Biblioteche pubbliche: un bene prezioso da difendere e valorizzare
12.08.2024
Esiste nel nostro Paese un bene prezioso da difendere e valorizzare: le biblioteche, che rappresentano presidi culturali e sociali sul territorio non solo nei contesti urbani. Il loro ruolo diventa, per le comunità periferiche, fondamentale sia per la diffusione culturale sia per la funzione di contrasto ai fenomeni di abbandono scolastico e di divario digitale.
Lo spunto per una riflessione sul tema lo fornisce l’Istat che, nel focus “Biblioteche di pubblica lettura in Italia“ pubblicato il 1° luglio u.s., ci presenta lo stato delle biblioteche. Nel 2022, delle 8.131 biblioteche pubbliche e private presenti su tutto il territorio nazionale, quasi otto su 10 (77,0%) sono di pubblica lettura, svolgono cioè una funzione orientata prevalentemente alla comunità locale del territorio. Quasi tutte (92%) sono gestite da enti locali conservano e rendono accessibile agli utenti un patrimonio quantificabile in 166 milioni 950mila unità; oltre la metà delle biblioteche (59,9%) possiede più di 10mila volumi.
La maggiore quota di biblioteche di pubblica lettura è localizzata al Nord (60,2%), seguono il Mezzogiorno (27,2%) e il Centro (12,6%). Le prime cinque Regioni per numero di strutture presenti sul territorio sono: Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia-Romagna e Sardegna. Si evidenzia, però, che un terzo dei Comuni italiani (33,7%) non ha alcuna biblioteca né di pubblica lettura né di altro tipo. La maggioranza di questi Comuni appartiene alle cinture dei grandi Centri e alle Aree intermedie (69,7%) mentre il restante 30,3% è in posizione periferica o ultraperiferica rispetto ai poli urbani, ricchi di servizi e infrastrutture.
In quasi otto biblioteche su 10 (78,5%) sono stati realizzati interventi per rendere accessibili le aree comuni all’utenza con disabilità, adeguando la struttura con almeno una delle seguenti dotazioni: rampe, bagni attrezzati, segnaletica corredata di pittogrammi, pavimenti antiscivolo.
Le biblioteche che hanno realizzato iniziative per promuovere l’inclusione di particolari categorie di utenti sono una quota residuale, che tuttavia cresce al crescere della dimensione demografica dei Comuni. Il 16,7% delle biblioteche organizza progetti a favore di persone con disabilità fisico-sensoriale, emotiva o con disturbi cognitivi e il 14,6% ha attivato progetti per le persone che vivono in povertà economica, educativa o culturale.
Tra le iniziative e le attività complementari proposte dalle biblioteche, la promozione della lettura e gli incontri con gli autori (70,4% delle strutture) e i laboratori per i bambini fino ai 13 anni (65,1%) sono quelle più diffuse. Inoltre, la metà delle biblioteche (53,6%) offre visite guidate degli spazi e il 44,4% organizza convegni e seminari.
Un potenziale quello delle biblioteche che andrebbe valorizzato e potenziato in tutte le aree del paese la cui dimensione di luogo fisico reale deve essere non solo messa al sicuro dai tagli di bilancio che subiscono gli Enti locali, ma piuttosto allargate nelle funzioni che svolgono sul sistema culturale e educativo attraverso nuove strategie che consentano la promozione di nuovi servizi e spazi sociali aperti alla comunità per sviluppare lo scambio e favorire le relazioni.
Più della metà delle biblioteche di pubblica lettura (57,5%) è stata aperta agli utenti per circa 200 giorni su 252 giorni lavorativi; la maggioranza (84,8% del totale) ha prestato servizio al pubblico con orario prestabilito per 4 o 5 giorni settimanali (52,0%). Tuttavia, la possibilità di rimanere aperti per più tempo è maggiore per le biblioteche dei grandi centri urbani e minore per quelle che si trovano nei piccoli Comuni e in quelli più isolati. La media di ore di apertura nell’arco di una settimana “tipo” sale a 32 ore nelle città metropolitane scende a 20 ore per le biblioteche localizzate in “aree interne” periferiche o ultra-periferiche. La capacità di garantire tutti i servizi all’utenza sembra ancora più difficile per le biblioteche dei piccoli Comuni (quelli con meno di 2mila abitanti): rispetto al valore totale diminuisce di un terzo il numero di giorni di apertura annuale (113 contro 200 del totale dei Comuni) e contemporaneamente diminuiscono le ore e i giorni settimanali (mediamente 13 ore per 3 giorni di apertura alla settimana).
A livello territoriale è evidente una maggiore propensione a iscriversi in biblioteca per usufruire dei servizi offerti nei piccoli centri con meno di 5mila abitanti – l’indice si attesta al 12,4% – e nei Comuni collocati in zone rurali scarsamente urbanizzate (11,4%).
A fronte di maggiori risorse finanziare disponibili, le biblioteche promuovono attività volte a coinvolgere il territorio (il 30,3%) e il 29,2% organizzerebbe incontri ed eventi culturali per ampliare l’offerta culturale. Le biblioteche maggiormente orientate a interagire con il territorio sono quelle dei Comuni più piccoli, fino a 10mila abitanti.
Strutture fondamentali quindi, per i centri urbani, ma preziosissime per i comuni più piccoli delle aree interne, per fronteggiare i cambiamenti epocali della nostra società, l’invecchiamento demografico, gli effetti di una crisi economica che contrae sempre di più le politiche di welfare culturale e la continua trasformazione digitale che di fatto isolano le nuove generazioni dal contesto comunitario. E’ necessaria quindi una nuova visone del potenziale che le strutture possono svolgere per garantire ai minori e ai giovani “spazi multifunzionali”, non solo per lettura e studio, ma anche per promuovere informazione, cultura e socializzazione.
Occorre pertanto, una trasformazione organizzativa e di merito nel contesto sociale e culturale delle biblioteche che porterebbe a soluzioni per far evolvere anche altri servizi nel contesto territoriale in cui operano. Ci sono ottime esperienze che devono però trovare una strutturalità omogenea su tutto il territorio nazionale e non lasciare la sfida del rinnovamento e di sostegno alle complesse situazioni sociali di accesso ai saperi e alle conoscenze, alla sola gestione lodevole di qualche territorio.
In questo contesto, assume un significato importante la questione del personale. L’Istat nel focus dichiara che nel 2022 sono più di 26mila gli addetti delle biblioteche di pubblica lettura: in media cinque per ogni struttura censita. Dell’organico totale quasi un terzo è composto da almeno un volontario (31,7%), il 30,4% sono risorse interne, il 16,9% sono operatori di ditte esterne e l’11,9% operatori del servizio civile.
Una quota residuale ma significativa degli addetti, il 9,1%, è formata da consulenti e professionisti esterni alle biblioteche. Il 24,1% del totale delle biblioteche ha un organico composto interamente da personale esterno, il 14,6% soltanto da impiegati interni, mentre il 10,8% si avvale esclusivamente di persone che operano in forma volontaria e gratuita. Più della metà delle biblioteche (il 57,1%) ha almeno un addetto che ricopre la figura professionale del bibliotecario: mediamente sono presenti due per biblioteca. Il personale del 60,8% delle biblioteche censite ha frequentato almeno un corso di formazione o di aggiornamento professionale tra il 2019 e il 2022, in presenza o in modalità online.
Tra queste biblioteche, quasi la totalità (89,0%) si è attivata affinché i propri dipendenti potessero seguire corsi specialistici volti allo sviluppo di competenze utili alla gestione della biblioteca, e circa la metà (il 55,9%) si è concentrata in particolare su corsi orientati alla crescita delle abilità digitali e di gestione dei social media. Un terzo delle biblioteche (33,3%) ha puntato sulla formazione e sullo sviluppo delle abilità personali trasversali: le cosiddette soft skill, come le capacità comunicative, le capacità relazionali e di gestione dei conflitti, ecc. Nel 13,3% delle biblioteche il personale impiegato ha seguito corsi di carattere più tecnico e gestionale, inerenti alle misure di sicurezza, l’anticorruzione, la tutela della privacy e la sicurezza informatica, mentre solo il 6,6% ha promosso la formazione dei dipendenti sul tema specifico della “promozione alla lettura”.
Dai dati riportati nel focus, la situazione sembrerebbe rosea, tuttavia, occorre considerare che gran parte dei lavoratori esternalizzati delle biblioteche hanno contratti a tempo indeterminato e part-time e, tra i dipendenti pubblici la maggior parte è in via di pensionamento.
Se guardiamo al superamento, quindi, della visione tradizionale delle biblioteche, la condizione del personale non è questione trascurabile. Se riconosciamo alle stesse biblioteche un ruolo di incubatore per rafforzare la partecipazione e l’accesso alla cultura, la promozione della creazione e della diversità culturale, non possiamo sottacere quanto sia dirimente proiettare il sistema bibliotecario in sinergia con quello educativo-scolastico. Tutto, ovviamente, in una dimensione europea dove va valorizzata la mission delle biblioteche, riconoscendo, al contempo, il valore professionalizzante di chi ci lavora, sia essa pubblica che esternalizzata.
Dipartimento Politiche Sociali e Welfare, Sanità, Mezzogiorno, Immigrazione UIL
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