Giù le mani dal diritto di sciopero: UIL e CGIL non si tirano indietro

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14.11.2023

Sciopero confermato. Gli attacchi di Salvini e la pronuncia del Garante non fermano UIL e CGIL. La ricerca dello scontro, con ragioni singolari, per giunta riprese dalla Commissione sembrano un mirato attacco al diritto di scioperare. L’obiettivo è di facile intuizione: sviare l’attenzione dai temi posti dai sindacati. Lo spiega ospite a Restart, sui RAI3, Il Segretario Generale della UIL Pier Paolo Bombardieri “Ci interessano poco le polemiche da bar (…)  Vorremmo parlare più del merito delle questioni: fisco, pensioni, lavoro. È singolare che una organizzazione sindacale proclami uno sciopero generale e che la commissione di garanzia dica ‘no, non è uno sciopero generale ma uno sciopero intersettoriale’. Fra l’altro c’è una coincidenza tra alcune affermazioni di Salvini e della commissione: forse dovremmo capire se è una commissione di garanzia del ministro o del diritto allo sciopero”. 

Perciò l’interesse di UIL e CGIL è difendere la mobilitazione. E non potrebbe essere altrimenti. Un sindacato degno di questo nome, quando si fatica a riempire il carrello della spesa, non può stare a guardare. 

Redistribuire la ricchezza

L’inflazione scaturita da guerra e pandemia, ha bruciato il 10% del potere d’acquisto di salari e pensioni. A una perdita di tale portata, dovevano seguire misure ben precise. Ad esempio, una detassazione degli aumenti contrattuali per incentivare il rinnovo dei CCNL e la detassazione della contrattazione di II livello, soprattutto se si vuole parlare di produttività.

La politica continua a ripetere che la coperta è corta, che mancano le risorse. Ma ciò che manca davvero è una seria lotta contro l’evasione fiscale che ruba alle casse dello Stato – e quindi ai cittadini onesti – ben 100 miliardi di € ogni anno. Il Governo insiste con sanatorie sugli scontrini e concordati preventivi che lisciano il pelo a chi crede di essere più furbo degli altri. Nel frattempo, lavoratori e pensionati, tassati alla fonte, mandano avanti la sanità, i servizi e l’istruzione del Paese. Un’ingiustizia sistemica confermata dalla flat tax, misura in totale contrasto con il principio della progressività, sancito dalla Costituzione e sostenuto perfino da BCE e OCSE.

 

Il favore alle Grandi Banche

Dunque, le risorse ci sono. Il problema è la loro mancata redistribuzione. Questo vale anche per gli enormi profitti incassati in questi anni di crisi da Big Pharma, multinazionali e grandi gruppi bancari. Purtroppo, però, l’esecutivo ha optato per un netto ridimensionamento dell’extra-tassa. Per la precisione, se Draghi aveva individuato circa 11 mila aziende da tassare, il Governo Meloni ha ridotto il numero a 7 mila. Mentre alle grandi banche basterà versare due volte e mezzo il valore dell’extra-tassa nelle proprie riserve indisponibili per glissare tout court la tassazione straordinaria.

Ma non solo. Sempre nell’ottica di redistribuire più equamente la ricchezza si poteva pensare alla tassazione delle transazioni finanziarie o a un incremento delle aliquote sulle rendite da capitali, inferiore di 5 punti percentuali alla media dei paesi OCSE. Tutte proposte presentate nelle piattaforme unitarie del Sindacato e puntualmente ignorate. Dire che si poteva fare di più è ormai un eufemismo.

Diritti acquisiti a rischio

Evidentemente si è preferito fare cassa su lavoratori e pensionati, tradendo la promessa elettorale di mettere in discussione i poteri forti. Ma non è l’unico impegno disatteso. Infatti, il tetto di cristallo è rimasto intatto e opzione donna è stata peggiorata. Stesso destino per l’Ape sociale con cui si riconoscevano specifiche categorie di lavori gravosi e usuranti. Come se non fosse abbastanza, con quota 103 è più difficile andare in pensione, mettendo in discussione i diritti acquisiti di chi ha lavorato una vita intera.

E ancora, nessuna risposta sull’emergenza della sicurezza sul lavoro, nuovi tagli alla sanità e assenza di politiche industriali impongono di incrociare le braccia e scendere in piazza.

Anche stavolta c’è chi parla di weekend lungo. Eppure, chi sciopera paga di tasca propria. Lo stipendio viene decurtato proporzionalmente al tempo non lavorato e non vi è alcuna maturazione del diritto della tredicesima. Per le vacanze, quindi, rimangono valide le ferie. Lo sciopero è decisamente un’altra storia che merita più rispetto.

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