Capacità dei giovani: siamo sicuri di saperle sfruttare?

4' di lettura
Mi piace!
0%
Sono perplesso
0%
È triste
0%
Mi fa arrabbiare
0%
È fantastico!!!
0%

14.07.2022

Ormai si sa, l’Italia non è un paese per giovani. Ormai sembra che, a parte lodevoli iniziative volte a stimolare l’inclusività sociale e ad aumentare gli stanziamenti per l’istruzione e ricerca, neanche si provi più a valorizzare le competenze delle giovani generazioni. Loro, intanto, se laureati (pochi) se ne vanno all’estero, altrimenti restano senza lavoro qua da noi.

Giovani: la fuga di cervelli

Gli ultimi dati Istat dicono che nel 2018 sono partiti 117 mila italiani di cui 30 mila laureati. Negli ultimi dieci anni i trasferimenti all’estero per motivi di lavoro sono aumentati del 42%. Inoltre, quasi tre cittadini italiani su quattro che si sono trasferiti hanno 25 anni o più. Sono poco più di 84 mila (72% del totale degli espatriati) e il 32% di essi sono laureati. Rispetto al 2009, l’aumento degli espatri di laureati è più evidente tra le donne (+10%) che tra gli uomini (+7%).

Il rapporto della Corte dei Conti dal quale sono presi questi dati (Referto sul sistema universitario 2021) esamina anche le relative criticità del fenomeno. La ricerca scientifica non è carente in sé – vediamo continuamente le eccellenze italiane in questo campo che emergono a livello internazionale – ma lo è il suo sistema. Ad esempio, investimenti pubblici al di sotto della media europea (quindi con basse remunerazioni e quindi poca competitività con altre nazioni). Per non parlare di un’eccessiva complessità (sai che novità) sul fronte della programmazione e dell’esecuzione.

Inoltre, i programmi di istruzione e formazione professionale sono sempre più sotto finanziati. L’Italia dal 2008 ad oggi si è sempre posizionata agli ultimi posti per quanto riguarda la spesa dedicata all’istruzione – sempre al livello di Bulgaria, Irlanda e Romania. Nonostante ciò è stata la nazione europea ad aver effettuato più tagli in materia in questo lasso di tempo.

Infine, sempre secondo il rapporto, esiste una grave relazione tra le diseguaglianze presenti nel nostro paese e l’accesso al sistema universitario, che ricordiamo essere pubblico. “Il mancato accesso o l’abbandono dell’istruzione universitaria dei giovani provenienti da famiglie con redditi bassi è dovuto oltre che a fattori culturali e sociali, al fatto che la spesa per gli studi terziari, caratterizzata da tasse di iscrizione più elevate rispetto a molti altri Paesi europei, grava quasi per intero sulle famiglie. Vista la carenza delle forme di esonero dalle tasse o di prestiti o, comunque, di aiuto economico per gli studenti meritevoli meno abbienti”.

La disoccupazione giovanile

Non solo fuga di cervelli, ma anche mancato impiego di quelli che rimangono nel Paese. La disoccupazione giovanile in Italia si attesta intorno al 26%. Circa dieci punti percentuali sopra alla media europea. Il nostro Paese si classifica come uno dei peggiori in Europa insieme a Grecia e Spagna, con quest’ultima che ha da poco attuato anche una grande riforma del lavoro.

Ad incidere negativamente sono la carente integrazione tra sistema scolastico e mercato del lavoro. A discapito delle innumerevoli riforme dell’alternanza scuola-lavoro, la carenza di competenze nell’area STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics) e un disallineamento tra l’offerta formativa degli istituti scolastici e le competenze richieste dal mercato del lavoro. Ciò soprattutto riguardo alle soft skills, ovvero quelle capacità relative ai tratti della personalità, alle attitudini, agli stili di comunicazione e a tutte le doti empatiche ed espressive così denigrate durante il percorso formativo e che invece sono sempre più fondamentali e richieste nel mercato del lavoro.

In sostanza nel nostro Paese non facciamo abbastanza per i giovani. Le basse spese per istruzione e ricerca, la carenza di competitività con l’estero, il disallineamento tra offerte formative e mercato del lavoro e più in generale tra il sistema scolastico e quest’ultimo fanno sì che esplodano i fenomeni della fuga di cervelli e della disoccupazione giovanile. Si creano così problemi attuali per la tenuta sociale ed economica del Paese e se ne prospettano di futuri per quanto riguarda la sostenibilità del sistema economico. Così non basta, urgono investimenti e più attenzione. Le nuove generazioni vanno valorizzate!

 

Riccardo Imperiosi, Giovane Avanti!

Articoli Correlati