Chi paga i danni della guerra in Ucraina?
01.08.2023
Diciassette mesi dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, nonostante l’elevato numero di morti e la diffusa devastazione, si è ancora lontani da un accordo di pace.
Pensando alla futura ricostruzione dell’Ucraina, emergono alcune perplessità sulla possibilità che si possano utilizzare gli asset russi privati (stimati in 30 miliardi di dollari) e pubblici (360 miliardi di dollari) attualmente bloccati nei Paesi alleati di Kiev.
La confisca dei beni russi per ripagare i danni della guerra
La linea di ripagare i danni causati dalla guerra, circa 410 miliardi di dollari secondo la World Bank, con la definitiva confisca dei beni russi, presenta alcune controversie dal punto di vista politico e legale, e soprattutto presuppone una vittoria ucraina.
Stati Uniti e Regno Unito hanno già scartato l’idea dell’esproprio. L’Unione Europea, dove è stanziata la maggior parte dei beni russi (circa 300 miliardi), ha formulato una proposta differente: trasferirli in un fondo di investimento e utilizzare i proventi come sostegno per la ricostruzione dell’Ucraina. A questo scopo il Parlamento Europeo ha avanzato un progetto di legge per la revisione delle norme sulla confisca dei beni.
Beni privati e beni statali
In attesa di sviluppi da parte delle autorità europee, sono state formulate alcune possibilità, partendo da una differenziazione tra i beni di proprietà privata e i beni pubblici della Federazione Russa:
- Beni privati: secondo le norme internazionali e la gran parte di quelle nazionali europee, per procedere alla confisca di un bene si dovrebbe accertare che tale asset sia stato acquisito attraverso attività criminali. Questo approccio presta il fianco a contromisure da parte della Russia (e di altri Paesi), con potenziali quanto significative ripercussioni sia sulle aziende occidentali che operano all’estero sia sulla transizione di molti Paesi verso quegli stessi modelli ispirati allo stato di diritto promossi dall’Occidente.
- Beni statali: visto il sussistere degli estremi per condannare Mosca per crimini di guerra e per la violazione dei principi sanciti dalla Carta delle Nazioni Unite, questo potrebbe creare le basi giuridiche per un’eventuale espropriazione degli asset pubblici russi. Seppur nei limiti del proprio mandato, la Corte Internazionale di Giustizia (CIG) sarebbe la sede naturale per affrontare questa disputa.
Alla luce dell’attuale contesto legale appare difficile trovare nuovi metodi accettabili e non controversi per una definitiva espropriazione dei beni russi. Relativamente al trasferimento in un fondo, inoltre, la proposta non tutela gli interessi eventualmente maturati sugli investimenti, così come non mette al riparo dai rischi quali perdite e fluttuazioni.
Infine, in un contesto geopolitico globale mutato e mutevole, risulta difficile poter costruire un consenso globale riguardo attori e strumenti necessari alla ricostruzione. I diversi posizionamenti politici sull’invasione russa creano a cascata evidenti ostacoli anche per questa successiva e speriamo imminente fase di rinascita.
Dipartimento Internazionale UIL
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di Pierpaolo Bombardieri

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