LA SIERRA LEONE FA SPAZIO ALLE DONNE: Arriva il Gender Equality and Women’s Empowerment Act
06.03.2023
Tra le colline e le paludi della Sierra Leone per le donne germogliano speranze. Il Parlamento di Freetown ha approvato il Gender Equality and Women’s Empowerment Act. Una riforma ambiziosa che porta il paese tra gli stati più progressisti del continente sul piano della parità di genere.
Nuovi diritti al femminile
D’ora in poi, in Sierra Leone, il 30 % degli impieghi pubblici, privati o nei partiti politici, dovrà essere riservato alle donne. Spetterà a loro anche (e finalmente) un congedo di maternità di almeno 14 settimane. Allo stesso modo dovrà essere garantito il diritto di accesso senza discriminazioni ai ruoli dirigenziali, ai crediti bancari e ai percorsi di formazione. La legge si rivolge a tutte le imprese con più di 25 dipendenti, prevedendo anche specifiche sanzioni. In caso di violazione, infatti, si rischia da una multa di circa 2 mila euro fino alla vera e propria detenzione in carcere.
La Sierra Leone chiede scusa
È un provvedimento storico, inaugurato con tanto di scuse da parte del Presidente Julius Maada Bio. L’Ex militare, leader del Partito del Popolo di Sierra Leone, ha riconosciuto gli errori commessi. “Per molto tempo – ha detto rivolgendosi alle sierraleonesi – non ci siamo comportati in modo giusto nei vostri confronti”.
È sicuramente d’accordo Manty Tarawalli, Ministra degli Affari di Genere e dell’Infanzia, che ha rivendicato la determinazione con cui le donne del paese hanno combattuto per questo traguardo. “Significa molto per le donne della Sierra Leone – ha spiegato ai microfoni della BBC – nessun altro paese dell’Africa Subsahariana ha emanato norme simili” e ancora “questa legge fa sapere alle ragazze che per loro ci sono delle opportunità in Sierra Leone”.
L’entusiasmo è comprensibile. Nel continente africano non è scontato che una donna possa aprire un conto corrente, fare impresa o, semplicemente, lavorare. L’indipendenza economica, strumento imprescindibile dell’emancipazione femminile, è ancora una chimera per gran parte delle donne africane. Se lavorano, non a caso, sono occupate in impieghi precari, mal retribuiti e con poche prospettive di avanzamento. E questa è solo una delle facce di un complesso sistema di violenze che, nonostante i primi progressi, è difficile sradicare. Anche in Sierra Leone.
In effetti, proprio nel paese protagonista della svolta legislativa sulla gender equality, alcuni dati continuano a preoccupare. Nel 29.6% dei casi le donne tra i 20 e i 24 anni sono sposate o promesse spose prima dei 18 anni, diventando mamme in età prematura. Precisamente, nel 2018 il tasso di natalità tra i 15 e i 19 anni era di 102 per 1.000 ragazze. Un numero fortunatamente in calo, ma comunque significativo. Soprattutto se messo a sistema con altri dati. Infatti, sempre nel 2018, le donne tra i 15 e i 49 anni che avevano denunciato violenze fisiche o sessuali nei 12 mesi precedenti sfioravano erano tra il 20% e il 53% della popolazione femminile e non avevano garantiti i diritti alla salute riproduttiva o sessuale.
Tutti problemi figli di antiche tare culturali, africane e non solo, che hanno segnato la Storia della Sierra Leone, specie durante la Guerra Civile. Scoppiata nel 1991, tra il Fronte Unitario Rivoluzionario e le forze governative, trascinò le donne all’inferno. Per dieci lunghi anni, furono stuprate, schiavizzate, forzate a prendere le armi o fatte prigioniere, partorendo dietro le sbarre. I ribelli, mentre parlavano di sanità pubblica e redistribuzione della ricchezza, facevano del corpo delle donne un’arma da guerra, sfruttata senza pietà.
La rivista online ingenere.it ha dato voce ad alcune superstiti. Le loro parole trasudano dolore e forza insieme. M. racconta: “il 6 gennaio 1999 i ribelli entrarono a casa mia e chiesero una ragazza. Io ero l’unica ragazza in casa e fui portata via, con mia madre che piangeva. Mi stuprarono in gruppo ripetutamente. Mi fecero prendere le armi. Dovevo servirli, cucinare, portare i pesi durante i continui spostamenti. Partorii. Riuscii a scappare solo dopo più di un anno. A mia figlia ho detto che suo padre è morto. Ora sono sposata, ho un figlio di 2 anni”.
Nonostante il massacro M., insieme ad altre migliaia di donne, ha ripreso in mano la propria vita e con la stessa tenacia ha trainato il paese verso decisivi traguardi sulla parità di genere. Perciò il Gender Equality and Women’s Empowerment Act è il punto di arrivo, ma allo stesso tempo di partenza, di un difficile percorso di conquiste.
Ad esempio, dopo la ratifica della “Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne”, la Sierra Leone ha emanato diverse leggi per la sua attuazione. Sono il Domestic Violence act del 2007, il Devoluzione del Estates Act e il Child Rights Act dello stesso anno, il Registration of Customary, Marriage and Divorce Act del 2009, e il Sexual Offenses Act approvato tre anni dopo. Inoltre, è stato istituito un comitato nazionale che, insieme a diverse organizzazioni partner, si occupa di prevenire e rispondere adeguatamente ai casi di violenza di genere. Successivamente, nel 2013, con l’ “Agenda per la prosperità” (2013-2018) la Sierra Leone ha combinato il tema della povertà e diritti femminili, prevedendo nel progetto un pilastro autonomo sull’uguaglianza di genere e sull’emancipazione delle donne.
Ovviamente, promulgare una legge non significa aver ribaltato secoli di cultura misogina. Eppure, dare spazio giuridico alle istanze femministe aiuta il cambiamento, tutela le vittime e dà la direzione giusta. Non solo al singolo paese.
L’Africa intera, infatti, ha iniziato a seguire le orme di Freetown. Quasi tutti i paesi hanno ratificato la Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne; più della metà ha fatto lo stesso con il protocollo dell’Unione africana sui diritti delle donne in Africa e la stessa Unione Africana ha dichiarato gli anni tra il 2010-2020 come il decennio delle donne. Legge dopo legge qualcosa si sta muovendo.
La rivoluzione deve essere sociale, culturale e dal basso, ma a volte anche la forma, quella giuridica, può essere sostanza.
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