Come la disoccupazione distrugge la comunità: il caso di Marienthal
07.04.2022
I Disoccupati di Marienthal è il titolo di una ricerca sociologica iniziata nel 1933 in una piccola cittadina industriale austriaca, Marienthal appunto, che in quel periodo era stata colpita da una grossa crisi economica, generando una disoccupazione di massa.
L’idea, come racconta uno degli autori, H. Zeisel (gli altri furono M. Jahoda e P. F. Lazarsfeld) nacque da una sorta di rimbrotto del socialdemocratico Otto Bauer. Zeisel, infatti, si recò da Bauer con l’intento di discutere con lui sulla possibilità di studiare come i lavoratori, che attraverso le lotte sindacali avevano da poco ottenuto la riduzione della giornata lavorativa da dieci a otto ore, usavano il tempo libero a disposizione. Ma Bauer rispose con una certa durezza che sarebbe stata una presa in giro studiare il tempo libero in un paese che soffre di disoccupazione cronica, con tassi del 10%. Quello era il tempo libero da studiare!
Fu così che nacque uno degli studi passato alla storia come una vera pietra miliare rispetto agli effetti che la disoccupazione può comportare sia socialmente che psicologicamente. E si scelse una cittadina che presentava una caratteristica tragicamente peculiare: le persone erano tutte disoccupate, vivendo soprattutto di sussidio.
Marienthal non presentava alternative a quella industria che l’aveva resa un posto ambito dove vivere. In una landa poco adatta all’agricoltura, agli inizi degli anni ’30 dell’800, Hermann Todesko, il vero fondatore della città, che gli ha dedicato una statua e di cui tutti i bimbi conoscevano la storia, impianta il primo linificio, perché la conformazione pianeggiante del suolo rende facili i trasporti. Il fiume che attraversa la città, poi, non ghiacciandosi mai, dava l’energia necessaria alle macchine.
La fabbrica iniziò ad ingrandirsi attraverso l’introduzione di altre lavorazioni. I rapporti di lavoro erano di stampo patriarcale. Gli stipendi bassi pur se sicuri. Per assicurarsi anche la possibilità del lavoro delle donne, Todesko fece costruire un asilo per i bambini delle future operaie. Quando arrivò anche qui la rivoluzione tecnologica con i telai a vapore, i rapporti tra datore e maestranze cambiarono, grazie all’organizzazione del sindacato e alle sue lotte, che portarono anche ad un aumento dei salari.
Marienthal diventa un centro vivo politicamente, socialmente ed economicamente. In città c’erano un’osteria, un cinema, due macellerie equine, una pasticceria, uno spaccio cooperativo, una drogheria, un barbiere, molti negozi, sezioni di partito e biblioteche. Vi si svolgevano innumerevoli fiere e si mantenevano rapporti saldi con la vicina Vienna, dove le persone si recavano spesso per andare a teatro o a fare compere. «Il centro di questa comunità piena di vita era la fabbrica».
Alla fine degli anni ’20 del ‘900, una crisi improvvisa e più forte di quella che colpiva gli Stati Uniti, spazza via tutto, e la fabbrica, con le sue due ciminiere, viene man mano abbattuta.
I ricercatori si trovarono di fronte un mondo che si faceva sempre più apatico, con un «crollo della struttura e della personalità sociale»: una comunità stremata. Il tema della ricerca, quindi, non era il singolo disoccupato, ma la comunità di disoccupati «in una particolare industria, in un particolare villaggio, in un particolare periodo dell’anno». Per meglio capire le dinamiche del posto, decisero di stabilire un forte legame con la comunità, di vivere nel villaggio e di strutturare dei progetti (progetto vestiti, attività politica, corso di disegno di modelli, cure mediche, corso di ginnastica per ragazze e consulenze ai genitori), che potessero meglio aiutarli all’interazione con le persone.
Consegnarono in paese delle schede familiari da compilare, chiesero a 32 uomini e 30 donne di scrivere la storia della loro vita, distribuirono schede per comprendere l’utilizzazione del tempo, chiesero di scrivere temi scolastici ai bambini, di registrare pasti, rapporti e reclami, dati statistici, statistiche di economia domestica.
Il giorno più importante diventò quello della distribuzione del sussidio, che avveniva ogni quindici giorni e con cui coincideva l’acquisto di molti beni necessari. Si acquistavano soprattutto carboidrati per via del costo ridotto rispetto alla carne, che si riusciva a mangiare poche volte al mese (non a caso la comunità non riusciva più neanche ad esprimere un peso massimo nella boxe, dove, precedentemente alla crisi, primeggiava rispetto ai villaggi vicini).
Marienthal diventò un posto di desolante monotonia. Calarono l’interesse verso la politica, per cui «la decadenza da un livello culturale superiore di confronto politico, si accompagnò a un aumento dei conflitti più primitivi motivati da astio personale». Si chiedevano meno libri in biblioteca e non per mancanza di testi a disposizione, ma di incentivo alla lettura. Non si compravano più i giornali. Il tempo si dilatava a dismisura, soprattutto per gli uomini, perdendo ogni suo valore. Le persone – ma non le donne, che avevano da svolgere le mansioni casalinghe e di accudimento – ciondolavano lentamente in città. «Una vola che una persona camminava in fretta – riferiscono gli autori – si scoprì che era l’idiota del villaggio». Questi uomini diventano una sorta di «classe separata», prostrata alla rassegnazione, senza progetti a lunga scadenza.
Le famiglie “integre” (con un buon grado di positività, una vita ordinata, figli curati e casa ben tenuta) ammontano a solo il 16%. Le “rassegnate” al 48%; Le “disperate” all’11% e quelle “apatiche” al 25%.
Anche i bambini perdono le loro aspettative. I doni richiesti a Natale hanno un valore medio di 12 scellini, rispetto ai 36 dei bimbi dei paesi limitrofi e difficilmente arrivavano.
Permane un minimo di solidarietà. Se un contadino vede sparire della verdura, di solito non denuncia il fatto. Se a sparire sono cani e gatti, il legittimo padrone non si affanna nella ricerca, perché potrebbero aver sfamato qualcuno. Non viene sanzionato l’infrazione del divieto di pesca. Il bel parco del paese diventa un luogo selvaggio, dopo essere stato per anni meta di forte socializzazione. L’asilo “Montessori” chiude, perché non si può più pagare la maestra.
Il resoconto della ricerca si conclude con una sorta di post scriptum degli autori, che ben rende l’idea della durezza di ciò che si trovarono di fronte: «Arrivammo a Marienthal come scienziati sociali; ce ne andammo con un unico desiderio: che la tragica possibilità di svolgere un’inchiesta come questa non si ripresenti più ai nostri giorni».
Di Raffaele Tedesco
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