Guerra in Ucraina: i rischi per l’economia italiana

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16.03.2022

Non abbiamo fatto in tempo ad assaporare il favore di un clima economico più sereno e rilassato che siamo ripiombati nel baratro delle incertezze.

Se fino a qualche settimana fa gli indicatori economici ci raccontavano quasi fuori dalla crisi generata dal Covid19, ora siamo stati travolti da nuovi e inaspettati eventi. La guerra in Ucraina, la crisi energetica, l’inflazione che sale vertiginosamente stanno componendo un puzzle a tinte fosche, con un impatto economico reale e potenziale da far accapponare la pelle. Su tanti fronti ne stiamo già pagando le conseguenze.

Diversi settori stanno lanciando campanelli d’allarme e prendendo decisioni che hanno un effetto immediato sulle lavoratrici e i lavoratori.

L’industria dell’automotive, già in crisi per la penuria di microchip e per le difficoltà dovute alla transizione “green” nella produzione di auto, sta mostrando criticità non indifferenti. Stellantis, ad esempio, non ha confermato il target di 400mila vetture l’anno a Melfi. Una brutta notizia per i lavoratori che contavano sull’aumento della produttività dello stabilimento. 1500 sono gli esuberi provvisori previsti. La scelta dell’azienda è dovuta proprio alla guerra in Ucraina: mancano i cablaggi e mancano il neon e il palladio, materie prime indispensabili per la produzione dei microchip, provenienti in larga misura proprio da Ucraina e Russia.

Preoccupanti anche gli allarmi che provengono dal mondo della moda e dalla filiera del fashion Made In Italy: l’export verso la Russia è bloccato, comportando un grave danno all’intera industria e il caro energia rende più onerosa la produzione. Un combinato disposto che per il settore può portare a evoluzioni poco felici.

La guerra sta mettendo a rischio anche il settore agro-alimentare: manca il grano, di cui Russia e Ucraina sono grandi produttori. Le conseguenze sono simili agli esempi precedenti e già si assiste a situazioni di speculazione da parte dei produttori di pasta, ad esempio, che hanno notevolmente alzato i prezzi.  Manca anche l’olio di semi di girasole, ingrediente non solo a uso domestico, ma molto diffuso nella filiera agroalimentare che si occupa di conserve, dolciumi, salse.

Solo tre esempi che possono dare il senso di quali scenari potremmo, a breve, ritrovarci ad affrontare.

Il conflitto russo-ucraino sta generando conseguenze a catena sull’intera economia del Paese, come del resto è prevedibile in una situazione economica generale interconnessa e globale.

Il 3% del Pil. È questa la stima che ha fatto il Censis sui rischi di riduzione del prodotto interno lordo dovuti alla crisi energetica e al conflitto in Ucraina. Una grave contrazione rispetto alle stime di crescita che si erano ipotizzate nel 2021, con il supporto delle risorse di Next generation EU. L’allarme lo ha lanciato anche Bankitalia, ipotizzando rilevanti ricadute sull’economia del Paese a causa della guerra e sollecitando il governo a prendere provvedimenti prima che sia troppo tardi.

I sindacati, come anche, da parte loro, le associazioni datoriali stanno sollecitando il Governo a più riprese perché ci sia un serio confronto su questi temi.

Il covid ha già lasciato in eredità al paese una forte frammentazione sociale, la crescita della povertà e un aumento delle disuguaglianze tra persone e i territori oltre a una crescente insicurezza generale.

La situazione non è rassicurante, certo, ma si è ancora nei tempi per poter agire anche a livello europeo per arginare i danni di un conflitto che ha già cambiato gli assetti geopolitici internazionali. La Uil continua a chiedere un rifinanziamento – strutturale – del programma Sure, superando il patto di stabilità, per dare modo alle lavoratrici e ai lavoratori di affrontare le nuove crisi e le nuove sfide a cui, purtroppo, ci stiamo abituando.

 

 

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