C’è davvero un’età giusta per fare tutto?
19.01.2023
A 20 anni devi studiare, a 30 fare dei figli, a 40 lavorare per pagare il mutuo. A 50 anni inizi a sognare la pensione. A 60 inizi a rallentare e a 70 finalmente ti godi la vita. Sembra che fin da piccoli passi il messaggio che esiste un’età giusta per fare ogni cosa, che la società odierna riversi su di noi diverse aspettative: la carriera lavorativa, il matrimonio, i figli. Sembra semplicemente che la vita di ognuno di noi funzioni secondo un orologio.
Ma perché?
Ci sembra più facile vivere categorizzando tutto e tutti, sapendo esattamente cosa fare e quando farlo e quindi avendo dei traguardi da raggiungere entro un determinato arco di tempo. Possiamo considerarlo un atteggiamento quasi “difensivo” dell’essere umano, in quanto non veniamo giudicati se seguiamo le tappe standard, ma al contrario possiamo andare incontro a giudizi affrettati di altri se ad esempio a 40/50 anni torniamo all’università.
Ma questo ha un nome preciso: pressione sociale, ovvero l’ansia di rimanere indietro con le tappe della propria vita che la società giudica consone per l’età di riferimento, l’ansia di deludere sé stessi e le aspettative degli altri, del mondo esterno.
L’esempio della pressione scolastica
Questo crea una sorta di competizione fra le persone stesse, come nella scuola: gli alunni, sin dalle scuole elementari, si sentono inferiori ai propri compagni per via delle valutazioni fatte dai docenti e dei risultati raggiunti. Spesso non raggiungere determinati risultati provoca addirittura un senso di vergogna. La maggior parte dei giovani si sente sotto pressione a causa della competizione che nasce proprio tra i banchi di scuola e che spesso può sfociare in depressione. La conseguenza di ciò è che la depressione influenza negativamente il rendimento scolastico e aumenta il senso di inadeguatezza nei giovani.
Questa “competizione” cresce sempre di più andando avanti negli anni, fino a raggiungere il suo apice all’università.
La vita non è una legge universale
C’è chi si laurea a 22 anni e trova lavoro a 30; c’è chi si laurea a 30 anni, ma lavora già da anni; c’è chi non si sposa, ma ha figli; c’è chi si sposa giovane e chi invece a 40 anni è ancora single. La società ci impone di conformarci ad essa secondo alcune regole che determinano le fasi della nostra vita, ma lo fa partendo da una condizione in cui sono la fretta e la velocità a regolare il mondo. Talvolta, è talmente veloce che si ha il cosiddetto effetto “ruota del criceto”, per cui ci muoviamo velocissimo e costantemente, ma con la sensazione di non avere una meta.
Bisognerebbe far capire, soprattutto ai giovani, che non è un voto a determinare una persona, come non lo sono il matrimonio o la procreazione.
In realtà non esistono orologi, tempi, ritmi. Ad esempio, se ci fosse un cosiddetto late bloomer? Ovvero una persona che “sboccia tardi”? Che, pur sembrando indietro rispetto ai coetanei, sviluppa talenti e capacità successivamente, talvolta superandoli anche? Di fatto persone che aspettano il momento giusto per sbocciare?
Credo che ognuno abbia i propri tempi, ogni persona è unica, non può e non deve in nessun modo paragonarsi agli altri.
Steve Jobs ci ricorda che “il tempo a tua disposizione è limitato, per questo non perderlo vivendo la vita di qualcun altro.”
Bisogna seguire la propria felicità, stare bene con sé stessi e non preoccuparsi del giudizio altrui, perseguire i propri obiettivi con determinazione e non mollare mai, neanche davanti agli ostacoli.
Fabiola Frassia, Giovane Avanti!
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