Armi nucleari: un pericolo costante dalla seconda guerra mondiale all’invasione dell’Ucraina
08.06.2023
Leggenda narra che Robert Oppenheimer – fisico, trai “padri” della bomba al plutonio – assistendo alla prima detonazione di un’arma nucleare, un test condotto dall’esercito degli Stati Uniti nel deserto del New Mexico, abbia detto di sé: “Sono diventato Morte, il distruttore di mondi”.
Venti giorni dopo quella prima esplosione di prova, il 6 e il 9 agosto 1945, l’America sganciò due bombe atomiche sulle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki.
Le distruttrici di mondi
Le “distruttrici di mondi” uccisero tra le 150.000 e le 220.000 persone, quasi esclusivamente civili. Fu l’atto conclusivo della Seconda guerra mondiale, ma ad un prezzo altissimo. Negli anni successivi, e per il resto della sua vita, Oppenheimer si oppose alla costruzione della bomba all’idrogeno e mostrò piena consapevolezza dei risvolti della sua creazione.
Già nel ’47, in una conferenza, ebbe parole nette: “I fisici sentirono una responsabilità particolare per aver minuziosamente suggerito, appoggiato e, infine, realizzato le armi atomiche. Non si può dimenticare neanche che queste armi, poiché sono state effettivamente usate, evidenziarono in maniera drammatica la disumanità e la malvagità della guerra moderna. Parlando senza mezzi termini, senza alcuna battuta di spirito o esagerazione: i fisici conobbero il peccato; e questa è una conoscenza che rimarrà in loro per sempre”.
Guerra fredda e bombe atomiche
In qualità di presidente del comitato consultivo della commissione per l’energia atomica, sostenne che un’arma di tale portata avrebbe compromesso il livello etico della società americana. Nel 1954 cadde nella rete del senatore Joseph McCarthy: accusato di avere avuto simpatie comuniste, a Oppenheimer venne vietato l’accesso ai segreti atomici. Fu solo grazie all’opposizione dell’intera comunità scientifica, e soprattutto ad Albert Einstein, se il fisico poté essere riconfermato alla cattedra dell’Institute for Advanced Studies di Princeton.
Lo scoppio della Guerra Fredda e la rivalità tra Stati Uniti e Unione Sovietica, con i suoi risvolti mondiali, spinsero gli studi sulla bomba atomica oltre ogni immaginazione. Nel giro di pochi anni, anche il regime sovietico fu capace di sperimentare una prima bomba a fissione, mettendo velocemente fine al monopolio americano. Seguirono il Regno Unito, la Francia, la Cina. Non solo potenze nucleari iniziarono a emergere in ogni latitudine, ma persino le tecnologie si dimostrano da subito più pericolose: già nel 1961, in un test, l’Unione Sovietica fece esplodere una bomba all’idrogeno – denominata “Bomba Zar” – in grado di liberare un’energia pari a 3125 volte quella sganciata su Hiroshima.
A un passo dalla catastrofe atomica
Stando a William J. Perry, Segretario alla Difesa degli Stati Uniti per Bill Clinton, e al politologo Tom Z. Collina, autori del libro “The Button: The New Nuclear Arms Race and Presidential Power from Truman to Trump”, per ben 22 volte il mondo è stato a un passo dalla catastrofe atomica. A volte, persino per un banalissimo errore: l’11 marzo 1955, un ordigno nucleare, sganciato involontariamente da un aereo, finì nel giardino di una famiglia americana, in Carolina del Sud.
Non ci furono vittime, ma la detonazione provocò un cratere profondo 21 metri. Nel 1962, la crisi più grave si verificò nei pressi di Cuba. Unione Sovietica e Cuba – nelle persone di Nikita Chruščёv e Fidel Castro – strinsero un accordo, secondo il quale i sovietici avrebbero dovuto installare nell’isola missili balistici a medio raggio e intermedi. La fallita invasione della Baia dei Porci, l’anno precedente, aveva messo in allerta il governo cubano e ai russi occorreva dare una risposta all’installazione di missili nelle basi americane in Italia e in Turchia. Per due settimane, le due superpotenze, ormai entrambe dotate di sofisticate armi nucleari, furono vicine a uno scontro diretto. Le pressioni internazionali – forse, anche un intervento congiunto del Vaticano e del governo italiano – e il rischio di conseguenze inimmaginabili, scongiurarono il peggio: i sovietici ritirarono i missili da Cuba e gli Stati Uniti dichiararono pubblicamente che non avrebbero più tentato di invadere l’isola.
Quali stati hanno armi nucleari?
Ad oggi, gli Stati dotati di propri arsenali nucleari – quelli, cioè, in grado di costruirne e testarli – sono nove: Russia, Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Cina, India, Pakistan, Corea del Nord e Israele. Non è chiaro quante testate abbiano, e quindi quante ce ne siano nel mondo, perché il dato è coperto da segreto di stato. Sappiamo però che gli Stati Uniti e la Russia, dal 1991, avendo sottoscritto gli accordi START (Strategic Arms Reduction Treaty), devono sottoporre i propri arsenali a una serie di ispezioni pubbliche. Al momento, dall’aprile del 2023, gli accordi risultano sospesi, come conseguenza dell’invasione dell’Ucraina, ma non ancora cancellati.
Quello dell’Italia – e di qualche altro stato – è un caso particolare: in qualità di paese membro della NATO, può beneficiare della “condivisione nucleare”. L’Organizzazione permette, agli Stati non dotati di proprie testate, di riceverne da altri. L’Italia ha a disposizione 50 testate americane nella base aerea di Aviano e 20 (o 40) in quella di Ghedi.
L’invasione dell’Ucraina
L’invasione dell’Ucraina ha, inevitabilmente, riportato la questione nucleare al centro del dibattito pubblico. Ancora una volta si è tornati a parlare di prospettive inquietanti e inconcepibili. Nella speranza che la crisi possa risolversi nel più breve tempo possibile, e con l’obiettivo di una più generale convivenza pacifica tra i popoli, è ormai chiara la necessità della promozione del disarmo nucleare. L’idea che un’arma di tale portata possa fungere da deterrente – come pure viene detto, per giustificarne l’esistenza – è al di fuori di ogni logica: paura e libertà non possono e non devono essere sinonimi.
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L'Appunto
di Pierpaolo Bombardieri

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