DDL LAVORO: precarietà e meno diritti.

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06.10.2024

Mentre il sindacato chiede di garantire lavoro stabile e sicuro il Governo fa l’esatto opposto. 

I mesi di stasi nell’iter di discussione sul Ddl lavoro non hanno portato a nulla di buono. Il Governo continua sulla strada della deregolamentazione a danno di lavoratrici e lavoratori che vedranno aumentare la precarietà e diminuire le tutele.

Somministrazione: meno vincoli alle aziende, meno tutele per chi lavora. 

Per il lavoro in somministrazione a tempo indeterminato, ad esempio, il ddl elimina il tetto del 30% di lavoratori e lavoratrici in missione a tempo determinato presso le aziende utilizzatrici. Sparisce anche l’obbligo di giustificare l’esternalizzazione di manodopera a tempo determinato nel caso di persone beneficiarie della Naspi (da almeno sei mesi) o della cassa integrazione. Una doppia mossa che sostituisce l’ammortizzatore sociale con la precarietà, per giunta sfoggiando l’alibi” del reinserimento nel mercato del lavoro delle persone più svantaggiate. E non solo.

Il disegno di legge prevede, rispetto alla somministrazione a tempo determinato, la non applicazione del tetto del 30% agli stessi casi di esenzione fino ad ora previsti solo per il contratto a tempo determinato diretto. L’ennesimo intervento che incentiva la flessibilità selvaggia e l’esternalizzazione della manodopera.  Come dichiarato dalla Segretaria Confederale Ivana Veronese il ddl “andrà sicuramente a favore delle agenzie di somministrazione, ma, soprattutto, delle aziende utilizzatrici che avranno il vantaggio di avere meno vincoli nell’assecondare le loro esigenze vere o presunte di flessibilità organizzativa”. 

Lavoro stagionale, il governo scavalca la Cassazione.

Uno smaltimento sistemico di diritti e tutele che prosegue con l’ampliamento a dismisura della definizione di “lavoro stagionale” e sanando, reatroattivamente, stagionalità non genuine. Aumentare le attività che rientrano in questa fattispecie, infatti, significa moltiplicare gli impieghi a cui non è applicabile la disciplina delle causali, delle proroghe, dei rinnovi, del limite dei 24 mesi di durata tipici del contratto a tempo determinato. Ma significa anche un minor costo del lavoro per l’azienda: per la stagionalità, infatti, i datori di lavoro non pagano l’addizionale contributivo aggiuntivo che è invece dovuto quando si attiva o si rinnova un contratto a tempo determinato. Tutto ciò, in barba a quanto sentenziato dalla Corte di Cassazione che, nel 2023, aveva escluso dalla stagionalità quelle stesse attività oggi nel ddl, ammissibili.

Licenziare, senza pagare pegno.

I regali del Governo alle aziende non finiscono qui. Si vogliono, infatti, introdurre nel nostro ordinamento le cosiddette dimissioni volontarie per fatti concludenti che sono un favore per i datori di lavoro di non da poco. Già nell’audizione di gennaio scorso la UIL aveva segnalato il proprio disappunto per la previsione che permetteva di considerare come dimissioni volontarie un’assenza ingiustificata di 5 giorni (o oltre i termini stabili dalla contrattazione collettiva).  Nel nuovo testo i giorni sono diventati 15 e il datore deve comunicare l’assenza all’Ispettorato Territoriale del Lavoro che può verificare la veridicità della comunicazione. Le dimissioni per fatti concludenti sarebbero escluse solo se lavoratrici e lavoratori dimostrino l’impossibilità di notificare i motivi della propria assenza, per cause di forza maggiore o per fatto imputabile al datore. Un onere della prova a carico della parte più debole del rapporto di lavoro che subisce un ulteriore riduzione delle proprie garanzie.

Con il Ddl lavoro c’è più precarietà e meno diritti.

“Il Ddl lavoro – ha rimarcato la Segretaria Veronese – ci sembra veramente un’operazione degna di un mago! Questo governo continua a dirci che va tutto bene e a dichiarare la “crescita sostenibile” come uno dei suoi obiettivi primari. Sostenibile per chi? Non certo per le lavoratrici e i lavoratori, che stanno pagando a caro prezzo, sulla propria pelle, l’aumento della precarietà lavorativa, il peggioramento della qualità del lavoro e l’erosione di potere d’acquisto e tutele. Allora no – ha concluso Veronese – decisamente non va tutto bene, caro governo e cara ministra, e noi continueremo a contrastare i vostri tentativi di deregolamentazione mascherati da semplificazione, che rendono felici le aziende e più vulnerabili le lavoratrici e i lavoratori”.

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