Big Tech in crisi: la musica è cambiata. Anche Spotify annuncia tagli al personale

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26.01.2023

Lanciata nell’ormai lontano 2008 dalla startup svedese Spotify AB, oggi è una piattaforma streaming presente sugli smartphone di tutto il mondo. Parliamo ovviamente di Spotify, un social media decisamente particolare, in quanto dedicato esclusivamente alla fruizione di streaming on demand di una selezione di brani di varie case discografiche ed etichette indipendenti, incluse SonyEMIWarner Music Group e Universal: in poche parole, quasi qualunque brano i cui diritti siano stati depositati, lo potete trovare.

Spotify non è solo una sorta di gigantesco archivio musicale: le playlist che si trovano al suo interno rappresentano la pronta risposta a qualsiasi esigenza musicale possiamo avere. Dalle compilation studiate ad hoc per i party casalinghi, alle playlist natalizie, dalle raccolte di successi dei cartoni animati per i più piccoli alle rassegne musicali più adatte alle giornate di pioggia, ai road trip, al jogging. Insomma, con il passare degli anni Spotify ha saputo soddisfare anche le richieste più fantasiose degli utenti.

Ma il vero trend che ha consacrato Spotify come app immancabile sugli smartphone delle generazioni più giovani sono sicuramente i podcast. Si tratta di contenuti di ogni genere, dalla politica alla cucina, di format e lunghezza variabile, che rappresentano senza dubbio il medium comunicativo preferito dai giovani.

Ricalcati velatamente sul format dei talk show americani, i podcast prevedono spesso la presenza di ospiti e conduttori, ma a differenza dei programmi tv sono visibili a qualsiasi ora, hanno tempi e modi informali, possono essere ascoltati in auto, in treno, passeggiando. Una flessibilità che rispecchia in pieno le esigenze delle generazioni digitali.

Tra abbonamenti ed entrate pubblicitarie, l’app con il microfono verde ha rappresentato negli ultimi anni una miniera d’oro; del resto, secondo Statista, business platform fornitore leader di dati di mercato e di consumo, lo streaming è stato il modo più redditizio per consumare musica nel 2021.

La Recording Industry Association of America ha spiegato che lo streaming ha rappresentato l’83% delle entrate dell’industria musicale nel 2020. È anche il modo più economico per consumare musica, con Spotify e Apple Music, due dei servizi di streaming più famosi al mondo, bastano rispettivamente 9,99 dollari al mese e 10,99, meno di un singolo CD.

La pubblicazione dei risultati del terzo trimestre 2022 confermano la crescita di utenti, sia con profili gratuiti che a pagamento. Gli utenti attivi mensili sono cresciuti del 20% raggiungendo i 456 milioni, 6 milioni in più rispetto alle indicazioni precedenti di Spotify.

L’incremento netto di 23 milioni di utenti rappresenta la più grande crescita del terzo trimestre fino ad oggi. Anche gli abbonamenti Spotify Premium hanno raggiunto i 195 milioni, una crescita di 7 milioni nel periodo, circa 1 milione in più del previsto, e un aumento del 13% anno su anno.

Dal punto di vista dei contenuti in streaming alla fine del terzo trimestre, Spotify aveva 4,7 milioni di podcast sulla piattaforma, rispetto ai 4,4 milioni del trimestre precedente.

Su questo Spotify afferma che il numero di utenti che hanno ascoltato i podcast è cresciuto anno dopo anno “a due cifre”, ma non ha quantificato l’aumento.

Eppure, con la crisi inflazionistica e le incertezze portate dalla guerra in Ucraina, neppure Spotify ha potuto sottrarsi alla politica di tagli al personale che una dopo l’altra ha coinvolto tutte le Big Tech, da Microsoft a Twitter, da Meta ad Amazon.

Il fatturato totale è stato di 3,04 miliardi di euro con una crescita del 21% anno su anno.

Tuttavia, il margine lordo di Spotify, dato a cui guardano i manager delle società, nel terzo trimestre 2022 è sceso al di sotto delle aspettative al 24,7% e si registra una perdita operativa di 228 milioni di euro, che in aggiunta ad altri fattori la società ha attribuito a costi del personale più elevati con l’espansione del suo team commerciale, investimenti sulla piattaforma e l’effetto di recenti acquisizioni.

Spotify ha, dunque, registrato una perdita netta nel periodo di 194 milioni di euro che si traduce in 0,99 euro per azione.

Il colosso dello streaming musicale ha così annunciato un taglio del 6% della forza lavoro, una notizia anticipata da Bloomberg.

In tutto, stando al rapporto sugli utili del terzo trimestre del 2022, la società di streaming conta circa 9.800 dipendenti.

Ne andrà via il 6%, con un impatto per incentivi all’esodo che Spotify stima in 35-45 milioni di euro. Spotify ha anche annunciato l’addio del responsabile contenuti e pubblicità, Dawn Ostroff, e la nomina a co-presidenti di Alex Norström, a capo dei programmi freemium, e Gustav Söderström, responsabile ricerca e sviluppo.

Gli investimenti dell’azienda, volti soprattutto all’acquisizione di podcast di enorme successo, dovrebbe diventare redditizia entro i prossimi due anni. La quantità di risorse spese, unita a un crollo del 66% delle azioni di Spotify, ha però già fatto storcere il muso agli investitori, impazienti di sapere quando potranno vedere i propri rendimenti.

Insomma, come cantava Bob Dylan, The Times They Are A-Changin’, i tempi stanno cambiando. Se non conoscete la canzone, sapete dove trovarla.

 

Ufficio Comunicazione UIL Liguria

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