Arabia Saudita: dal petrolio al calcio occidentale

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21.10.2023

Recentemente facendo zapping in televisione mi sono imbattuto in un avvincente partita di calcio tra AL AHLI contro AL ETTIFAQ in una delle massime competizioni arabe la Roshn Saudi League, trasmessa su una delle più grandi emittenti nazionali.

Impossibile non trovare l’occasione per fermarsi a riflettere su come sia possibile che un paese come l’Italia, culturalmente (fin troppo) appassionato di calcio, soprattutto locale, sia oggi interessato a guardare il calcio di un altro continente, che non ha una storia di questo sport da raccontare, ma che la storia la sta costruendo oggi acquisto dopo acquisto, milione su milione.

Il calcio non è più quello di una volta?

Verrebbe da dire “il calcio non è più quello di una volta”, ma qualcosina in più credo che si possa fare.

Credo fermamente che ci siano due grandi temi, quello del valore e quello del denaro.

È sotto gli occhi di tutti l’importante investimento che l’Arabia Saudita sta portando avanti nell’ultimo anno nel mondo del calcio, dove le società calcistiche hanno speso 480 milioni di dollari per l’acquisto di calciatori e allenatori, per la maggior parte, dai migliori campionati europei.

Perché gli arabi stanno investendo nel calcio?

Perché la monarchia di Mohammed bin Salman Al Sa’ud (Mbs) sta investendo così tanto nel calcio, pur non essendo uno sport appartenente alla cultura araba?

Secondo il settimanale The Economist, la strategia dello stesso principe, primo ministro e primo nella linea di successione della monarchia è: “L’ambizione di Mbs è usare lo sport per modernizzare l’Arabia Saudita e trasformare la percezione che l’estero ha del regno desertico”.

I più critici, cavalcando anche l’onda degli ultimi campionati del mondo che si sono svolti nel vicino Qatar, accusano la monarchia saudita di spingere progetti troppo ambiziosi e Mbs di usare lo sport per ripulire l’immagine del Paese dalle accuse di violazione dei diritti umani.

La monarchia vuole che la Saudi Pro League attragga investimenti e tifosi. L’obiettivo è ricevere 100 milioni di turisti nel 2030 (nel 2021 sono arrivati 64 milioni), con una fetta del Pil legata al settore turistico che passi dal 3% del 2019 al 10% nel 2030.

Si stanno svalutando le squadre occidentali

Oltre ogni previsione però, è certo che gli investimenti economici dei sauditi stanno cambiando non solo l’Arabia Saudita ma l’intero sistema calcio mondiale, togliendo capacità e interesse dalle squadre e campionati occidentali, e introducendo nuove cifre e dinamiche nelle valutazioni stesse dei giocatori e degli allenatori.

Il tema del valore è altrettanto importante perché, se da un lato c’è una forte attrattività economica per i professionisti del calcio verso altri continenti, dall’altro c’è anche la tendenza a considerare la scelta più “sana” per la crescita di un giovane calciatore quella di rimanere nel calcio occidentale, ed in particolare europeo. Come a dire, diventa qui “la gallina dalle uova d’oro”, quando sarai maturo e quando la curva delle prestazioni inizierà il suo lento decorso, sarai pronto per essere il miglior investimento per l’Arabia Saudita, e per te stesso.

Talenti da record

Si, perché non è un caso che tutto sia iniziato con un grande nome: Cristiano Ronaldo. Atleta di inattaccabile talento, che ha realizzato qualsiasi record e portato a casa qualsiasi trofeo nel calcio europeo, da qualche anno non più brillante come gli esordi (ad oggi 38 anni). Chiaro che avere la possibilità di guadagnare 200 milioni di euro a stagione non più in giovanissima età atletica, è un affare da non poco, che porta con sé la scelta di molti, che non a caso lo hanno seguito: Benzema, Kantè, Koulibaly, Fofana, Brozovic, Miinkovic- Savic e non tanto per ultimo Neymar.

A tutto ciò aggiungiamo che l’ex CT della nazionale italiana, Roberto Mancini, si è dimesso per ragioni personali ed è stato ingaggiano dopo neanche un mese come nuovo CT dell’Arabia Saudita. Ragioni personali sicuramente nobili, però altrettanto concreta sarà stata la valutazione tra i 4 milioni di euro annui a stagione percepiti dall’Italia, e i 25 milioni annui percepiti dai Sauiditi.

A tutto c’è un limite, o forse no. Rischieremo forse un calcio italiano, povero di talenti, e chissà forse un ritorno alle origini, a quel calcio fatto di valori, attaccamento alla maglia, scelte di fede e lotta anche di casta?

In fondo, basterebbe introdurre il “Salario Massimo” per i calciatori.

Valerio Camplone

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