Il problema degli asili nido in Italia tra ritardi e differenze territoriali
27.11.2024
Negli ultimi anni, il tema della prima infanzia e dell’accesso agli asili nido pubblici è diventato un punto cruciale nel dibattito politico e sociale italiano.
La qualità e la disponibilità di servizi educativi per i bambini sotto i tre anni variano significativamente tra le diverse regioni del Paese, con un evidente divario tra Nord e Sud. È, quindi, necessario un intervento deciso e coordinato per garantire pari opportunità a tutte le famiglie, indipendentemente dalla loro posizione geografica.
I dati attuali rivelano un’Italia divisa, dove le differenze tra Nord e Sud possono influenzare in modo significativo il futuro dei bambini e la possibilità di intervenire sulla frammentarietà e la precarietà del mondo del lavoro.
L’Istat certifica che siamo ancora lontani dall’Europa
Secondo dati recenti dell’ISTAT e di studi condotti dal Ministero dell’Istruzione, l’occupazione degli asili nido è cresciuta, ma rimane comunque al di sotto delle aspettative. Nel 2022, la percentuale di bambini di età compresa tra 0 e 2 anni iscritti agli asili nido era di circa il 26%, una cifra ancora lontana dall’obiettivo del 33% fissato dall’Unione Europea.
La situazione è particolarmente critica al Sud, dove si registra un tasso di iscrizione che sfiora in alcune aree il 10%; mentre nel Nord si arriva a punte superiori al 40%, con eccellenze come Emilia-Romagna e Trentino-Alto Adige.
PNRR: a rischio il raggiungimento degli obiettivi prefissati
Queste problematiche sono state oggetto di attenzione nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che ha stanziato risorse significative per migliorare i servizi per l’infanzia. Tuttavia, l’effettiva utilizzazione di tali fondi, cruciale per evitare ricadute negative sul sistema educativo e sociale del Paese, risulta ad oggi incerta e poco utilizzata.
Il PNRR ha destinato più di 3 miliardi di euro per potenziare i servizi per l’infanzia, con l’obiettivo di creare oltre 260.000 nuovi posti per bambini e bambine in tutta Italia. Tuttavia, l’effettiva implementazione di questi interventi ha incontrato ostacoli. La Corte dei Conti ha evidenziato ritardi significativi nella selezione e nell’aggiudicazione dei lavori, mettendo a rischio il raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Le difficoltà dei Comuni
A rendere ancor più critica la situazione è l’impossibilità di procedere con assunzioni nei Comuni, per via dell’ancora presente blocco al tetto alla spesa del personale – che il Governo sembrava voler rimuovere del tutto in questa manovra di bilancio – e la condizione di dissesto in cui vertono molti comuni, che ha portato gli stessi ad optare per l’esternalizzazione dei servizi. Una scelta, questa, che oltre a compromettere la qualità dell’offerta educativa e la continuità del servizio, insiste sulla creazione di disuguaglianze tra lavoratori che con la medesima professionalità, e svolgendo lo stesso servizio, percepiscono retribuzioni diverse per l’applicazione di contratti di natura privatistica. Una situazione che sta allontanando i giovani dall’interesse alla professione.
È necessario per la Uil, che le istituzioni competenti accelerino l’attuazione dei progetti previsti, che si adoperi il promesso piano straordinario di assunzioni pubbliche anche per le Autonomie Locali, eliminando concretamente i vincoli ancora esistenti, garantendo risorse per migliorare l’accesso e la qualità dei servizi per l’infanzia in Italia e agendo in maniera concreta sulle disuguaglianze territoriali, evitando che le regioni con minore copertura continuino ad essere penalizzate.
Servizio Stato Sociale, Politiche Economiche e Fiscali, Immigrazione
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