La Convenzione di Istanbul
23.02.2023
L’OMS (Organizzazione Mondiale della Salute) ha calcolato che il 25,4% delle donne della popolazione europea ha subito violenza sessuale e/o fisica ed è per questo motivo che di recente il Parlamento Europeo ha votato la ratifica della “Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza sulle donne” (c.d. Convenzione di Istanbul).
Procediamo con ordine e vediamo che cosa è la “Convenzione” e cosa significa per le donne europee poter usufruire di questo strumento giuridico.
Esso rappresenta lo strumento giuridico internazionale che ha avuto maggiori implicazioni sulle legislazioni nazionali perché vincola gli Stati che l’hanno ratificata e li obbliga ad uniformare le proprie leggi al fine di prevenire la violenza di genere, tutelare le vittime e punire chi la pone in essere.
La Convenzione si applica a tutte le forme di violenza contro le donne designandola come “violazione dei diritti umani” che provoca o può provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica. Sono comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica che nella vita privata.
Stabilisce nuove norme e nuovi obiettivi per la lotta contro la violenza sulle donne; agisce su più fronti attraverso azioni specifiche che vengono comunemente chiamate “le 4 P – Prevenzione, Punizione, Protezione, Politiche integrate” e che vengono inserite nei “Singoli Piani nazionali sulla violenza maschile contro le donne”.
La Convenzione fu approvata a Istanbul nel 2011 ed è stata sottoscritta da ben 45 Paesi.
Occorre precisare che non tutti i Paesi che hanno firmato la Convenzione hanno successivamente ritenuto opportuno ratificarla tramite un istituto giuridicamente vincolante per proteggere le vittime di violenza di genere con una specifica normativa. Infatti, dei 45 Paesi firmatari sono 38 i Paesi che l’hanno ratificata, tra cui l’Italia.
Va evidenziato che nel corso del 2022 altri tre Paesi, tra cui il Regno Unito e l’Ucraina, hanno provveduto a ratificare la Convenzione.
Solo 7 Paesi hanno sottoscritto la Convenzione e fino ad oggi non hanno provveduto a ratificarla, tra essi c’è l’Ungheria.
La Turchia, che aveva ratificato la Convenzione, il 1° luglio 2021, è uscita dal gruppo di Stati firmatari. Sembra che anche la Polonia voglia prendere tale decisione.
Ad oggi solo 1 Paese (Azerbaigian) non ha firmato e ratificato la Convenzione.
La Convenzione ha radici storiche fondate sull’ineguaglianza fra uomini e donne ed è contrastata dai gruppi fondamentalisti e conservatori perché, a loro parere, indebolisce la “famiglia”, incrementa i divorzi e favorisce le rivendicazioni LGBTQI.
Veniamo a quello che è successo al Parlamento Europeo. L’Unione Europea aveva firmato il trattato il 13 giugno 2017 ma non lo aveva ratificato perché si trovava di fronte a due iceberg: il primo faceva riferimento all’attribuzione di competenze del Parlamento Europeo. Su tale punto la Corte di Giustizia
dell’Unione Europea, il 6 ottobre 2021, ha stabilito che Bruxelles poteva legiferare sul trattato, anche senza l’accordo di tutti gli Stati membri. Il secondo iceberg si riferiva al diniego di alcuni Paesi membri.
Il 15 febbraio 2023, l’UE ha adottato, con voto favorevole, un provvedimento con cui chiede di ratificare la Convenzione poiché ha ritenuto la Convenzione stessa uno strumento chiave per contrastare la Violenza Basata sul Genere (VGB), condannando, allo stesso tempo, i tentativi di alcuni Stati membri di revocare le misure già adottate e invitando i Paesi ad attuarla pienamente. Tale decisione è di buon auspicio per uniformare le norme e contrastare la violenza di genere in tutta Europa.
L’Italia ha ratificato la Convenzione con la legge 27 giugno 2013 n.77, introducendo nel proprio ordinamento giuridico nuove tipologie di reato: violenza psicologica, atti persecutori e stalking, violenza sessuale, matrimonio forzato, mutilazioni genitali femminili, aborto forzato, sterilizzazione forzata. Occorre evidenziare che si è ancora in attesa dei Decreti attuativi.
Tale legge ha portato alla stesura dei Piani Nazionali (ad oggi sono 4), e precisamente:
- Piano nazionale contro la violenza di genere e lo stalking, adottato nel 2011;
- Piano d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere, adottato nel 2015;
- Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne, adottato nel 2017;
- Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne, adottato nel 2021.
Ad oggi, nel nostro Paese, la Violenza di genere non viene più considerata una tematica “straordinaria ed emergenziale” ma è attenzionata come “un problema strutturale della nostra società”. I dati dimostrano che negli ultimi 6 anni i femminicidi avvenuti nel nostro Paese sono stati 589.
Nei primi mesi del 2020 è stato pubblicato il rapporto del Grevio (Gruppo di esperte sulla violenza contro le donne), l’organismo indipendente del Consiglio d’Europa che monitora l’applicazione della Convenzione in tutti i paesi che l’hanno ratificata, e le maggiori criticità, riscontrate in Italia, sono state: la mancata visione d’insieme, ovvero una mancata uniformità di azione; maggiori misure di prevenzione per contrastare il fenomeno; il funzionamento della giustizia con particolare riferimento alla risposta penale alla violenza domestica e la riduzione del comportamento violento ad una situazione di conflitto; l’utilizzo dei costrutti collegati all’alienazione genitoriale e alla bigenitorialità che ledono il principio del “superiore interesse del minore”; la protezione delle donne richiedenti asilo.
In conclusione, la Convenzione è, senza alcun dubbio, un importante strumento che va incrementato; è inoltre un esempio di buona politica.
Centro di Ascolto mobbing e stalking contro tutte le violenze UIL
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