Lo scioglimento dei ghiacciai: tra emergenza e corretta gestione dei territori

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09.09.2022

Lo stato di conservazione dei ghiacciai costituisce un indicatore sensibile del cambiamento climatico che può essere facilmente osservato e monitorato.

È, quindi, ad oggi evidente che dalla metà del Novecento – parallelamente con il massiccio rafforzamento dell’industrializzazione su scala mondiale – i bacini di ghiaccio perenne hanno iniziato a sciogliersi a ritmo elevato, indipendentemente dall’altitudine o dalla latitudine.

Finora, tuttavia, l’entità completa di tale perdita è stata compresa solo parzialmente.

Lo studio (2021) “Accelerated global glacier mass loss in the early twenty-​first century”, pubblicato su «Nature» da un gruppo di ricerca internazionale, ha dimostrato con evidenza scientifica che quasi tutti i ghiacciai del mondo si stanno assottigliando e perdendo massa. Inoltre, tale processo sta subendo una decisa accelerazione nel periodo più recente.

In particolare, la ricerca ha evidenziato una decrescita in volume abbastanza uniforme in tutto il pianeta. La perdita è di circa 267 miliardi di tonnellate nel ventennio 2000 – 2019. Lo scioglimento glaciale, inoltre, è responsabile di un innalzamento del livello del mare pari a circa 0,74 millimetri all’anno durante lo stesso periodo. In generale, quasi la metà della crescita della massa idrica globale è attribuibile all’espansione termica dell’acqua sottoposta a riscaldamento.

Ancora più recenti ed allarmanti sono i dati resi noti da «The Guardian» a fine agosto scorso, che hanno reso noto che non solo la fusione della calotta glaciale della Groenlandia è ormai inevitabile, ma anche che il fenomeno è indipendente da qualsiasi intervento di arginamento da parte antropica degli effetti dei cambiamenti climatici. Dagli stessi dati emerge che tale processo causerà un aumento minimo assoluto del livello del mare di 27 cm dalla sola area groenlandese. Con le continue emissioni di carbonio in atto, il contemporaneo scioglimento di altre calotte polari e l’espansione termica dell’oceano, sembra probabile un aumento del livello del mare di diversi metri da qui al 2100.

Poco ottimistiche sono anche le misurazioni effettuate su scala nazionale (Legambiente, “La Carovana dei ghiacciai”, settembre 2022) che mostrano come i ghiacciai dell’intero arco alpino siano in piena emorragia. Sempre più minacciati – com’è stato negli ultimi trent’anni – dagli effetti della crisi climatica, con una conseguente perdita di superficie e spessore, che ne provoca la disgregazione in entità più minute e determina la dislocazione delle nevi perenni sempre più in alta quota.

Ma i ghiacciai si dimostrano anche sensibili testimoni della qualità dell’aria.

Preoccupa, al riguardo, la presenza ad alta quota del fenomeno del black carbon, costituito da polveri derivanti dall’inquinamento atmosferico di origine antropica proveniente da incendi e da inquinanti che arrivano dalla pianura. Questa componente fa sì che il ghiaccio fonda più rapidamente e la sua presenza, unitamente a tracce di tracce di microplastiche e di vari altri inquinanti, è un altro lampante segnale dell’invadenza dell’impatto antropico.

Non solo. A tutto ciò, infatti, va aggiunto che le minacce di tipo naturale legate ai ghiacciai rappresentano un importante allarme in molte aree montane del mondo, dell’Europa e del nostro Paese. I cambiamenti climatici in corso stanno causando significative modificazioni di tali ambienti, aprendo nuovi scenari di pericolosità: ne è un triste esempio l’incidente avvenuto sulla Marmolada a luglio di quest’anno. Ciò, unitamente alla crescente pressione umana, rende questo tipo di pericoli meritevoli di adeguata attenzione.

È per tutte queste ragioni che, come UIL, ribadiamo l’importanza nel dare priorità agli investimenti che accelerano e favoriscono la transizione ecologica, l’azione per il clima e la tutela dell’ambiente. Riteniamo che il passaggio verso un modello di sviluppo sostenibile sia la strada per tutelare l’ambiente e raggiungere al contempo la piena occupazione. Oggi, bisogna diffondere e fare nostro il messaggio che gli scienziati ci ricordano sugli effetti distruttivi del cambiamento climatico.

Per questo è importante fornire un segnale forte ed inequivocabile a quanti hanno capacità decisionale in materia.

Questo affinché si instauri un deciso cambio di passo, con la consapevolezza che c’è un urgente bisogno di recuperare un metodo condiviso di lavoro tra Governo, Istituzioni e Parti Sociali. Per costruire insieme un modello di sviluppo basato sulla tutela dell’Ambiente e della Sostenibilità.

Parallelamente a ciò, e riconosciuto l’impatto negativo anche in termini di sicurezza sui territori la cui morfologia può essere intaccata e irrimediabilmente alterata dal ritiro delle aree ghiacciate e da altri fenomeni di dissesto idrogeologico, occorre investire massicciamente nella corretta “manutenzione” del territorio e nella prevenzione dei disastri di tipo ambientale di qualsiasi genere.

A questo devono accompagnarsi azioni concrete e condivise, quali: un uso equo ed economico della risorsa idrica, unito alla redazione di seri piani di programmazione. Così come un rafforzamento della sinergia fra scienza, politica e società civile, indispensabile per determinare nuove forme di governance capaci di produrre strategie innovative e misure di adattamento. Infine, l’introduzione di buone pratiche e di percorsi di pianificazione partecipata che sfocino, finalmente, in una forma di “governo integrato” dei territori, capace di tenere insieme e di bilanciare le risorse e i rischi che li contraddistinguono.

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