“Vittoria Nenni. N. 31635 di Auschwitz.” Una storia di coraggio.
02.07.2023
Sono passati ottant’anni dalla morte, ad Auschwitz, di Vittoria Nenni, terzogenita di Pietro Nenni, leader socialista e Padre della Repubblica. Il libro “Vittoria Nenni, numero 31635 di Auschwitz” di Antonio Tedesco racconta la sua storia, tratteggiando un ritratto delicato e appassionante di una giovane donna che ha scelto di lottare contro il nazismo, affrontando privazioni e disperazione, orrore e morte, senza perdere, mai, la speranza e la forza di lottare.
Il racconto della vita di Vittoria Nenni, affettuosamente chiamata Vivà dalla famiglia e dai suoi cari, parte dalla sua infanzia, in un’Italia già attanagliata dal fascismo e dalle sue violenze. Sullo sfondo dei suoi sorrisi da bambina, l’impegno tenace del suo papà, sempre in prima linea contro la dittatura fascista.
Il primo incontro con il fascismo e lo squadrismo violento fu, per Vivà, turbolento e scioccante: appena undicenne vide la sua casa saccheggiata, schernita. Le arrivarono come coltellate inattese le minacce alla vita di suo padre. Pianse. Le furono strappati i libri di scuola, portati via i giocattoli preferiti. A soli undici anni.
Vittoria era, però, una ragazzetta gioiosa, innamorata della famiglia, delle sue cose da bambina. Eppure, la sua vita era già stravolta e segnata da una Storia – quella di tutti noi, quella del nostro Paese – di cui suo padre era già protagonista: Pietro Nenni fu costretto all’esilio in Francia. E lei, con sua madre e le sue sorelle Eva, Giuliana e la più piccina Luciana, furono costrette a una vita difficile, fatta di ristrettezze economiche, pedinamenti asfissianti, fughe rocambolesche. Tutto senza mai perdere il sorriso e la spensieratezza.
Con la madre e le sorelle, riuscì a ricongiungersi con il padre in Francia, dove crebbe serena: amava viaggiare, amava la musica, le serate in compagnia alla Popote ( un punto di riferimento per migliaia di antifascisti italiani emigrati a Parigi negli anni ’20-’30. La Popote era anche una grande mensa popolare). Amava le sue amiche. Voleva innamorarsi. Sposò un francese, Henry Dabeauf che poi morirà fucilato dai nazisti. Era una ragazza semplice, insomma. Con sogni, speranze. E soprattutto un grande cuore.
Vittoria Nenni non aveva incarichi politici, non possiamo definirla una militante.
Vittoria Nenni era impegnata nel cuore e nell’anima, per la libertà.
Ed è questa sua passione innata, assorbita, forse, grazie all’esemplare impegno quotidiano e infaticabile di suo padre Pietro, che la porterà a scegliere di “fare qualcosa” contro le ombre del nazismo francese, coinvolgendo il marito, seguendo le amiche impegnate, senza mai tirarsi indietro.
Neanche durante la prigionia a Romainville.
Neanche quando non sapeva quale fosse stato il destino di suo marito Henry.
Neanche sul convoglio 31100, una carcassa su rotaie che la portava piano verso l’orrore di Auschwitz e alla morte.
Vittoria non si tirò indietro neanche quando ne ebbe l’occasione: già imprigionata a Parigi, arrestata per aver preso parte alla resistenza francese, avrebbe potuto rivendicare la cittadinanza italiana e salvarsi. Non lo fece. Per non lasciare sole le sue amiche. Perché non sapeva ancora della morte del marito. O più probabilmente perché credeva nella resistenza. Non cercava scorciatoie.
Non ha mai avuto paura del suo coraggio.
Anche ad Auschwitz, in un orrore quotidiano che spegneva la luce della vita in tutti gli occhi, lei resisteva. Era un conforto per le altre internate, un sorriso di speranza, una mano a cui aggrapparsi. Salvò alcune sue compagne. Le curò dal tifo, ammalandosi a sua volta.
L’autore, Antonio Tedesco, dopo un impegnativo lavoro di ricerca tra gli archivi italiani e francesi, ha saputo disegnare con le parole il volto e l’anima di Vittoria coi suoi caparbi riccioli neri capaci di rispuntare anche ad Auschwitz-Birkenau, a dispetto della morte stessa; occhi profondi, sorrisi sinceri. E non solo.
Il libro emoziona e coinvolge anche quando racconta specularmente alle esperienze tragiche di Vittoria, quelle di suo padre Pietro Nenni. Un fil rouge che rapisce: esiliato, imprigionato, dilaniato dall’idea di non conoscere il destino di sua figlia. Tormentato in quel periodo e per tutta la sua vita dal pensiero colpevole di non aver saputo tradire i suoi principi per salvare la sua bambina.
Straziante l’appunto di Pietro Nenni che mette nero su bianco il suo supplizio: “Se avessi telegrafato a Mussolini – scrive Nenni – sono sicuro che l’avrei salvata. Ho avuto la tentazione due o tre volte al cappellano del carcere di Bressanone. Ma non potevo. Mi pareva di compiere un atto di viltà. Mi sono detto lo farò a Roma. Ma a Roma sono stato preso dall’atmosfera eroica della resistenza e allora naturalmente ogni idea del genere è caduta. Non so chiedermi se ho avuto ragione o torto. Ma sento che non mi libererò mai da questo pensiero terribile: forse, o quasi certamente avresti potuto salvare tua figlia dall’orrore di Auschwitz. Ed è l’orgoglio che te lo ha impedito.”
“Vittoria Nenni. N. 31635 di Auschwitz” è un libro che racconta tante storie: la storia di una giovane ventisettenne morta per la libertà, la storia di un amore familiare aggrappato a radici solide, la storia di un’ideale, più forte della paura della morte, la storia di un periodo oscuro per l’Italia e l’Europa. Storie di cui siamo figli.
“Dite a mio padre che ho avuto coraggio fino all’ultimo e che non rimpiango nulla”.
Queste le ultime parole di Vivà. Il più prezioso dei testamenti.
“Vittoria Nenni. N. 31635 di Auschwitz”, pref. di Benedetto Attili, Arcadia edizioni (221 pagine, 16€). Il libro, in distribuzione dal 27 giugno 2023, fa parte della Collana di Studi Storici e Politici della Fondazione Pietro Nenni.
Maria Anna Lerario Fondazione Pietro Nenni
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