale misura di attivazione al lavoro.

Centri per l’impiego al limite

Tutti questi interventi di politiche attive andranno ad aumentare i carichi di lavoro dei Centri per l’Impiego che, è bene ricordarlo, non hanno ancora terminato i piani di rafforzamento e sono solo parzialmente preparati a dare servizi per una platea con caratteristiche peculiari e problematiche che necessitano di un approccio multidisciplinare.

Infine, va ricordato che il “motore” di tutte le politiche di attivazione e di condizionalità previste per le nuove misure a contrasto della povertà sarà una nuova piattaforma digitale, il Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa (SIISL), che dovrà garantire l’interoperabilità di tutte le piattaforme digitali dei soggetti accreditati al sistema, comprese quelle delle Regioni.

Al riguardo da tempo sosteniamo che non sono necessarie nuove infrastrutture informatiche e che sarebbe sufficiente creare le condizioni per far funzionare quelle oggi esistenti, con particolare riferimento al sistema informativo unitario che dovrebbe essere coordinato dall’ANPAL.

Tutto questo sullo sfondo di un ulteriore intervento di riforma che dovrebbe riportare le più importanti “mission” di Anpal all’interno del Ministero del Lavoro e che rischia di sancirne la definitiva soppressione a meno di dieci anni dalla sua istituzione.

Dipartimento Servizio Lavoro, Coesione e Territorio UIL

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