UIL e CGIL fanno rumore contro la violenza sulle donne!

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Agiamo ciò che pensiamo. Ecco perché uno dei mattoni alla base della piramide della violenza di genere sono gli stereotipi. Quei pregiudizi strutturali e strutturanti i rapporti di potere tra maschile e femminile, che sedimentano l’odio di genere e uccidono ancora. Su questo frangente, risultano utili le ultime indagini ISTAT che hanno cercato di mapparne diffusione e contenuti. I dati provvisori relativi al periodo maggio-luglio 2023, pubblicati lo scorso 22 novembre, segnalano che il 10,2% degli intervistati accetta comportamenti di controllo dell’uomo sulla propria moglie o compagna.

Nelle donne maggiore consapevolezza

Le percentuali si abbassano, ma non si azzerano sugli episodi di violenza. Il 2,3 % delle persone considera accettabile sempre o in alcune circostanze che un ragazzo dia uno schiaffo alla compagna se ha flirtato o civettato con un altro uomo. Il dato sale al 4,3% per i cittadini per cui è accettabile che in una coppia “scappi” uno schiaffo ogni tanto. Inoltre, se è vero che tra 2018 e 2023 i pregiudizi di genere – nel complesso – si riducono, è altrettanto vero che a diminuire sono i pregiudizi delle donne. Tra gli uomini non c’è altrettanta presa di coscienza.

“Se l’è cercata” lo pensano in troppi

Le tendenze di pensiero tra uomini e donne ricalcano quelle generali ossia i cambi di atteggiamento si verificano per lo più tra la popolazione femminile. Non a caso è il 39,8% degli uomini a ritenere che una donna possa sottrarsi a un rapporto sessuale se non lo vuole contro il 29,7 % delle donne. Non fa eccezione il barbaro pregiudizio del “se l’è cercata da sola”. Per la precisione, è il 19,7 % degli uomini, un uomo su cinque, a credere che le donne “possano provocare la violenza sessuale con il loro modo di vestire” contro il 14,6% del sesso opposto. La colpevolizzazione della vittima si ripresenta poi nell’11% degli intervistati convinti che una ragazza ubriaca o sotto l’effetto di droga sia in parte responsabile della violenza subita.

Gli altri stereotipi

Altri pregiudizi duri a morire sono l’idea per cui gli uomini siano meno adatti delle donne alle faccende domestiche (21,4%); o per cui “una donna per essere completa deve avere figli” (20,9%). Percentuali simili si registrano per i luoghi comuni secondo cui è più importante per gli uomini che per le donne avere successo nel lavoro (20,4%); “è compito delle madri seguire i figli e occuparsi delle loro esigenze quotidiane” (20,2%) o “è soprattutto l’uomo che deve provvedere alle necessità economiche della famiglia” (17,2%). Meno diffusi sono gli stereotipi quali: “è l’uomo a prendere le decisioni più importanti riguardanti la famiglia” (6,3%) e “una buona moglie/compagna deve assecondare le idee del proprio marito/compagno anche se non è d’accordo” (6,5%).

Una piaga culturale

Letti questi numeri dovrebbe essere più facile comprendere perché il fenomeno dei femminicidi non può essere affrontato in ottica emergenziale. Infatti, mentre giornali e talk show continuano a parlare di raptus e troppo amore, dovrebbe essere evidente che il problema è culturale. Perciò è cruciale un’opera di prevenzione che inizi tra i banchi di scuola, per sradicare gli stereotipi garantendo un’adeguata educazione sessuo-affettiva delle nuove generazioni.

Dovremmo, inoltre, concentrarci su una migliore formazione di tutte le figure professionali che entrano in contatto con donne vittime di violenza. È necessario intervenire sul fronte normativo, troppo limitato a misure di carattere penale, utili solo quando è già troppo tardi. E, ancora, è fondamentale intensificare l’attività di ricerca statistica per un’accurata comprensione del fenomeno della violenza di genere.

Risorse per la prevenzione

A tal proposito è un buon segno la scelta del nostro paese di aderire allo “Statistical framework for measuring the gender-related killing of women and girls”, adottato dall’ONU nel marzo del 2022. Si tratta di una valida occasione per cercare di arrivare alla definizione condivisa di metodi e obiettivi di studio sulla piaga dell’odio di genere. Ovviamente, però, le buone intenzioni rischiano di rimanere pura congettura se, dopo la teoria, manca la pratica. Banalmente, senza investimenti per misure concrete contro pregiudizi e discriminazioni, il tetto di cristallo rimane intatto e le donne continueranno a morire. Senza sostegni per i centri anti-violenza e gli altri presidi di prevenzione, le Convezioni di Instabul o i piani nazionali saranno carta straccia.

UIL e CGIL non hanno dimenticato di sollevare il tema in occasione delle mobilitazioni e degli scioperi delle ultime settimane. Nelle piazze rosso-blu si è fatto un minuto di rumore proprio per protesta contro l’incessante conta dei femminicidi. Perché, non è una novità, anche e soprattutto sui luoghi di lavoro le donne subiscono violenze e discriminazioni. Basti ricordare le disparità retributive o negli avanzamenti di carriera, il rischio di molestie e il mancato riconoscimento del valore del lavoro di cura, che grava sempre e solo sulle donne.

Non può esistere progresso sociale ed economico, senza l’abbattimento degli stereotipi di genere. La rivendicazione di diritti e migliori condizioni di vita deve riguardare ugualmente uomini e donne. Battaglie e vittorie del sindacato devono essere di tutti e tutte.

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