Persone con disabilità e inclusione lavorativa
15.01.2024
L’Italia è uno dei Paesi che spende molto poco per le politiche attive del mercato del lavoro per l’integrazione delle persone con disabilità. Nel 2017, solo il 2,5% della spesa totale per i programmi di disabilità in Italia è stato speso in politiche attive (e quindi il 97,5% in pagamenti di prestazioni), una quota molto inferiore alla media OCSE del 10%.
L’inclusione lavorativa, regolata dalla legge 68/1999 conosciuta come “collocamento mirato” permette alle persone con disabilità di iscriversi agli elenchi di accesso al lavoro avendo i seguenti requisiti: invalidità civile superiore al 45%; invalidità del lavoro certificata dall’Inail superiore al 33%; invalidità di tipo sensoriale (sordomuti – non vedenti); invalidità di guerra e invalidità per servizio.
I dati certificano un orizzonte ancora lontano per una piena inclusione lavorativa, il tasso di disoccupazione è all’11,1%, le assunzioni riguardano soprattutto le disabilità lievi
Nel 2018, meno di 65.000 persone con disabilità si sono registrate agli SPI (Servizi Pubblici per l’Impiego) ai sensi della Legge sul collocamento mirato. Un numero basso rispetto alle 645.000 richieste di invalidità civile nello stesso anno. Solo una persona su dieci a cui è stato concesso lo status di invalidità civile ha scelto di registrarsi presso gli SPI.
Il 6% delle persone con disabilità iscritte alla lista di collocamento sono state assunte nello stesso anno.
Il 58% delle persone con disabilità sono assunte con contratti temporanei, spesso non rinnovati, con il risultato che il 40% di persone esce di nuovo dal mondo del lavoro senza farvi rientro.
Nel corso del 2019 le iscrizioni agli SPI hanno registrato un sensibile aumento; tuttavia, i dati sulla occupabilità delle persone con disabilità non sono disponibili.
Le iscrizioni agli SPI nel 2019 sono state 94.176, delle quali quasi 41 mila sono donne (pari al 43,4% totale), gli iscritti nel Sud e Isole si attestano su 467.597 unità, pari al 55% del totale nazionale, la seconda area per presenze negli elenchi unici è rappresentata dal Nord Ovest, con il 19%.
Gli invalidi civili rappresentano il 92% delle iscrizioni, composto per il 44% di donne con disabilità. Gli stranieri iscritti agli SPI superano le 150.000 unità.
Le persone con disabilità in cerca di lavoro, nel 70% dei casi classificati, non possiedono un titolo di studio superiore alla licenza media, il 19% ha un diploma di maturità solo il 6% possiede una laurea o diploma universitario.
Cosa garantisce il collocamento mirato
Il collocamento mirato garantisce quote assunzionali di persone con disabilità vincolante per le aziende con 15 o più dipendenti:
- le aziende con 15-35 dipendenti devono assumere una persona con disabilità certificata,
- le aziende con 36-50 dipendenti devono assumere due persone,
- le aziende con più di 50 dipendenti devono assumere il 7% dei dipendenti dell’azienda. La quota per le aziende con più di 50 dipendenti.
Quota, quest’ultima, che supera quelle di Germania e Francia (6% della forza lavoro), ma…
il 44% delle aziende non rispetta la propria quota, soprattutto le grandi aziende private, di cui il 60% non rispetta la quota del 7%. Questo dato si riflette anche nelle differenze territoriali: nelle regioni settentrionali, dove le aziende sono più grandi, la conformità alla quota è inferiore rispetto alle regioni meridionali.
I dati disponibili per l’anno 2019, certificano che il totale di posti scoperti dedicati alle persone con disabilità sono 148.229 unità, a fronte di oltre 366 mila lavoratori con disabilità già occupati.
La quota di riserva riconducibile alle imprese private è di oltre 400 mila posti di lavoro, mentre gli enti pubblici dichiarano più di 115 mila posizioni riservate alle persone con disabilità.
I settori di attività economica con i numeri più elevati sono, le aziende dell’industria con 172 mila posti potenziali per lavoratori con disabilità (33% del totale nazionale), segue la Pubblica Amministrazione, (Istruzione e Sanità), con oltre 126 mila posti (25% del totale) e una scopertura del 30%.
La Lombardia, con 49 mila datori di lavoro dichiaranti e circa 120 mila posti dedicati ai lavoratori con disabilità, costituisce da sola un bacino occupazionale più ampio del Mezzogiorno e delle Isole, con 94 mila posti, ma anche della quota totale di 108 mila posti del Centro Italia.
Quali tipi di contratto per i lavoratori disabili?
Nel corso del 2019 le assunzioni a tempo determinato costituiscono il 64% dei contratti, il 20% del totale sono le assunzioni con contratti a tempo indeterminato*, che arriva al 30% nel comparto pubblico.
La quota di donne assunte con contratti a tempo indeterminato supera di poco il 40% generale, mentre risulta significativamente inferiore con il 38,5% per assunzioni con contratto di apprendistato.
Un altro strumento a disposizione dei datori di lavoro è rappresentato dalla stipula di convenzioni per l’inserimento di lavoratori svantaggiati in cooperative sociali alle quali i datori di lavoro privati conferiscono commesse. (D.lgs 276/2003).
Nel confronto con le annualità precedenti, nel 2019, il numero delle assunzioni programmate dai datori di lavoro privati sono in aumento. Lo stesso è da dirsi per il numero di Convenzioni stipulate dai servizi competenti con i datori di lavoro obbligati, che raggiunge un totale di 9.592 stipule. È evidente invece il calo di convenzioni stipulate con i datori di lavoro non obbligati che si attesta intorno al 4% delle convenzioni totali.
Per la disciplina del contratto di apprendistato (l.81/2015) periodo di orientamento al lavoro e di formazione, pur essendo non configurabile come un rapporto di lavoro, riguarda anche l’inclusione sociale e l’autonomia delle persone. Nel 2019 hanno usufruito dei tirocini formativi la zona del Nord Est, con oltre il 60%, e a seguire il Nord Ovest, con quasi il 24%.
In particolare, se il Nord Ovest emerge per il maggior numero di attivazioni di tirocini extracurricolari, il Nord Est si caratterizza per il complessivo maggior ricorso ai tirocini, distribuiti per quasi il 50% fra tirocini extracurricolari e, soprattutto, finalizzati all’inclusione, poco più del 3% per i tirocini da convenzione e il restante 50% per tirocini di cui non è specificata la tipologia.
Ugualmente colpisce il mancato ricorso alle convenzioni di integrazione lavorativa e di inserimento lavorativo nelle aree del Centro e del Nord Ovest.
*il contratto a termine non può avere una durata superiore a 24 mesi, comprensiva di proroghe o per successione di più contratti, fatte salve previsioni diverse dei contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Qualora il numero delle proroghe sia superiore a 4 volte, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di decorrenza della quinta proroga.
3.1 – cessazioni e dimissioni dal rapporto di lavoro
Le cessazioni dal lavoro riguardano principalmente le tipologie riconducibili ai rapporti di lavoro a tempo determinato, a seguire, non troppo distanti, anche le dimissioni sono presenti con valori elevati, cui si accoda il licenziamento per giustificato motivo.
Nel 2019, hanno cessato di lavorare 18.175 lavoratori disabili con contratto a tempo determinato (di cui il 38,6% è rappresentato dalla componente femminile), mentre con contratto a tempo indeterminato sono 12.153 unità (di cui il 39,9% è rappresentato dalla componente femminile).
Sul versante del pubblico impiego, il dato seppure inferiore, rispecchia l’andamento del settore privato. Per quanto riguarda la componente femminile, in questo settore le risoluzioni che riguardano le donne sono circa il 50% di quelle complessive.
Il numero di stranieri interessati dalle risoluzioni dei rapporti di lavoro ha riguardato oltre 6.500 provvedimenti che interessano in misura maggiore i cittadini comunitari. Il confronto tra questi e le complessive attivazioni dei contratti nel medesimo periodo mostra un esito a favore delle assunzioni di stranieri, seppure sia la categoria degli extracomunitari a registrare un leggero attivo nel rapporto tra ingressi e uscite dal mercato del lavoro regolato dal collocamento mirato. Le risoluzioni che riguardano le donne straniere sono circa il 50% di quelle complessive.
Incentivi alle aziende per l’inclusione lavorativa
Le aziende che assumono lavoratori con disabilità beneficiano di un sussidio per le assunzioni temporanee fino al 70% del salario lordo.
Quelle che assumono lavoratori con disabilità mentale ricevono un sussidio maggiore, sia in termini di grado minimo di disabilità del lavoratore per qualificarsi per il sussidio (45% per la salute mentale rispetto al 67% per la salute fisica), sia per la durata del sussidio (60 mesi rispetto a 36 mesi), sia per la sua generosità (70% del salario lordo indipendentemente dal grado di disabilità, rispetto al 35% per le disabilità fisiche con un grado di disabilità inferiore al 79%) ma, nonostante gli incentivi aggiuntivi per l’assunzione di lavoratori con disabilità mentale, solo un quarto dei lavoratori assunti appartiene a questa categoria.
È importante notare che, sebbene le sanzioni per il mancato rispetto della quota siano relativamente severe in teoria, pari a 150 euro per giorno lavorativo per posto vacante non occupato, il numero di sanzioni imposte è basso (una sanzione ogni dieci imprese che non soddisfano la quota), il che contribuisce alla limitata osservanza della quota, buona legge quindi, ma poco applicata.
4.1 – Quali e quante sono le risorse per favorire l’inclusione lavorativa delle persone disabili
Gli impegni di spesa a valere sul Fondo Regionale per l’occupazione delle persone con disabilità ammontano complessivamente a 67.459.943 milioni di euro.
Il secondo fondo più utilizzato è il Fondo Sociale Europeo (FSE), sul quale risultano impegnate risorse pari a 50.653.699 milioni di euro.
Si aggiungono a questi altre risorse stanziate dai fondi cofinanziati pari a 32.837 euro, fondi nazionali pari a 77.620 euro e altri fondi pari a 8.422.635 milioni di euro (dati anno 2019).
Rispetto alla distribuzione sul territorio italiano, gli investimenti finanziari più ingenti sono attribuibili alla Regione Lombardia che ha impegnato quasi il doppio delle risorse rispetto all’Emilia Romagna, la quale risulta essere comunque la seconda regione in termini di impegni di spesa indicati per la realizzazione degli interventi.
Il problema dei dati
La mancanza di dati che risultano obsoleti e non corrispondenti alla realtà, ogni SPI regionale è responsabile del monitoraggio dell’adozione e dei risultati delle misure di integrazione lavorativa, ma in molte regioni questo non viene fatto in modo adeguato o i dati non sono disponibili pubblicamente.
Questa mancanza di dati coerenti rende difficile misurare l’adozione delle misure di integrazione lavorativa, per non parlare della loro efficacia. Ci sono ancora meno dati sulle misure di integrazione nel mercato del lavoro che sono meno regolamentate rispetto alla quota di occupazione, come la formazione o l’accomodamento ragionevole sul posto di lavoro.
5.1 povertà e disabilità
Nonostante la mancanza di dati statistici dedicate alla correlazione tra disabilità e povertà si evidenzia nel rapporto Istat sulla disabilità del 2019, lo svantaggio nel mercato del lavoro delle persone con disabilità. I trasferimenti monetari si dimostrano in grado di alleviare il disagio economico; tuttavia, l’indicatore complessivo di deprivazione materiale mette in evidenza il maggior disagio delle famiglie con disabili: il 28,7% è in condizioni di deprivazione materiale mentre il dato medio nazionale è il 18%.
- Considerazioni finali
Per favorire l’inclusione occorre perseguire e approfondire alcuni aspetti: lo stanziamento delle risorse economiche, lo sviluppo delle competenze, l’occupazione stabile e la formazione nei luoghi di lavoro, il sostegno ai servizi di inserimento e la condivisione dei dati.
Un Fondo limitato nella copertura annuale non favorisce la buona occupazione, le risorse destinate alle aziende per le assunzioni non bastano a soddisfare la platea che, pur avendo tutte le caratteristiche per poter lavorare, rimane esclusa dai processi produttivi.
Ancora pochi e male organizzati gli osservatori sul territorio per favorire la mediazione e lo scambio diretto dei dati con le imprese.
Permane lacunoso e fallace il sistema scolastico/Universitario per formare competenze professionali e specialistiche che favoriscono l’inserimento lavorativo e le condizioni di una occupazione stabile nel mercato del lavoro.
Persistono le carenze di professionalità nei servizi attivi per il collocamento mirato
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