Crisi – Alcune riflessioni dal libro di Jared Diamond
11.02.2022
Sono decenni, oramai, che la parola “crisi” accompagna le vicissitudini del nostro Paese. E questo, ovviamente, a prescindere da quella pandemica che stiamo vivendo in questi ultimi due anni.
Non di rado, quindi, si lavora sotto “stress da contingenza”, con tutto quello che ne consegue in termini di capacità di programmazione nel medo-lungo termine e delle conseguenze sociali connesse ad un incedere nell’emergenza.
La parola “crisi” viene dal greco antico e, ripercorrendo a ritroso la storia di questo termine, si arriva al significato di “scelta”. Sulla qualità e selettività delle scelte ci sarebbe molto da discutere, potrebbe obbiettare qualcuno. E su questo nulla questio.
Jared Diamond di mestiere fa sia il filologo, occupandosi quindi del “significato” (dei testi antichi), che il biologo evolutivo, studiando il come gli organismi cambiano. Ed ha scritto un libro intitolato appunto “Crisi” il cui sottotitolo è per noi di un certo interesse: “Come rinascono le nazioni”. Tra le nazioni prese in considerazioni non c’è l’Italia, ma sono presenti paesi come Finlandia, Giappone, Cile, Indonesia, Germania, Australia e Stati Uniti.
Diamond analizza fatti storici e scelte che hanno consentito a queste nazioni di uscire da crisi molto importanti, e che potevano essere ferali rispetto alla tenuta del Paese. Senza trascurare il fatto che, in alcuni momenti, bisogna fare scelte non facili, che difficilmente potrebbero essere comprese fino in fondo se non si tiene conto del contesto di partenza.
Prendiamo l’esempio del Giappone, che durante il Periodo Meiji (1868-1912), ed attraverso una serie di scelte mirate e selettive dei migliori (o più congeniali) modelli stranieri, riesce a diventare un paese moderno, uscendo da una situazione retrograda e feudale. Riforma dell’esercito, avvalendosi di istruttori francesi e tedeschi. Reclutamento della burocrazia non in base alla verifica della cultura filosofica confuciana, ma con test su quella occidentale, minando da qui le tradizionali basi classiste della società del tempo. Creazione di un fisco nazionale, al posto del sistema basato sui daimyo (i vecchi domini tramutati ora in prefetture). Riforma della giustizia di stampo anch’essa occidentale, con un codice penale e commerciale di stampo tedesco e quello civile di estrazione mista francese, inglese e giapponese. Abolizione della pena capitale e della tortura, per avere rispettabilità internazionale. Una nuova Costituzione anche questa sul modello tedesco. Un piano di investimenti in infrastrutture. Tutto fu applicato in maniera progressiva, seguendo un disegno unificante di sviluppo.
Ma Diamond ci presenta una riflessione in più, e forse non banale. Interseca storie e vicende nazionali (e quindi sociali) con i presupposti tipici necessari a che le crisi individuali possano essere superate.
Il primo di questi fattori è il riconoscimento dello stato di crisi. Seguono l’accettazione della responsabilità personale; l’identificazione e delimitazione del problema da risolvere, perché fondamentale è il cambiamento “selettivo”; chiedere aiuto agli altri; gli altri come modello; forza dell’io; capacità autocritica; esperienze di crisi pregresse; pazienza; flessibilità; valori fondanti; libertà dalle costrizioni. Tutte questioni che, se declinate in senso sociale, richiamano alla responsabilità delle azioni, alla attenzione per la complessità dei problemi, a rafforzare la cooperazione, ad avere un’idea di futuro, legata ad un’idea di società.
Questo, utilizzando le parole di Paolo Pombeni (La buona politica, il Mulino, 2019), sempre “attraverso la promozione di una coscienza sociale circa l’esistenza di un «bene comune» che va gestito e salvaguardato da tutti (come) uno dei compiti della ricostruzione del senso di appartenenza a una comunità di destini”.
di Raffaele Tedesco
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