Cos’è il lavoro invisibile?

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Il primo martedì di aprile è la giornata dedicata al lavoro invisibile. Non si tratta del lavoro nero, ma del lavoro svolto in casa a favore della famiglia, prevalentemente dalle donne.
L’iniziativa è stata istituita in Canada per dare riconoscimento e valore all’insieme di attività svolte tra le mura domestiche che, di valore – soprattutto economico – non ne hanno avuto mai.

Invisibilità è sinonimo di informalità: non è previsto un compenso economico per il lavoro domestico svolto e non è valutata in termini professionali la competenza della cura, non esiste.
Da qui, il ristretto spazio decisionale lasciato alle donne circa i loro “oneri domestici”, per cui ci sono tre alternative.

  • La prima scelta è svolgere il lavoro domestico a tempo pieno, opzione che coinvolge, secondo la più recente rilevazione Istat (2017), 7 milioni 338 mila donne casalinghe.
    Una scelta di comodo?
    Purtroppo no, considerando che si tratta della categoria più a rischio di incidenti domestici.
  • La seconda, è essere childfree, ovvero scegliere la non maternità. Sempre più donne, infatti, rinunciano ad avere figli, registrando, ad oggi, il livello minimo di nascite dall’Unità d’Italia.
  • Infine, vi è una terza opportunità: assumere il double burden ovvero lo svolgimento di due lavori, entrambi in modalità full time. Da un lato, il lavoro che la donna svolge in linea con le sue competenze professionali, dall’altro, il lavoro che esegue a casa in tutte le attività di cura domestica che, senza di lei, sarebbero incompiute. Il compenso, però, non è doppio.
    Al contrario, è facile prevedere una forte perdita per le donne che scelgono il double burden più spirituale che economica. Meno tempo da dedicare a sé stesse, per svolgere attività extra-lavorative ed extra-domestiche, per auto-determinarsi oltre le aspettative sociali.
    Insomma, una bella fregatura!

“Invisibile”? NO. Si vede, eccome se lo vediamo.

Sì, perché, al giorno d’oggi, definirlo lavoro invisibile, sembra quasi una stramberia: lo vediamo eccome se lo vediamo, ce l’abbiamo sotto gli occhi e guai a noi se non ne riconoscessimo tanto l’importanza quanto il peso delle responsabilità a esso legate. Si tratta, infatti, di un lavoro indispensabile: senza una persona disponibile a prendersi cura dei soggetti non autonomi, questi non avrebbero la possibilità di vivere una vita dignitosa, in uno spazio domestico ben curato.

Queste attività indispensabili non sono considerate a livello politico-economico. Dato che c’è già chi si occupa di lavoro domestico in via del tutto informale, che l’abbia scelto o meno, la necessità di rendere questo settore visibile passa in secondo piano.

Per il nostro retaggio culturale, questo lavoro, lo fanno le donne, da sempre viste come “le regine della casa”, anche tra loro stesse.

Tre differenti risposte con cui il mondo femminile cerca di esprimere tutta la sua resilienza nonostante ognuna delle tre situazioni descritte presenti delle forti disuguaglianze e ingiustizie.

La soluzione, questa volta, non può essere invisibile.

Ogni donna, prima o poi, nel corso della sua vita, dovrà scegliere uno di quei tre contesti perché il lavoro invisibile continua a essere ignorato dall’economia e dalla politica.

Lavoro invisibile: cosa fare?

Prima di tutto monetizzare la cura domestica, ovvero stabilire e garantire il valore economico a cui corrisponde il servizio di cura, in proporzione a quanto viene svolto da tutte le donne, tanto le casalinghe, quanto le lavoratrici.

Inoltre, è necessario formalizzare la cura domestica riconoscendo la competenza degli individui, evitando di associare la professione ad un talento di genere, così da abilitare l’intero nucleo familiare allo svolgimento delle attività domestiche.

Per raggiungere questo risultato, le donne stesse devono iniziare a cedere le responsabilità del lavoro di cura, abbandonando il trono da “regine della casa” ereditato dalla tradizione.

Il riconoscimento economico e sociale non è facile da raggiungere. Bisogna abbattere stereotipi e tradizioni di genere consolidati da tempo e già radicati nel sistema che ci circonda, incluse le stesse classi dirigenti dell’economia e della politica. Non a caso, nei contesti di potere le donne sono in forte minoranza e hanno poco margine per esporre le loro problematiche e discuterne le soluzioni.

È un anniversario triste, dunque, quello del primo martedì di aprile: un problema politico evidente, ma nascosto in quattro mura domestiche.
Il lavoro invisibile non ha bisogno solo di un riconoscimento, ma di una radicale rivoluzione culturale.

Dipartimento immigrazione UIL

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