11 settembre: riflessioni storiche sulle cause di una tragedia

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11.09.2022

La mattina dell’11 settembre 2001, un quarto d’ora prima delle 9 e un paio di minuti dopo le 9 (da noi erano le 15 circa), due aerei colpirono in successione le cosiddette Torri Gemelle del World Trade Center di New York, gli edifici più alti della città (più di 400 metri ciascuno, 110 piani).

Le torri presero fuoco. Diverse persone intrappolate dagli incendi preferirono morire gettandosi nel vuoto piuttosto che bruciate. Altri due aerei entrarono in azione, uno colpì il Pentagono e un altro si schiantò a terra. Con il passare dei minuti e delle ore, si chiarì che si era trattato del dirottamento da parte di terroristi di quattro arei di linea utilizzati come bombe contro luoghi simbolo della potenza americana. Il quarto non colpì alcun obiettivo per la rivolta dei passeggeri contro i terroristi dirottatori. Negli attentati morirono 2977 persone, oltre ai 19 dirottatori.

Gli autori della strage erano militanti dell’organizzazione islamista sunnita al-Qaeda, la Base, il cui leader era Osama bin Laden, saudita, già combattente contro i Sovietici in Afghanistan, invaso dai Russi nel 1979. L’anno 1979 fu anche quello della rivoluzione iraniana, anch’essa islamista, ma di stampo sciita. L’islamismo utilizzava la religione a scopo politico. L’Islam è diviso in due correnti principali, sunniti e sciiti, entrambe attraversate negli ultimi decenni da possenti movimenti integralisti, soprattutto dopo il fallimento dei tentativi nazionalisti e socialisti di modernizzazione.

La storia ebraica del tempo dei Romani e del Regno di Giuda ci offre due termini significativi per descrivere le due opposte reazioni all’espansione della cultura occidentale, all’epoca nella sua prima espressione greco-romana: quella degli zeloti, integralisti, e quella degli erodiani, aperti alla modernizzazione, come lo era la corte di Erode.

Lo storico inglese Arnold Toynbee, che riprese e utilizzò la dicotomia zeloti-erodiani per descrivere già negli Anni Cinquanta cosa si muoveva nel mondo islamico, e più in generale nel mondo non occidentale, in relazione al mondo occidentale, osservò tra l’altro che gli zeloti prediligevano radicarsi in regioni sterili e scarsamente popolate, mentre gli erodiani preferivano le città. Le basi di Al-Qaeda nell’Afghanistan talebano più inaccessibile, come la zona di Tora-Bora, confermano a distanza di tanti anni le sue valutazioni. Lo stesso fenomeno si è successivamente verificato con l’ISIS, lo Stato Islamico, e i suoi santuari in Siria e in Iraq. Islamismo radicale feroce quello dell’ISIS, sorto nel 2006 e sconfitto nel 2017, ma in rotta anche con Al-Qaeda.

Le reazioni nel Mondo agli attentati dell’11 settembre 2001 furono prevalentemente solidali con gli Stati Uniti, che reagirono attaccando l’Afghanistan dopo i ripetuti rifiuti del regime islamista talebano di consegnare i capi di Al-Qaeda. Tutt’altra situazione si verificò con la guerra all’Iraq del 2003, che divise gli Occidentali e fallì clamorosamente gli obiettivi di costruzione con la forza di Stati democratici in Iraq e in Afghanistan. L’abbandono americano dell’Afganistan nell’agosto 2021 e il ritorno al potere dei talebani chiusero la vicenda nel peggiore dei modi e riprecipitarono le donne afghane in un terribile stato di oppressione.

Anche le cosiddette Primavere Arabe, iniziate nel 2010, furono accolte con qualche eccesso di superficialità in Occidente. I giovani che invocavano democrazia e libertà non avevano modo di prevalere contro le forze organizzate dei regimi e degli islamisti. Il quadro democratico resse solo in Tunisia. In Egitto, al crollo di Mubarak seguirono prima la vittoria elettorale degli islamisti (Fratelli Musulmani) e poi la restaurazione di al-Sisi. In Siria, il regime fu salvato dall’intervento di Russia, Iran e Hezbollah. Lo Stato libico finì in pezzi.

Anche l’Europa dopo l’11 settembre è stata teatro di terribili stragi islamiste. Quelle di Al-Qaeda (Madrid 2004; Londra 2005) e quelle dell’ISIS (Parigi 2015; Nizza 2016; Berlino 2016). Ricordiamo inoltre l’assassinio ad Amsterdam del regista Theo” van Gogh ad opera di un estremista islamista (2004); la rappresaglia, rivendicata dalla branca yemenita di Al-Qaeda, contro la sede del giornale satirico Charlie Hebdo che aveva pubblicato vignette su Maometto (Parigi, 2015); il recentissimo attentato del 12 agosto 2022 contro lo scrittore Salman Rushdie, colpito a suo tempo da una fatwa di Khomeini per il libro I Versi Satanici (1988).

Non demonizzare le sue vaste comunità di cultura islamica ma saper individuare e reprimere le minacce islamiste: questa la sfida per l’Europa. Richiede anche che in seno a queste comunità prenda forza la determinazione di contrastare una visione aggressiva dell’Islam e la voglia di integrazione. Il problema non è solo quello del terrorismo, ma anche dei comportamenti sociali. Ad esempio, le aggressioni subite da un gran numero di donne a Colonia in occasione del Capodanno 2015-2016 da parte di una massa di uomini immigrati e profughi di cultura islamica dice quanto profonda sia la faglia che si può determinare nella società.

L’11 settembre è stato anche un giorno clou nella diffusione del complottismo anti-occidentale, con le sue odiose venature anti-ebraiche. I social hanno poi offerto grandi spazi al dilagare di questi veleni, fino all’attuale guerra ibrida, di cui è maestra la Federazione Russa.

Le tensioni crescenti tra Cina e Russia versus il mondo occidentale disegnano un quadro profondamente diverso da quello dell’11 settembre, che era unipolare ma tutto sommato più coeso. Oggi si delinea un mondo multipolare, con gli Stati Uniti ancora preminenti ma non unico dominus. L’Occidente oggi è sfidato non solo dall’islamismo, ma anche la Cina di Xi Jinping e la Russia di Putin sono in una fase conflittuale nei suoi confronti.

L’Islamismo, va detto, preoccupa anche la Russia e la Cina. Toynbee era convinto che non fosse possibile per il resto del mondo per competere con l’Occidente prendere la tecnologia occidentale, a cominciare dalle armi, e non anche la cultura, ma la Cina sembra aver fatto proprio questa scelta: capitalismo sì, democrazia no. Intanto, l’invasione russa dell’Ucraina ci ha portato qualche passo in più dentro un passato che pensavamo di esserci lasciati alle spalle per sempre.

Roberto Campo

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