Federazione CGIL CISL UIL. Quando si realizzò l’unità possibile

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25.07.2023

Quello della Federazione CGIL-CISL-UIL, che vide la luce nel mese di luglio del 1973, rimane il tentativo di unità più “organica” possibile che fino ad ora è stato sperimentato a livello confederale.

Comunque si vogli giudicare questo esperimento, che non ha retto ai successivi conflitti sindacali, sgretolandosi nel 1984, è indubbio che la Federazione è stata almeno lo strumento per cercare di ammortizzare quei conflitti interni che il movimento operaio si portava dietro dalla fine della CGIL unitaria e la nascita delle tre principali confederazioni italiane.

Le divisioni sindacali dopo la Seconda guerra mondiale

Inoltre, nel tentativo unitario va scuramente letta anche la volontà di convogliare (c’è chi preferisce usare il termine “ingabbiare”) la forte spinta all’unità d’azione proveniente da una base operaia molto mutata dalla fine del Secondo conflitto mondiale; la quale alle lotte per il rinnovo dei contratti, univa gli sforzi per la creazione di nuovi spazi di democrazia in fabbrica, con una forte critica al sistema di produzione capitalistico.

Se dopo la guerra il movimento sindacale ritrova la libertà che il fascismo con la violenza gli aveva tolto, esso è risulta però diviso da posizioni ideologiche inconciliabili, che riflettono in maniera plastica le divisioni tra partiti, di cui il Muro di Berlino sarà poi il divisore fisico e ideale.

Ovviamente, ogni sobbalzo nel campo politico, si riverberava anche in quello sindacale, e i momenti di divisione erano di certo la norma rispetto alle azioni di carattere unitario. Ciò, come è facile capire, determinava spesso accordi separati e una “strutturale” maggior debolezza del Sindacato nel suo complesso.

Non a caso, dopo le scissioni, i sindacati sostanzialmente rinunciarono ad ogni potere nel campo del collocamento.

Secondo una statistica internazionale del BIT (Bureau international du travail) che prendeva in esame il “potenziale” di lotta di alcuni Paesi europei dagli anni ’50 fino ai primi ‘60, per quanto riguarda l’Italia censiva un alto numero di lavoratori impegnati negli scioperi, a fronte però di una limitata durata delle agitazioni. Segno, questo, di evidente debolezza del movimento in campo rivendicativo.

L’Italia in trasformazione e l’esigenza di nuove strategie sindacali

L’Italia post-bellica aveva avuto un grande boom economico. Il volto del Paese era cambiato profondamente, ma permanevano forti differenze territoriali tra Nord e Sud del Paese e ciò portò a massicci movimenti migratori interni.

Il grande balzo in avanti dell’Italia era stato però possibile anche con una forte compressione dei salari, mentre i cambiamenti dei processi produttivi subirono potenti accelerazioni tecnologiche, determinando aumenti della disoccupazione.

Questo scenario – insieme alle troppe repressioni manu militari da parte dello Stato nei confronti dei lavoratori in agitazione – richiedevano un ampio rinnovamento strategico del movimento sindacale.

L’unità d’azione ne era uno dei presupposti. Un processo lungo e faticoso, reso possibile anche da quelle nuove generazioni di sindacalisti, immersi principalmente nel lavoro di fabbrica.

L’Autunno caldo

I metalmeccanici giocarono infatti un ruolo fondamentale vero l’unità, soprattutto in quello che viene ricordato come l’Autunno caldo del 1969, pur se le prime avvisaglie unitarie si ebbero già nel 1956 con due scioperi di categoria (lavoratori della terra e ferrovieri), come nel 1959 per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici (“Uniti si vince” era lo slogan).

Il movimento del ’69 fu importante anche per spingere all’approvazione delle Statuto dei lavoratori, che permise di far entrare la Costituzione in fabbrica.

È in questo contesto che la Federazione Unitaria CGIL-CISL-UIL nacque il 25 luglio 1972. Non l’unità che molti avevano sperato, ma una soluzione che comunque darà sbocco positivo a un movimento possente di lotte sindacali e sociali importanti, come quelle vissute negli anni Sessanta.

Furono inoltre introdotti nuovi strumenti come i consigli di fabbrica; si diffuse il metodo sindacale delle piattaforme rivendicative e della contrattazione, nonché si affiancò alla vertenzialità categoriale la lotta per le riforme. Il Sindacato unito si poneva come soggetto politico unitario, argine democratico nella lotta contro gli estremismi e parte importante della lotta contro il terrorismo nero e rosso.

Referendum sulla “scala mobile”. Si rompe l’unità sindacale

La Federazione Unitaria si infrangerà sull’intervento sulla scala mobile, attuato dal Governo Craxi per fermare la corsa dell’inflazione. Però, già nel 1976 Riccardo Lombardi disse: “La mia preoccupazione, in questo momento, è che il processo di unità sindacale […] sia troppo insidiato da una ripresa di tentativi di utilizzazione strumentale dei sindacati come cinghia di trasmissione dei partiti”.

Il referendum sulla scala mobile del 1985 era ancora lontano, ma il vecchio socialista non si sbagliava.

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