BURNOUT IN ITALIA

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08.07.2024

burnout è una sindrome legata allo stress lavoro-correlato, che porta i lavoratori all’esaurimento delle proprie risorse psico-fisiche, alla manifestazione di sintomi psicologici negativi (ad es. apatia, nervosismo, irrequietezza, demoralizzazione) che possono associarsi a problematiche fisiche (ad es. cefalea, disturbi del sonno, disturbi gastrointestinali etc.). Può colpire qualunque lavoratore anche se i più esposti al rischio risultano essere coloro che svolgono professioni d’aiuto e risposta ai bisogni della cittadinanza quindi medici, infermieri, operatori sociosanitari, forze dell’ordine, guardie carcerarie e pompieri, spesso a contatto con altre persone o impegnate a gestire emergenze.

Ritmi nevrastenici e ambienti di lavoro tossici, carichi di lavoro estenuanti, carenze di personale, salto del riposo settimanale, nessun rispetto delle 11 ore di stacco tra un turno e l’altro, impossibilità di cambi turni nella programmazione della matrice di turnazione, queste le caratteristiche che descrivono in particolar modo il mondo del Pubblico Impiego.

Se è vero, che le amministrazioni pubbliche nella prospettiva di migliorare l’efficacia, l’efficienza, e la qualità dei servizi resi devono opportunamente valorizzare il ruolo centrale delle lavoratrici e dei lavoratori nella propria organizzazione, altresì vero è che lo stesso deve essere incardinato nell’equilibrio delle scelte che coinvolgono la PA stessa, ma fintanto che il Pubblico impiego (e, di riflesso, i dipendenti pubblici) sarà oggetto di continui e repentini “cambiamenti” voluti dal legislatore di turno senza che detti cambiamenti siano stati “spiegati” se non proprio condivisi con le parti sociali rappresentanti dei lavoratori del pubblico impiego e fintanto che, come talora avviene anche a sproposito, il Pubblico impiego è oggetto di campagne denigratorie non si potranno mai creare le condizioni affinché il lavoratore viva una condizione di benessere.

E, probabilmente, è proprio quello cui si mira da parte dei detrattori del Pubblico Impiego. Demotivazione e stress, unitamente a una politica dei tagli e a una gestione inappropriata della “cosa pubblica”, incidono negativamente sulle prestazioni rese dal lavoratore del pubblico impiego e il cittadino/utente insoddisfatto del servizio non erogato alimenta il giudizio negativo della “cosa pubblica”.

I dati oggi ci dicono che in Italia il 59% dei professionisti sanitari si definisce stanco e stremato, il 49% delle forze dell’ordine non conosce domeniche di riposo, il 61% di guardie carcerarie e pompieri tenta concorsi e strade diverse, a causa di esaurimento delle forze e conseguente stanchezza fisica e mentale, oltre che l’impossibilità di conciliare la vita lavorativa con quella familiare.

Il dramma più grande è rappresentato dai giovani pronti a dimettersi, ad emigrare verso il privato o l’estero o peggio ancora a rinunciare ad eventuali concorsi vinti nella PA.

Gli ultimi dati disponibili del rapporto di FPA, società che si occupa dello studio delle PA sono molto chiari. L’età media degli impiegati pubblici stabili è di 50,7 anni e non è diminuita dal 2020. Nel 2001 l’età media era di poco più di 44 anni. Gli impiegati pubblici con meno di trent’anni (i giovani) sono il 3,6%. Ma approfondendo scopriamo dati peggiori: nei Ministeri solo lo 0,7% delle persone hanno meno di trent’anni a fronte di un ottimo 29,3% che è sopra i 60 anni. Nella scuola i giovani sono addirittura lo 0,3%, contro il 22,8% di persone sopra i 60 anni e l’età media dei professionisti sanitari si attesta sui 57 anni.

In sintesi, nel 2022, il totale del comparto pubblico quotava 3.249.000 unità, ovvero 260.000 in meno rispetto a vent’anni prima. E tra il 2024 e il 2027 almeno 650 mila ulteriori unità usciranno dal pubblico impiego.

Ma qual è la risposta del Governo a questo scenario?

I contratti pubblici sono scaduti nel 2021. Dal 2024 sono stati stanziati 5 miliardi di euro complessivi, pari al 5,78% di incremento medio, riferito a un triennio in cui l’inflazione è al 16,1%. Le risorse in campo sono assolutamente insufficienti a garantire un dignitoso tenore di vita. Mancano, le risorse per la produttività e per la riclassificazione del personale. E va ricordato che nella somma cantata è compresa la vacanza contrattuale il 2% (0,5% di indennità di vacanza contrattuale, 1,5% di una tantum). E nessun piano di assunzioni straordinario all’orizzonte.

In Sanità addirittura si programmano le aperture delle strutture il sabato e la domenica e invece che aumentare le risorse destinate al rinnovo contrattuale, si spendono per chiedere ulteriori straordinari a fronte di una detassazione.

La sicurezza del Paese viene utilizzata come slogan ma i numeri ci dicono che nel 2023 le carenze organiche complessive della Polizia di Stato ammontavano a 10.271 unità, pari al 9% della dotazione organica prevista dalla legge, risultante dalla differenza tra una dotazione organica pari a 109.408 unità e una forza effettiva pari a 99.13 e non sono state fatte assunzioni tali da risolvere il problema.

Servizio Politiche Sociali e Welfare, Sanità, Mezzogiorno, Immigrazione

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