Accordo UE sulla gig economy: anche i rider diventano dipendenti
13.06.2023
Oggi, in Europa 28 milioni di persone lavorano mediante piattaforme digitali ma alcuni importanti studi sostengono che entro il 2025 si possa arrivare a 43 milioni di platform workers. La crescita esponenziale di questo nuovo modello di business non riguarda solo il numero di persone coinvolte, ma anche il fatturato.
Tra il 2016 e il 2020, è quintuplicato, passando da 3 miliardi di euro a 14 miliardi di euro – con un boom nel periodo pandemico ed una leggera flessione nel graduale ritorno alla normalità.
Novità sulla proposta di direttiva EU sulle piattaforme digitali
Questa crescita ha portato l’UE ad interessarsi alla materia – intervenendo il 9 dicembre del 2021 con una proposta di direttiva che ha un duplice obiettivo: da un lato garantire una corretta classificazione dello status occupazionale e dall’altro disciplinare, per la prima volta, l’uso dell’intelligenza artificiale (IA) nei luoghi di lavoro.
Per quanto concerne la determinazione dello status occupazionale, la normativa europea introduce un meccanismo di presunzione legale di subordinazione, che secondo le ultime novità, scatterebbe al verificarsi di almeno tre dei sette criteri stabiliti dalla direttiva. Questa gravosa procedura, pur se non risolutiva, potrebbe essere un aiuto per quei 5 milioni di lavoratori che sono classificati come autonomi, ma che sostanzialmente sono lavoratori subordinati.
Altro pilastro della direttiva è la questione del management algoritmico, di cui le piattaforme si avvalgono per gestire il personale e organizzare il lavoro – con risultati più efficienti rispetto alle imprese tradizionali, ma con un rischio maggiore di produrre effetti negativi e indesiderati sulle condizioni di lavoro. Per questa ragione, è stato introdotto il principio del riesame umano delle decisioni algoritmiche con un obbligo di motivazione scritta a carico della piattaforma.
In caso di decisione che ha un impatto significativo sulle condizioni di lavoro dei platform workers, le piattaforme dovranno impiegare personale qualificato in grado di modificare e/o migliorare la decisione dell’algoritmo che produce o può produrre, anche solo potenzialmente, un danno alle persone che lavorano mediante piattaforma digitale.
Indagine INAPP
In Italia, secondo l’indagine Inapp Plus (2021) sono 570.521 le persone che lavorano mediante una piattaforma digitale, ma solo 274 mila svolgono questo lavoro come attività principale. Tra gli aspetti più controversi vi sono l’informalità e la mancanza di protezione sociale legata alla tipologia dei rapporti contrattuali: il 31,1% lavora in nero, il 57,3% è autonomo – occasionale (24,9%), collaborazione (19,9%), partita IVA (5,9%), altre forme di autonomia (6,6%), mentre solo l’11,6 % è considerato come lavoratore subordinato.
Le attività principali svolte dai lavoratori su piattaforma sono le seguenti: consegna dei pacchi (14%), consegna di cibo (36,2%), esecuzione di attività online (34,9%), lavoro domestico (9,2%), accompagnare qualcuno con la macchina (4,7%) e altre svariati compiti (1%). Questi numeri confermano il primato dei settori della ristorazione e dei trasporti, ma rilevano anche una crescita sostenuta di lavoro che viene svolto online – più difficile da intercettare e rappresentare.
Come UIL, siamo fortemente convinti che l’economia delle piattaforme sia un nuovo modo di fare impresa, innovativo e dalle potenzialità enormi, che però va inglobato in un sistema di relazioni industriali in grado di garantire un pacchetto di tutele minime a tutte le lavoratrici e i lavoratori indipendentemente dal loro status occupazionale.
La contrattazione, a tutti i suoi livelli, è ancora oggi, lo strumento più efficace per disciplinare nuove emergenti figure professionali e nuovi compiti legati al processo di digitalizzazione dell’economia europea.
La direttiva, pur presentando ancora delle criticità, assume un ruolo positivo e importante per arrivare a garantire una piena esigibilità dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori su piattaforma.
Servizio contrattazione privata e politiche settoriali UIL
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