Libertà d’opinione e diverse opinioni di Libertà
27.12.2022
La libertà di espressione, nell’accezione di opinione, parere, critica, pensiero, idea artistica o di stampa è di fatto un diritto che oggi esercitiamo tutti costantemente, un diritto non del tutto scontato e conquista della società moderna, non troppo lontana.
La prima costituzione che sancì questo caposaldo fu quella statunitense nel 1787. Oggi questo è un principio di tutte le società democratiche non che elemento ribadito ed enfatizzato da più convenzioni internazionali, una su tutte la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, all’articolo 19.
I primi provvedimenti in merito alla libertà di stampa in Italia, ad esempio, si ebbero alla metà del 1800, sancito successivamente con l’articolo 21 della Costituzione, entrata in vigore dal 1948. Dopo aver superato il periodo buio della censura fascista, la libertà di opinione diventa principio fondamentale per l’intera legislazione del nostro Paese.
Oggi la libertà di dire ciò che ci pare, per lo meno in Italia, ha raggiunto l’accento più forte di tutti i tempi, basti rivedere vecchi film del dopo guerra o spezzoni di programmi varietà in bianco e nero per notare come anche il linguaggio vero e proprio e l’attenzione ad alcune galanterie o virtuosismi lessicali siano spariti. Con l’avvento delle chat, dei social, della comunicazione digitale, non sono solo gli strumenti di comunicazione ad essere cambiati ma è il modo stesso di comunicare che ha affrontato un importante mutamento, cambiando di fatto anche gli usi, i costumi e le norme vigenti.
Era solo il 2009, quando tra le possibili tracce della prima prova dell’Esame di Stato, all’ambito tecnico scientifico, si proponeva il tema dei Social Network, Internet, New Media. La lettura oggi, degli spunti proposti da autori di quell’epoca lascia riflettere su quanto fossero assolutamente predittivi in confronto alla realtà dei giorni nostri, riguardo l’importanza che hanno conquistato i Social nella nostra quotidianità, il marketing e le vendite online, la digitalizzazione finanziaria, e i rischi connessi alla diffusione di informazioni riguardo i nostri spostamenti e relazioni.
Nulla però all’epoca è stato ipotizzato riguardo il rischio di una degenerazione del diritto di libertà di opinione, in un caos estremo tendente alla violazione di alcuni diritti fondamentali per l’integrità morale della persona. L’unico spunto che probabilmente lascia immaginare delle conseguenze negative riguarda la libertà:
“Dove inizia il nostro potere di connessione inizia il pericolo sulla nostra libertà individuale.”
De Kerckhove – Novembre 2001
Assurdo come un mezzo per connetterci e per renderci inequivocabilmente più vicini riesca a volte a creare distanze, contrasti e conseguenze legali e sociali di un certo peso.
Il fenomeno degli Haters (in italiano, letteralmente, “coloro che odiano”) è l’effetto boomerang dell’aumentare la confidenza tra individui, indossando “un passamontagna digitale” senza alcuna responsabilità, veicolando sul web l’odio e la rabbia con aggressività verso un altro soggetto, un’azienda o un’istituzione.
La facilità di digitare le offese e le provocazioni dietro uno schermo spesso non corrisponde all’esatta predisposizione dell’individuo a comportarsi nello stesso modo nella realtà, e questo sta ormai raccontando un fenomeno di disagio sociale: “l’onnipotenza degli impotenti.”
In una recente pronuncia della Corte di Cassazione (sent n.2598 del 24/01/2022), si è arrivati alla condanna per un uomo che ha pubblicato su Facebook offese verso l’Arma dei Carabinieri.
Anche il fenomeno del Body Shaming (in italiano derisione del corpo) ha preso diverse volte pieghe catastrofiche online, inducendo adolescenti anche a togliersi la vita. A Napoli, nel 2020, una dodicenne è stata letteralmente perseguitata sui social attraverso account falsi Instagram creati ad hoc per bullizzarla, nel 2014 a Torino una ragazza si suicidò gettandosi dal balcone perché esasperata per le offese sui social.
Le conseguenze più drammatiche raccontano un fenomeno che può iniziare con il gioco, con il desiderio di incidere fortemente su qualcosa o su qualcuno ma che può arrivare a distruggere la propria vita e quella degli altri. Abbiamo un’arma tutte le volte che ci mettiamo alla guida della nostra macchina, e abbiamo un’arma tutte le volte che apriamo i nostri social e interagiamo con post, foto, articoli o ci sentiamo liberi, senza pensare di poter limitare qualcuno.
La normativa in questo tema non è ancora matura per traslare totalmente le garanzie del diritto pubblico nel diritto privato dei social, garantire al cento per cento l’ordine pubblico e il buon costume su un social network diventa discrezione del regolamento di quella piattaforma, aprendo non poche interpretazioni e dibattiti sul tema (si veda il caso di censura Donald Trump-Twitter).
Ciò che culturalmente potrebbe essere auspicabile è un aumento delle tutele per l’utente in tema di garanzia della piattaforma stessa riguardo l’identità dei soggetti iscritti, con iter più stringenti di iscrizione, una maggiore vigilanza e conseguenze coercitive per chi commette abusi. La libertà di opinione non dovrebbe essere garantita da una censura ma dalla garanzia della libertà giuridica di poter intervenire e proteggere la dignità e l’integrità delle persone.
Valerio Camplone
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