Care economy: Il 40% dei lavori del futuro

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11.02.2022

In ogni ambito, il mondo del lavoro sta cambiando. A cambiare sono anche le professioni.

Quando parliamo di professioni del futuro, facciamo quasi sempre riferimento alle nuove tecnologie e al mondo digitale (ne abbiamo parlato qui, ad esempio).

Quella digitale, però, non è l’unica realtà interessata da uno stravolgimento dei profili, anzi! Pur scontando tutta l’incertezza sullo stesso concetto di “dopo”, alcuni settori emergono chiaramente come crescenti per ragioni naturali.

Sono tantissime le professioni che si stanno ri-organizzando, reinventando, riscrivendo in un’ottica orientata al futuro e alle “nuove” esigenze.

Oggi vogliamo parlare del vasto mercato della Care economy (economia dell’assistenza).

Sotto l’etichetta “Care Economy” rientra il lavoro di cura e ciò che fa parte dell’economia dell’assistenza, ovvero un insieme di attività legate agli aspetti fisici, emotivi e psicologici dell’assistenza, che si potrebbe ricondurre alle macrocategorie di Sanità e dei Servizi Sociali. È il caso, ad esempio, dell’assistenza a bambini, anziani e disabili, ma anche attività di intrattenimento extra lavorative legate alla “cura” della persona.

Per spiegare perché i lavori della care economy rappresenteranno quasi il 40% dei lavori del futuro occorrono due premesse:

  •   In primo luogo, il coronavirus ci ha scoperti vulnerabili, non solo dal punto di vista fisico, ma anche da quello mentale, richiedendo sempre maggiore assistenza fisica e psicologica.
  •   Inoltre, soffermiamoci su un’altra considerazione: la popolazione mondiale vive più a lungo che in qualsiasi altro momento della storia. Le popolazioni di tutti i paesi stanno invecchiando, anche nei paesi che attualmente hanno tassi di fertilità relativamente alti. In Italia, dalle previsioni della popolazione residente dell’Istat, emerge che l’età media si attesta intorno ai 50 anni, anche perché vi è un calo significativo delle nascite (di cui abbiamo parlato qui).

Ecco perché verrà richiesta sempre maggiore assistenza.

E anche gli investimenti pubblici vanno in questa direzione. I governi hanno capito che rafforzare il proprio sistema sanitario rappresenta la prima arma per fronteggiare il futuro, così come investire nell’istruzione e nella formazione di professionisti che operino in questi settori.

Non a caso, la domanda di assistenza all’infanzia e agli anziani è in aumento in tutte le Regioni. E questo creerà un gran numero di posti di lavoro nei prossimi anni.

Non solo medici e infermieri, come si dice da tempo, ma anche fisioterapisti, preparatori atletici, psicoterapeuti, educatori, tecnici capaci di utilizzare le tecnologie e applicarle al mondo sanitario.

La pandemia ha ridisegnato il mercato del lavoro, si richiedono profili con determinate competenze tecniche ma anche con skills trasversali, come empatia, intelligenza emotiva, e attitudine alla relazione (ne abbiamo parlato qui).

Nuovi professionisti che agiranno in ambiti diversi: ad esempio vendite, marketing, gestione dei dati e intelligenza artificiale per citare alcuni esempi ma anche gestione delle persone, welfare aziendale e acquisizione di nuovi talenti.

La care economy, insomma, si inserisce da protagonista all’interno del mondo del lavoro post-covid e orientato al futuro.

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