Haters: Chi sono e come difendersi dall’odio online
28.12.2021
I Social network sono ormai parte integrante della nostra vita quotidiana: Facebook, Twitter, Instagram, sono solo alcuni dei Social più famosi e utilizzati che registrano giornalmente condivisioni, aggiornamenti ed apprezzamenti da ogni parte del mondo. Abbiamo la possibilità di esprimere la nostra opinione e manifestare il nostro pensiero in merito a flussi di informazione continui e di ogni genere a livello globale e in tempo reale.
In sostanza, si è liberi di commentare pubblicamente qualunque accadimento e scambiare opinioni con chiunque e in qualsiasi momento. In virtù di queste considerazioni, è facile capire che accada spesso che questi commenti non siano costruttivi o condivisibili e arrivino in certi casi ad essere offensivi o addirittura pericolosi.
Parliamo dei c.d. “Haters”, di cui l’accademia della Crusca ci dà una precisa definizione: “Persona che usa la rete, e in particolare i social network, per esprimere odio o per incitare all’odio verso qualcuno o qualcosa. (Dall’inglese hater: “odiatore”).
Negli ultimi anni, non solo perché sono quelli dei nativi digitali, ma anche a causa di una politica che si è spostata anche troppo sulle piattaforme Social, questo fenomeno è diventato incontrollabile. Secondo uno studio di Amnesty International, le categorie maggiormente soggette a parole d’odio sono le donne, i disabili, i membri della comunità LGBT, gli immigrati, i musulmani e gli appartenenti alle diverse minoranze religiose. È chiaro che spesso l’odio verso una precisa categoria venga innescato da un fatto di cronaca, che sia vero o falso (c.d. Fake news). Riportiamo come esempi gli innumerevoli commenti omofobi nel 2016 con la proposta della legge Cirinnà sulle unioni civili e nel 2021 con la proposta del DDL ZAN. O anche l’infinità di commenti razzisti durante le giornate degli sbarchi dei migranti, o l’odio verso tutti i musulmani dopo gli attentati terroristici in Francia.
Abbiamo citato le categorie più colpite, ma danni gravissimi sono fatti anche da e contro gli adolescenti, per il proprio aspetto o le proprie idee, basti pensare alla vasta diffusione del Cyberbullismo o all’aumento incontrollato di disturbi alimentari tra i giovani.
Anche i sindacati sono spesso soggetti a insulti, commenti inappropriati, aggressioni online, inni fascisti e parole d’odio che abbiamo difficoltà a fermare.
Ma come si può bloccare questo flusso d’odio?
Da un punto di vista pratico, la rimozione di un post funziona così: l’utente clicca sui tre puntini accanto al post e seleziona l’opzione “Segnala il post” e sceglie uno dei problemi che trovate nell’immagine sotto:
Dopo la segnalazione, il grande problema è che decide la singola piattaforma quale sia il contenuto da rimuovere, cioè un soggetto privato, in base a standard di autoregolamentazione generici; e tali decisioni vengono prese in pochi secondi, nonostante siano in gioco dei Diritti e delle libertà costituzionali fondamentali.
A livello normativo infatti, non c’è mai stata una legge vincolante. Tuttavia, a dicembre 2020 è stato presentato dalla Commissione europea il Digital service act, il cui scopo è uniformare tra le piattaforme la definizione di contenuti illegali, individuare le procedure per rimuoverli e definire chiaramente in quali ipotesi i fornitori di servizi digitali potranno essere ritenuti responsabili del contenuto presente all’interno delle proprie piattaforme e servizi di intermediazione.
Martedì 14 dicembre 2021 il Comitato per il Mercato interno e la Protezione dei consumatori del Parlamento europeo ha espresso parere favorevole su questa proposta di legge.
Ci auguriamo che grazie a questa legge si riesca ad avere un maggiore controllo su questo male del Web.
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