Giornata mondiale del Primo Soccorso: l’esperienza di Alessandro

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14.09.2022

“In una rianimazione cardiopolmonare avanzata…ti assegnano un ruolo… oggi sono alle compressioni…sono io e il torace…devo solo mantenere la performance, chiedere il cambio e fermarmi quando me lo richiedono… sono due braccia senza nome… faccio quello che mi viene chiesto e lo faccio bene… scendo 5/6cm e consento la riespansione toracica… check del polso… cambio… si esorcizza la morte con i colleghi… sono pronto a dare il cambio… e così per altre 5/6 volte…. chi comprime… deve “pompare” e ad ogni compressione (anche quando sei perfettamente conscio che serva un miracolo) speri in un movimento, ad un colpo di tosse….e niente infatti niente…. NIENTE… il suo cuore non vuole più saperne… ci facciamo i complimenti per come abbiamo gestito una così prolungata rianimazione avanzata…ma dentro vorremmo urlare a squarciagola… ma ridi e scherzi sulla condizione pietosa in cui ti trovi… sudato fino ai calzini…. la divisa bianca bagnata e fredda ora… come per dirti “hai fatto quello che dovevi…continua la prossima volta vincerai la morte!”…. distolgo l’attenzione saluto e vado nello spogliatoio…. sono solo…. finalmente posso sferrare un pugno all’armadietto!

Alessandro Cammino ha 43 anni e da 20 svolge la professione di infermiere. Un marito, un padre, una moglie infermiera come lui e una vita dedicata a salvare tutti coloro che si ritrovano nel limbo tra la vita e la morte. Cercando di vincere ogni volta, ma non sempre si porta a casa il successo.

E, nel frattempo, bisogna convivere con tutto ciò che accade nel corso di una giornata di lavoro.

Insieme ad Alessandro abbiamo cercato di capire un po’ meglio il lavoro di un infermiere di Primo Soccorso.

Quando hai iniziato a occuparti di primo soccorso e come mai questa scelta?

Quando sono riuscito ad essere assegnato alla mia Unità Operativa di Pronto Soccorso ho concentrato la mia attenzione sull’acquisizione di nuove competenze nel campo del soccorso cardio-respiratorio e trauma di base e avanzato.

Così sono diventato un formatore e istruttore di soccorso con defibrillatore, supporto cardiovascolare, soccorso pediatrico e trauma. Sono anche un formatore nell’ambito del Triage ospedaliero.

L’importanza del primo soccorso la riassumo in queste poche righe:

milioni di persone ogni anno vengono ferite o muoiono a causa di una risposta inadeguata o della mancanza di assistenza tempestiva.

Agire immediatamente, applicare le tecniche appropriate in attesa di un aiuto professionale, può ridurre notevolmente le morti.

Il primo soccorso non sostituisce servizi di emergenza, ma è un passo iniziale e fondamentale per fornire un’azione efficace rapida che aiuta a ridurre gli infortuni gravi e migliorare la possibilità di sopravvivenza.

Il classico esempio è l’assistenza prestata dagli astanti ad una vittima di arresto cardiocircolatorio (ACC), in questi casi il panico ti assale solo se non sei formato, se invece lo sei sai che “soltanto NON fare niente è sbagliato e dannoso”.

Ho sempre creduto che la diffusione della cultura del soccorso sia l’unica strada da percorrere, basta pensare che le possibilità di sopravvivenza per una vittima di arresto cardiocircolatorio sul territorio di una grande città come Roma è del 2%. Purtroppo, anche quando l’ambulanza arriva in pochi minuti. Bisogna considerare che una persona con il cuore fermo comincia a subire danni già dopo 4minuti e dopo 10 minuti subentrano danni irreversibili. Ecco perché è determinante attivare immediatamente il sistema di emergenza in maniera corretta e praticare le compressioni toraciche e la defibrillazione in maniera più rapida possibile.

Solo una formazione capillare della popolazione e, in particolare, in tutti i luoghi di lavoro può determinare che quella minuta percentuale possa salire.

Tanto è stato fatto a livello legislativo per la diffusione dei defibrillatori poco per favorire la formazione, anzi troppi meccanismi di controllo attuati dagli Enti preposti la bloccano di fatto.

Insieme a colleghi e amici della UIL FPL ed in particolare il forte e deciso appoggio del Segretario Generale Michelangelo Librandi abbiamo sviluppato un progetto nazionale che ha come obiettivo la diffusione della cultura del soccorso (BLSD). Oggi, grazie il progetto “Saveacademy”, la UIL FPL può contare sull’azione formativa di circa 200 istruttori e con grande orgoglio possiamo dire di aver formato su tutto il territorio nazionale circa 10.000 persone.

Il feedback è stato magnifico, poiché molti di questi hanno prestato soccorso a diverse vittime e permesso a molte persone di avere una seconda possibilità.

Cosa fa un operatore di primo soccorso concretamente?

Il primo soccorso è l’aiuto dato al soggetto infortunato o malato, da personale non sanitario, in attesa dell’intervento specializzato e si pone i seguenti obiettivi:

  • ridurre le morti evitabili;
  • diminuire i tassi di invalidità;
  • ridurre la morbilità.

L’organizzazione del primo soccorso:

  • attivazione in modo corretto del 118;
  • protezione della persona coinvolta;
  • controllo dell’incidente;
  • evitare o contenere i danni ambientali;
  • realizzazione di un primo soccorso in attesa dell’arrivo di personale qualificato;

Le manovre eseguibili da un soccorritore:

  • valutazione parametri vitali e principali alterazioni;
  • massaggio cardiaco esterno e ventilazione artificiale (NO nell’era COVID);
  • immobilizzazione rachide e arti;
  • emostasi, protezione e medicazione ferite;
  • sottrazione di un ferito o di un malato da situazioni di immediato pericolo.

Quali sono le maggiori difficoltà lavorative che ti sei ritrovato ad affrontare?

Non sono mai state relative alle mie competenze e capacità, ma sempre dovute ad un sistema deficitario. La carenza di personale in sanità è un problema serio che non può essere affrontato come lo affrontano le Regioni italiane, le dotazioni organiche devo essere calcolate sulle reali esigenze di un’unità operativa, pensa che molte strutture calcolano il proprio bisogno di personale basandosi su una legge del 1969, quando c’erano i cameroni da 60 posti letto!!!

Oppure, da delibere regionali dove il personale è calcolato come il sale e pepe nelle ricette culinarie con il famoso “qb”.

Quali sono i rischi per chi opera nel settore?

Ultimamente le aggressioni hanno preso il sopravvento, gli operatori sanitari sono l’interfaccia del sistema e poiché il sistema è un’entità astratta le persone aggrediscono il malcapitato di turno che ha l’unica colpa di lavorare in un sistema che fa acqua da tutte le parti.  Ovviamente il rischio infettivo che ci è sempre stato, con la SarsCov2 è esploso letteralmente, mietendo vittime e causando molti esiti in grosse percentuali di personale infettato.

Consiglieresti ai giovani di svolgere questa professione? Perché?

Vuoi aiutare? Vuoi salvare vite nei modi più disparati? Vuoi sentirti utile per la società?

Se la risposta è “si” per tutte e tre le domande allora la professione infermieristica può essere la tua strada.

La Professione Infermieristica ha avuto una crescita sotto l’aspetto accademico esponenziale negli ultimi 20 anni, questo non ha determinato contestualmente una crescita in termini di riconoscimenti e di retribuzione adeguata agli standard europei.

Purtroppo, solo durante il periodo pandemico la politica e il popolo italiano si è reso conto della nostra importanza e di quanto siamo pochi, la sensazione è che ci hanno rimesso nel congelatore in attesa della prossima catastrofe sanitaria.

Ancora non si riesce a far capire che l’infermiere, in quanto professionista deve poter svolgere al pari della professione medica l’attività libero-professionale.

Riesci a conciliare vita personale e vita lavorativa?

Per un turnista sposato con una turnista, questa domanda suona più come uno sberleffo, ma risponderò con molto rigore. Come ogni lavoro, essere turnista ha i suoi pro e i suoi contro, sicuramente a scapito dei tempi di coppia si antepongono i bisogni dei figli. Ci si organizza in modo che almeno uno dei genitori stia con loro. Certo se non ci fossero i nonni, che sono il vero Welfare di questo paese, probabilmente avrei avuto enormi difficoltà, anche a causa dei costi elevati di alcuni servizi, quando disponibili. Il welfare se c’è non si vede, soprattutto per persone che come me fanno parte di quel ceto medio, che la politica non vede e che negli ultimi 40 anni hanno perso potere d’acquisto in maniera importante.

Vuoi raccontarci un avvenimento che ti ha colpito particolarmente durante il tuo lavoro?

A questa domanda ti risponderò con un mio post sui social, una specie di sfogo. Stavo smontando da una notte di quelle terribili che spesso in Pronto Soccorso sono la quotidianità

“Concitazione.. urgenza.. gasping… RCP… protocollo ACLS… pompa collega!

Check ritmo… nulla Asistolia al monitor… controllo piastre, ampiezza, connessioni e ortogonalizzo. Confermata! Pompo io e si inizia con adrenalina… pompo con mille domande sulle possibili cause… perché a 45 anni una donna va in arresto… Check ritmo organizzato, ma polso assente…PEA… pompa lui e io bicarbonato e poi adrenalina… il team c’è e funziona… quindi ipossia corretta…TET e SaO2 sono la prova, ipovolemia liquidi a go go e accessi venosi seri… tamponata con Bicarbonato… Check ritmo: abbiamo una tachicardia sinusale. Il polso c’è… inotropi tanti… il cuore fa fatica…. TAC… consulto fra specialisti…Sala operatoria… verso l’ignoto…

Scrivo perché ho ancora nelle vene l’adrenalina messa in circolo dalle emozioni… ah le abbiamo… la paura è nostra compagna, l’ansia è la benzina che ci fa restare concentrati, l’etica la luce che ci illumina il cammino…  se ci ascoltate parlare sulla morte o sulle peggiori malattie vi verrebbero i brividi, ma tutte le battute sarebbero il mezzo attraverso il quale NOI esorcizziamo le nostre paure e i nostri demoni!

Non siamo eroi! Ricordatevelo anche quando “Andrà tutto bene!”

Questo post fu ripreso da una collega, una magnifica sognatrice R. Silvia Fortunato, che insieme ad altri post, racconti e scritti curò una raccolta che si chiamò “Racconti di cura, che curano”. I proventi della vendita aiutarono dei colleghi e le loro famiglie che nella lotta al COVID avevano pagato il più alto prezzo: la vita.

Alessandro Cammino, UIL FPL

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