2022: L’ANNO DELLA FAME 

5' di lettura
Mi piace!
0%
Sono perplesso
0%
È triste
0%
Mi fa arrabbiare
0%
È fantastico!!!
100%

29.12.2022

Natale è appena passato e mai come quest’anno regali e tavole imbandite sono state per pochi, anzi pochissimi. Infatti, proprio nel 2022 è stata registrata una crisi alimentare senza precedenti, la più grave della Storia.

Lo segnala l’ultimo rapporto sullo “Stato della sicurezza alimentare e della nutrizione nel mondo” pubblicato dall’ONU e da altre agenzie specializzate nel settore. I dati emersi sono sconcertanti. Ben 828 milioni di persone soffrono la fame. Sono invece 345 milioni quelle che vivono una seria insicurezza alimentare (135 milioni in più rispetto il 2019) e 49 milioni quelle “sull’orlo della carestia”.

Chi non mangia e chi spreca

Un quadro, purtroppo, di facile interpretazione, dovuto a diversi fattori sia strutturali che contingenti. In primo luogo, c’è la trappola della povertà: la condizione esistenziale di chi non può nutrirsi in modo adeguato tanto da non avere energia per qualsiasi attività. Sono donne e uomini che non possono lavorare e di conseguenza non possono procurarsi cibo. Un  circolo vizioso fatale che può e deve essere spezzato aumentando gli investimenti nell’agricoltura per finanziare strade, magazzini, macchinari o sistemi di irrigazione. Senza, il costo di trasporto del cibo diventa eccessivo e vengono a mancare le scorte alimentari. È lo scenario tipico del Terzo Mondo dove da mangiare scarseggia. Intanto, paradossalmente, nei paesi ricchi si spreca. Parliamo di 1,3 miliardi di tonnellate di alimenti non consumati. Uno sperpero insensato di risorse che potrebbero fare la differenza se meglio distribuite.

Lontani dall’obiettivo 2030

A questi fattori di lungo periodo si aggiungono altre dinamiche contingenti. In primis, l’instabilità dei mercati. Negli ultimi anni, il prezzo del cibo è diventato più sensibile alle turbolenze finanziarie e i frequenti rialzi dei costi hanno costretto sempre più persone a ripiegare su cibi economici e non nutrienti. Addirittura, molte hanno dovuto rinunciare ad acquistarli. Casi estremi su cui hanno impattato anche gli effetti del cambiamento climatico. Questi, infatti, non solo uccidono, ma distruggono raccolti e mezzi di sostentamento, mettendo a repentaglio la capacità di nutrirsi di intere popolazioni.

In tutto ciò, la guerra in Ucraina non ha aiutato. Innanzitutto, perché, come prevedibile, i conflitti sono la principale causa della fame nel mondo. Tanto è vero che il 60% degli affamati vive in zone di guerra e violenza. Secondo poi, perché il conflitto in Ucraina riguarda i maggiori produttori di cereali e fertilizzanti, danneggiando il sistema di approvvigionamento alimentare mondiale.

Se aggiungiamo anche le devastanti ricadute della pandemia, va da sé che l’obiettivo ONU di sconfiggere la povertà entro il 2030 è sempre più lontano. Lo ha sostenuto lo stesso Presidente dell’IFAD Gilbert F. Houngbo dopo aver osservato i dati: “Sono cifre deprimenti per l’umanità. Continuiamo ad allontanarci dal nostro obiettivo di sconfiggere la fame entro il 2030. Molto probabilmente, gli effetti a catena della crisi alimentare mondiale peggioreranno il dato anche l’anno prossimo. Abbiamo bisogno di un approccio più deciso per sconfiggere la fame. L’IFAD è pronto a fare la sua parte, rafforzando le proprie attività e i relativi effetti. Ci auguriamo di avere il sostegno di tutti”.

Soluzioni di lungo e breve periodo

Come già anticipato, una prima mossa utile a fronteggiare lo spettro della fame è incrementare gli investimenti nel settore agricolo e alimentare. Ma lo stesso rapporto dell’ONU precisa che, in realtà, il sostegno economico in questo frangente non manca. In effetti, a livello mondiale, la media del capitale destinato al settore tra il 2013 e il 2018 è di quasi 630 miliardi USD all’anno.

Il problema è nel suo impiego e nella sua distribuzione. Gran parte delle risorse non raggiunge molti agricoltori ed è dedicata a produzioni né eco-sostenibili, né adatte a una sana alimentazione. Si tratta spesso di sussidi al reparto degli alimenti di base, lattiero-caseari e di altri alimenti di origine animale, erogati nei paesi con un reddito medio-alto. Quindi, si investe più in carne che in verdura e, in ogni caso, non nei paesi poveri.

Perciò, più che ragionare su quanto si sostenga il settore agricolo, è necessario investire meglio e a favore delle zone a basso reddito. Solo così potremo godere di diete sane, ecosostenibili e a basso costo in tutto il mondo. Senza dubbio è un cambiamento radicale, per cui servono anni e interventi complementari per la lotta all’emergenza climatica e la risoluzione dei conflitti. Ma si può agire anche nel breve termine. I primi miglioramenti, infatti, possono arrivare assistendo tempestivamente i rifugiati e riducendo drasticamente gli sprechi alimentari.

Sull’orlo della catastrofe

Tutto sta nella volontà politica della comunità internazionale e dei grandi marchi del settore. La posta in gioco è alta. Lo dichiara senza mezzi termini David Beasley, Direttore Esecutivo del WFP“Esiste il pericolo reale che questi dati peggiorino ancor più nei prossimi mesi. Le impennate nei prezzi mondiali di alimenti, carburanti e fertilizzanti a cui assistiamo, a seguito della crisi in Ucraina, minacciano di spingere paesi di tutto il mondo sull’orlo della carestia. Ne conseguiranno una destabilizzazione a livello mondiale, morte per inedia e migrazioni di massa senza precedenti. Dobbiamo agire oggi per scongiurare questa catastrofe incombente”.

Articoli Correlati