La nascita della Confederazione Europea dei Sindacati
08.02.2024
«Quella della Confederazione Europea dei Sindacati – scrisse Jacques Delors – è una storia esemplare». Delors, che dell’Europa sociale è considerato uno dei padri, aveva perfettamente ragione, visto che la CES ha rappresentato prima di tutto il tentativo di superare le divisioni storiche del sindacalismo continentale.
Divisioni e barriere, muri e cortine – che potevano sembrare invalicabili – di carattere ideologico, senza dimenticare quelle più squisitamente politiche (per esempio l’atteggiamento critico del TUC britannico verso l’integrazione) e culturali (si pensi alle grandi differenze tra i sindacati del Nord Europa rispetto a quelli del Sud, e oggi anche dell’Est).
Tra l’8 e il 9 febbraio del 1973, e quindi ben 16 anni dopo i Trattati di Roma e a 24 dalla creazione del Consiglio d’Europa, si tennero a Bruxelles, presso la Maison des Huits Heures l’assemblea costitutiva e il primo Congresso della CES, e già dal comunicato che ne venne fuori, si evidenziavano le coordinate su cui il sindacalismo europeo tentava di trovare basi comuni. «Il movimento sindacale – si legge nel documento – risponde a suo modo alla crescente integrazione economica e sociale dell’Europa, che si riflette sull’allargamento della Comunità e l’estensione dei suoi Trattati di libero scambio. Il movimento risponde con forza, riunendosi in una sola organizzazione […]». Una genesi, quindi, complessa, ma cercata e voluta per essere presente nel processo di integrazione europea.
La situazione in Europa dopo la Seconda guerra mondiale
Quando terminò la Seconda guerra mondiale, il movimento sindacale si riunì nella sua maggioranza all’interno della Federazione mondiale dei sindacati (tranne i sindacati cristiani riuniti nella CISC). Ma questa unità durò poco.
La prima rottura della FSM si ebbe sul Piano Marshall, tra chi lo osteggiava – i comunisti – e chi lo vedeva con favore – i socialisti e socialdemocratici. Fu questo il motivo per cui quest’ultimi decisero di uscire dalla FSM e dare vita a un altro soggetto: l’ICFTU.
Negli anni Cinquanta, con il mondo diviso in blocchi, l’Europa occidentale si avvia verso la costituzione delle Comunità europee e dell’EFTA (Associazione europea di libero scambio); nel movimento dei lavoratori continentale inizia a farsi largo l’idea di creare un’organizzazione specificatamente europea.
Le tappe che portarono alla CES sono state molte e non certo riassumibili in questo spazio. Di certo, però, l’entusiasmo delle organizzazioni sindacali verso il “Piano Schuman” e i primi approcci di integrazione ebbero un ruolo importante, anche se poi non mancarono voci critiche rispetto all’annoso (e di certo non risolto) problema della frigidità sociale della nascente CEE. Ma ancor prima di questi passaggi, anche la costruzione dell’Autorità internazionale della Ruhr (1948) mise in moto un processo di “manifestazione di una coscienza sindacale”, con la creazione nel 1949 del Comitato intersindacale permanente.
L’inizio dell’idea di Comunità europea: sindacati socialisti e cristiani verso l’unità
Con la costituzione della CECA, invece, l’ICFTU a decide di creare un “Comitato Schuman” per tentare di indirizzare la produzione di acciaio e carbone verso una razionalizzazione tra i paesi membri, spingendosi poi alla costituzione di un’Organizzazione regionale europea: l’ORE-ICFTU. Ed è proprio in questo periodo che le posizioni di sindacati socialisti e cristiani tendono a convergere, accomunate dall’idea positiva di integrazione.
Un altro passo importante sarà sicuramente la creazione del “Comitato dei 21”, un’organizzazione intersindacale di minatori e metalmeccanici dei paesi appartenenti alla CECA. Nel 1958, invece, le sette confederazioni della ICFTU coincidenti con i paesi fondatori della CEE, creano una struttura di carattere interprofessionale denominata Segretariato sindacale europeo (SSE), che nel 1969 cambierà denominazione in Confederazione europea dei sindacati liberi (CESL). I sindacati cristiani, a loro volta, si struttureranno nella Confederazione mondiale del lavoro (OE-CML). Ma entrambe le strutture, socialista e cristiana, si mostreranno non in linea rispetto al lavoro necessario alla edificazione del progetto europeo.
A giocare un ruolo determinate nella ridefinizione dell’organizzazione sindacale europea non sarà solo lo stimolo sovranazionale all’allargamento della CEE a UK, Danimarca e Irlanda, ma un ruolo importante lo giocarono, all’inizio dei Settanta, anche le vicende nazionali di paesi come L’Italia, dove il movimento sindacale si muoveva verso l’unità.
I negoziati per la costituzione della CES prendono il via ufficialmente a Oslo il 5 e 6 novembre del 1971. Vi partecipano i rappresentati di ICFTU, FGTB, LO, DGB e TUC. Mentre, anche se informalmente, i sindacati cristiani iniziano questo percorso il 5 e 6 febbraio successivo.
Dopo elaborate discussioni, anche in relazione al rapporto da tenere con i paesi dell’Est, l’8 e il 9 di febbraio del 1972 nasce la CES: organizzazione che sarà aperta ai sindacati democratici presenti in paesi anche loro democratici. Fuori rimarranno i regimi di dittatori come Franco (Spagna) e Salazar (Portogallo), insieme alla Grecia dei colonnelli. Ammessa fin da subito la UGT, il sindacato spagnolo in esilio. I sindacati cristiani entreranno nella CES il 7 marzo successivo.
Per l’Italia, saranno UIL e CISL a far parte subito della CES. Esclusa inizialmente la CGIL per i suoi rapporti con il mondo comunista. Motivo che terrà fuori dalla neonata confederazione anche la CGT francese.
Da quel momento in poi, la storia ha fatto passi da gigante e non sempre i cambiamenti sono stati indolori. Tanto che appare ancora fondamentale dare un’anima sociale alla nostra Unione Europea. Una lotta che la CES non ha mai smesso di portare avanti.
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