Aspettando le elezioni presidenziali
21.01.2022
Il Parlamento in seduta comune si appresta ad eleggere il nuovo Presidente della Repubblica. Nella nostra storia repubblicana è possibile vedere come questo momento non sia affatto “neutro” rispetto al contesto politico in cui essa ha avuto luogo.
Delineamenti ed esiti ne descrivono momenti, cambiamenti, crisi, dinamiche partico/politiche più o meno contingenti, pur se poi il carattere del Settennato è frutto delle capacità del singolo di connettersi al sistema in cui operava.
Per prassi, a questa carica solitamente non ci si candida. E per evidenza storica, grandi leader di partito non hanno mai ricoperto questo ruolo. Si pensi alla Dc, che tra i suoi Presidenti della Repubblica non annovera De Gasperi, Fanfani, Moro, Andreotti o Forlani.
I primi due Presidenti, Enrico De Nicola e Luigi Einaudi, furono due autorevoli esponenti del mondo liberale pre-fascista, che avevano anche votato per il mantenimento della monarchia nel referendum istituzionale del 1946. I leader dei partiti di massa capivano che un loro candidato sarebbe stato divisivo, quanto invece serviva riconciliare l’Italia.
Giovanni Gronchi (1955) fu eletto contro la volontà del segretario di partito Fanfani, per lotte intestine tra correnti. Antonio Segni (1962) fu portato al Colle per rassicurare settori della Dc non favorevoli all’apertura del governo al Psi. Giuseppe Saragat (1964), contrariamente, fu eletto per dare nerbo la patto di centrosinistra.
Giovanni Leone (1971) ha il record di sedute necessarie alla elezione (23), dovute alle lacerazioni nella Dc. Questi si dimise dalla carica, per presunti scandali, ma le accuse, anni dopo, risultarono infondate.
Sandro Pertini (1978) venne eletto durante la crisi del terrorismo, che tra le tante vittime annoverò anche Aldo Moro, all’epoca presidente della Dc e fautore del compromesso storico con il Pci. Pertini, socialista e partigiano, non era neanche la prima scelta del suo partito, la cui dirigenza avrebbe preferito Giuliano Vassalli.
Francesco Cossiga (1985) fu eletto invece al primo scrutinio, con una solida maggioranza e i voti anche comunisti e socialisti, all’apice del loro scontro politico. Per la prima volta un segretario della Dc, De Mita, elesse il suo candidato.
Pure Oscar Luigi Scalfaro (25 maggio 1992) si insediò in un periodo difficile. Le elezioni di aprile avevano determinato un cambiamento importante della composizione del Parlamento. La mafia uccideva Giovanni Falcone, sua moglie e tutta la scorta. Tangentopoli avrebbe cancellato la prima Repubblica.
Come Cossiga, Carlo Azeglio Ciampi (1999) fu eletto al primo colpo. Non era un politico in senso stretto e fu uno dei pochi che da ministro passò al Colle con l’accordo degli allora opposti schieramenti di centro-destra e centro-sinistra, in un sistema bipolare.
Napolitano (2006) e Mattarella (2015) sono storia recente. Entrambi eletti con i voti del centrosinistra e Napolitano (2013-2015), oltre ad essere stato il primo ex comunista Presidente della Repubblica, risulta anche l’unico rieletto, visto lo stato di crisi finanziaria e la situazione di fragilità partitica.
Vedremo cosa accadrà, in un contesto politico totalmente diverso da quelli passati. Nulla appare scontato, in un sistema, che è bene ricordarlo, deve mirare all’equilibrio.
di Raffaele Tedesco
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