CGIL E UIL, L’ULTIMA VOLTA INSIEME ERA CONTRO IL JOBS ACT

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13.12.2021

Era il 12 dicembre 2014 l’ultima volta che venne annunciato uno sciopero generale a cui aderirono solamente CGIL e UIL. I due sindacati scelsero di scendere in piazza contro il Jobs Act di Matteo Renzi. In quella circostanza, come oggi, la CISL decise di non aderire.
A capo delle rispettive organizzazioni sindacali c’erano altri leader e il momento storico era decisamente un altro.
Il Paese dopo la forte crisi che ha visto nascere il Governo tecnico di Monti, riprendeva la strada, seppur in salita. Il leader della “Leopolda” del PD prese delle scelte nell’ambito dei diritti del lavoro che CGIL e UIL non condividevano affatto.

Al centro dello scontro tra sindacati e Governo, in particolare, quelle modifiche all’art.18 che mettevano a repentaglio i diritti in virtù dell’ipotesi di un aumento dell’occupazione. L’art.18 non si tocca. È storia, la nostra storia e quella di tutti i lavoratori, tuonavano dai due sindacati.
E la Piazza raccolse le posizioni di CGIL e UIL. Piazza San Giovanni di Roma si riempì. C’è chi parlò di oltre un milione di lavoratrici e lavoratori che con orgoglio e le bandiere alzate riempirono non solo la rinomata piazza, teatro nella storia di molti momenti importanti, ma anche tutte le strade limitrofe. Uniti in una sola voce contro un Jobs Act che metteva a repentaglio le vite di tutti.
Furono organizzati 2500 pullman, dieci treni speciali, una nave e voli charter per far raggiungere la Capitale da più persone possibili.
Prima di Renzi solo Berlusconi nel 2002 osò toccare l’art.18 e anche lì la risposta fu dura.
Dall’Europa in molti applaudivano le scelte del Governo. Christine Lagarde, all’epoca direttore del FMI, promosse a pieni voti la riforma del lavoro, a patto che si mettesse mano al carico fiscale sul lavoro in Italia per portarlo alla media OCSE.

Strano che oggi la riforma fiscale sia ancora tra i temi centrali per i sindacati che chiedono un intervento fiscale equo per i redditi bassi e medio bassi e per una maggiore redistribuzione e progressività.
Il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, nel suo intervento a Bruxelles sostenne che con il Jobs Act l’Italia aveva approvato una riforma del lavoro rilevante.
“Così non va! Abbiamo proposte concrete per cambiare l’Italia” era lo slogan scelto da Corso d’Italia e via Lucullo per lo sciopero generale. Uno sciopero a cui, tra l’altro, aderì anche una parte della sinistra.
Non solo il Jobs Act però. I leader sindacali lamentavano una mancanza di dialogo con il Governo sulla Legge di stabilità e sui temi del pubblico impiego, delle pensioni, delle politiche attive e per questo optarono per la strada della mobilitazione.
Da quel 2014 ne è passata di acqua sotto i ponti. Sono cambiati i rappresentati delle Istituzioni e abbiamo vissuto due anni di Pandemia mondiale che nessuno si sarebbe mai aspettato.
Ma oggi, come allora, CGIL e UIL hanno scelto di riempire la Piazza per esprimere il dissenso rispetto ad una manovra iniqua attraverso quello che è un diritto costituzionale.
La Piazza è sempre il banco di prova. Lì si esprime il disagio. Le scelte che poi farà il Governo denoteranno l’attenzione o meno verso quel coro.

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