Che cos’è l’ecologia?

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28.07.2022

Difficile comprendere gli eventi se prima non si conosce l’origine delle parole, che ne esprimono il vero significato.

Oggi, ovunque, si fa un gran parlare di ecologia: svolta ecologista, green economy, ambientalismo, e così via.

Il tutto associato ad un discorso molto moralistico e poco profondo che suona più o meno così: dobbiamo prenderci cura del nostro ambiente, tutelarlo, non maltrattarlo.

Come se tutto ciò non fosse già abbastanza ovvio e non rientrasse nei limiti di una buona educazione di base. Dico questo perché ricordo che in un intervento pubblico Roberto Calasso si disse ovviamente in sintonia con i sentimenti ecologisti che da ogni parte stavano nascendo e radicandosi nelle persone, purché questi non diventassero una scusa per non pensare.

Il rischio che corriamo oggi è proprio questo: non pensare – o ripensare – sino in fondo il senso della parola ecologia, nonché della sua pratica.

Cosa può voler dire, per i più, praticare una svolta ambientalista?

Affidandoci alla filologia, il termine di cui stiamo discutendo deriva da “oikos”, che significa casa o anche ambiente, e “logos”, che – lo sanno tutti – vuol dire discorso o studio.

Ecologia, quindi, è lo studio dell’ambiente nella sua relazione con chi lo abita: cioè l’essere umano o l’essere vivente tout court.

Di tale aspetto, raramente si sente parlare. Si discute di ecologia come fosse un oggetto a sé, un a priori di fronte al quale attuare una specie di atto di fede. La sua relazione con l’umano, come è il nostro caso, viene data per sottintesa.

Ma in che modo?

Qui iniziano ad aprirsi un po’ di questioni difficili da affrontare complessivamente nello spazio di un articolo.

Prendiamone in esame una che può essere riassunta così: l’ambiente va salvaguardato, adottando un sistema di produzione meno inquinante, trovando energie meno inquinanti, ricorrendo a pratiche tipo il riciclo e il conseguente riutilizzo, quando possibile, di alcuni rifiuti organici. Da tutto ciò non solo è scomparso l’aspetto della relazione fra uomo e ambiente, ma emerge un particolare agghiacciante: la precisa volontà di non voler cambiare radicalmente e realmente la situazione.

In altre parole, si pretende di continuare così come si è fatto fino ad oggi, mantenendo alto il livello produttivo cui siamo tutti abituati, impiegando metodi più rispettosi – così viene detto – per l’ambiente e per esso non nocivi.

Ricordo che, proprio su tale tema, Guido Ceronetti sosteneva che fosse più che mai necessario, per evitare catastrofi, attuare una economia delle decrescita.

Anatemi e maledizioni! Perché “decrescita” non è parola da associare ad “economia”.

Il punto è il significato con cui Ceronetti usava tale termine, intendendo non un ritorno al periodo preistorico o medievale, quanto un cambiamento di attenzione. Verso cosa? Sulle capacità individuali in termini di talento e passione più che su una produttività tirannica e senza fine.

Ceronetti sosteneva – e non era il solo – che grazie all’apporto delle moderne tecnologie – che lui aborriva – l’uomo poteva beneficiare di più tempo libero; e in questo dedicarsi ad una riscoperta del suo rapporto con la natura e l’ambiente ormai perduto. E in virtù di ciò, non solo riscoprire qualità singole insospettate, ma addirittura acquisire una sensibilità maggiore per il mondo in cui vive in termini di cura e rispetto.

Tutto questo viene ignorato nella discussione odierna sull’ambientalismo e l’ecologia.

Ma andrebbe recuperato. Perché un nuovo autentico umanesimo, di cui ovunque si parla, sebbene in modo equivoco e terrorizzante, passa proprio per questa via e non per altre.

Ed è bene iniziare a pensare in tali termini e con maggior consapevolezza se, davvero, teniamo all’ambiente in cui viviamo e lavoriamo.

Pierluigi Pietricola

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