L’assassinio di Bruno Buozzi

5' di lettura
Mi piace!
100%
Sono perplesso
0%
È triste
0%
Mi fa arrabbiare
0%
È fantastico!!!
0%

04.06.2022

Bruno Buozzi fu assassinato dai nazisti in fuga da Roma il 4 giugno del 1944. Aveva 63 anni e molto ancora da dare al sindacato italiano. Era la figura più autorevole di quella straordinaria stagione che da inizio ‘900 per un quarto di secolo aveva costruito il sindacato italiano, fieramente riformista. Fu il protagonista più importante della negoziazione di quello che verrà chiamato Patto di Roma. Nel ’44 segnerà il ritorno del sindacato libero in Italia, dando vita alla CGIL unitaria. Certo, Buozzi avrebbe preferito una soluzione più simile alla CGdL fondata nel 1906 e poi operativa in esilio dal 1926. Avrebbe certamente saputo trarre il meglio dal compromesso tra i tre partiti antifascisti di massa, democristiano, comunista e socialista, con cui si definivano le caratteristiche del nuovo sindacato unitario. Si sarebbe mosso per superarne i limiti. Purtroppo, non andò così.

LA STORIA DI BRUNO BUOZZI

Bruno Buozzi era nato a Pontelagoscuro (Ferrara) il 31 gennaio 1881; giovanissimo, si trasferì a Milano, dove frequentò l’Università Popolare, divenne operaio meccanico, iscritto al sindacato dei metallurgici e al Partito Socialista.

Nel 1909, a 28 anni, divenne segretario generale della FIOM (Federazione Italiana Operai Metallurgici), che dopo essere stata sotto la guida di Ernesto Verzi protagonista delle lotte operaie seguite alla svolta giolittiana del 1901 e della costituzione nel 1906 della confederazione, la CGdL (Confederazione Generale del Lavoro), versava in condizioni di grave crisi.

Scoppiata la Prima Guerra Mondiale, Buozzi fu contro l’intervento italiano nel conflitto. Ciò anche se la sua simpatia era per le potenze dell’Intesa, ma partecipò ai comitati di mobilitazione industriale. Sosteneva che nelle condizioni di limitata libertà sindacale e di sospensione del diritto di sciopero create dalla militarizzazione delle industrie belliche, l’unica sede nella quale si potessero difendere efficacemente gli interessi degli operai erano proprio tali comitati. I quali fungevano anche da sedi arbitrali nelle vertenze del lavoro. Nel frattempo, montava lo scontro tra il PSI, dove i massimalisti avevano prevalso, e la CGdL, saldamente riformista.

Nel primo dopoguerra, Buozzi guidò la federazione a grandi conquiste, come quella della giornata di lavoro di otto ore, conseguita dapprima per i siderurgici con l’accordo del 20 febbraio 1919 e poi estesa ad altre categorie di lavoratori.

1920: L’ANNO MEMORABILE DELL’OCCUPAZIONE DELLE FABBRICHE

Il 1920 fu l’anno memorabile dell’occupazione delle fabbriche. Gli industriali decisero la serrata, ma furono preceduti dai lavoratori, che guidati dalla FIOM, occuparono le fabbriche. Bruno Buozzi operò per tenere la vertenza sul piano sindacale. Il partito e il gruppo dell’Ordine Nuovo, in cui militava Antonio Gramsci,  erano per dare al movimento uno sbocco rivoluzionario, che non era affatto alla portata. Bruno Buozzi riuscì a raggiungere un accordo con gli industriali, sancito anche dall’intervento  del presidente del Consiglio, Giolitti, in cui si accoglievano gran parte delle rivendicazioni sindacali.

A gennaio 1921 si ebbe la scissione comunista dal PSI. Buozzi era schierato con il riformista Filippo Turati. Frequenti furono le polemiche tra Buozzi e i comunisti, che subordinavano la lotta sindacale agli interessi del partito. Nell’ottobre del 1922, Buozzi aderì alla seconda scissione del PSI, che era in mano ai massimalisti, ed entrò nel riformista PSU di Giacomo Matteotti e Filippo Turati.

Buozzi fu eletto deputato nel 1919, nel 1921 e nel 1924. Ogni libera attività sindacale fu soppressa di fatto con la firma del Patto di Palazzo Vidoni tra la Confindustria e la Confederazione delle corporazioni fasciste. Con il patto si riconosceva a quest’ultima la rappresentanza esclusiva dei lavoratori (1925).

A fine 1925, Bruno Buozzi assunse la carica di segretario generale della CGdL, su una linea intransigente nei confronti dei fascisti, indisponibile come fu a passare sopra alla pregiudiziale della libertà. In esilio a Parigi dalla fine del 1926, Bruno Buozzi annullò un tentativo del gennaio 1927 di scioglimento della CGdL e ne assicurò la prosecuzione dell’attività in esilio. Questa scelta permetterà alla CGdL, e a Bruno Buozzi, di avere un ruolo cruciale nella riorganizzazione del sindacalismo libero in Italia nel secondo dopoguerra.

L’ARRESTO A PARIGI

Nel 1941 Buozzi fu arrestato a Parigi dalla Gestapo su richiesta delle autorità fasciste, consegnato alla polizia italiana e internato a Montefalco (Perugia). Dopo l’8 settembre, Bruno Buozzi rimase a Roma sotto falso nome e insieme con Giuseppe Di Vittorio e Achille Grandi gettò le basi per la costituzione della CGIL unitaria.

Sventuratamente, il 13 aprile 1944 Bruno Buozzi cadde nelle mani delle S.S. e fu rinchiuso nel famigerato carcere di via Tasso. Alcuni tentativi di organizzare la sua fuga fallirono. La notte fra il 3 e il 4 giugno 1944 Buozzi con altri detenuti fu avviato verso il Nord. Era su un camion militare tedesco in fuga da Roma. All’alba del 4 giugno nei pressi della Storta, sulla via Cassia, Bruno Buozzi fu ucciso dalle S.S. a colpi di arma da fuoco insieme con i suoi compagni di prigionia.

La CGIL unitaria frutto del Patto di Roma visse dal 1944 al 1948. Anno anche in cui cominciarono le scissioni che nel 1950 sancirono un assetto del sindacato italiano basato su tre confederazioni, CGIL, CISL e UIL. La UIL, di cultura laico-socialista riformista, elesse Bruno Buozzi a suo modello sindacale.

 

Roberto Campo

Articoli Correlati