Il 1° maggio tra lotta e festa
01.05.2025
La II Internazionale decise nel 1889 di organizzare una grande manifestazione da tenersi in simultanea in tutte le nazioni. Il tema unificante sarebbe stata la rivendicazione della riduzione della giornata lavorativa a 8 ore. La proposta di tripartizione della giornata conquistava adesioni convinte tra i lavoratori, con epicentro nel sindacalismo americano: Eight hours we’d have for workin’, eight hours we’d have for play / Eight hours we’d have for sleeping, in free Americay! (8 ore di lavoro, 8 ore di svago / 8 di sonno nella libera America!) – come recitava un canto sindacale statunitense, sulla melodia della nota marcia britannica British Grenadiers. La data prescelta per la mobilitazione internazionale fu il 1° maggio 1890, già individuata dalla AFL (American Federation of Labor) per una sua manifestazione per le Otto Ore.
1° maggio e 8 ore si erano già presentati insieme quattro anni prima, nel 1886, a Chicago. Ci furono morti e feriti tra i dimostranti e la polizia, cui seguì una durissima repressione, con anche esecuzioni. L’Internazionale voleva mantenere il carattere rivendicativo dell’iniziativa del 1° maggio ma non voleva si ripetessero volenze: lotta e festa dovevano caratterizzare la giornata internazionale. Filippo Turati aderì con entusiasmo alla proposta dell’Internazionale. Era sua convinzione che individuare di volta in volta la rivendicazione più unificante e stimolante fosse utile per la crescita del movimento operaio. Le speranze e le difficoltà di quegli anni sono tra l’altro raccontate da Edmondo De Amicis in un suo romanzo intitolato appunto Primo Maggio, un inedito pubblicato dall’Istituto Studi Sindacali della UIL. Gli organizzatori delle manifestazioni tennero fede all’impostazione pacifica scelta dall’Internazionale, ma i Governi risposero prevalentemente con la repressione, che in Italia fu esasperata, fino al punto di proibire il canto dell’Inno dei Lavoratori scritto da Turati (Su fratelli e su compagni / Su venite in fitta schiera / Sulla libera bandiera / Sorge il Sol dell’Avvenir!).
La scelta repressiva raggiunse il culmine in Italia con l’eccidio di Milano del 1898, quando il Generale Bava Beccaris prese a cannonate la folla che protestava per il caro-pane, uccidendo 83 dimostranti. Il sindacalismo italiano all’epoca consisteva di Società Operaie di Mutuo Soccorso e di Leghe di Resistenza. Erano in arrivo le nuove Camere del Lavoro, la prima delle quali fu quella di Milano, fondata nel 1891. Si stavano formando allora le prime federazioni nazionali di mestiere (quella degli edili nacque nel 1886), mentre la confederazione nazionale era ancora di là da venire, ma già si scorgeva quell’organizzarsi su due livelli tra loro intrecciati, quello verticale di mestiere/industria e quello orizzontale territoriale, che sarà un punto di forza del sindacalismo italiano.
Lo Stato era assente o apertamente ostile al movimento dei lavoratori. Ciononostante, il movimento sindacale crebbe, scontando sconfitte, come quella della rivolta contadina del Polesine del 1882-85 e quella dei Fasci siciliani del 1891-94, ma ottenendo anche risultati importanti. Due episodi su tutti: il primo grande sciopero italiano (1877), quello di Biella, capitale industriale tessile, che sancì la validità del primo atto di relazioni industriali, il regolamento redatto dal giurista socialista Pasquale Stanislao Mancini, che gli industriali lanieri in un primo momento accettarono, ma poi tentarono invano di rigettare per tornare ai vessatori patti di lavoro unilaterali; il vittorioso sciopero generale di Genova del 1900 in risposta alla chiusura della Camera del Lavoro da parte del Prefetto, che determinò la caduta del Governo Saracco e l’insediarsi del Governo Zanardelli, con Giovanni Giolitti Ministro dell’Interno, che compì una svolta decisiva nel rapporto tra il Governo e il movimento operaio, non più visto pregiudizialmente come nemico.
Ne seguì una fioritura organizzativa e rivendicativa a cominciare dall’anno 1901, una sorta di primo autunno caldo, nel corso del quale nacquero le federazioni nazionali di mestiere dei metallurgici (FIOM) e dell’agricoltura, incentrata sui braccianti (Federterra), che saranno promotrici nel 1906 della costituzione della confederazione nazionale, la CGdL (Confederazione Generale del Lavoro). Il sindacato nelle sue diverse articolazioni di categoria e territoriali fu saldamente diretto dai riformisti, a differenza di quanto avvenne nel Partito Socialista, in cui prevalsero gli inconcludenti massimalisti.
La festa/lotta del 1° Maggio si arricchì di contenuti non solo rivendicativi, ma di libertà e democrazia, come il riconoscimento universale dei diritti politici. Il suffragio universale maschile si otterrà nel 1912, ma per quello universale si dovrà attendere il 1945.
Quanto alle Otto Ore giornaliere/48 settimanali, l’obiettivo principe del 1° Maggio, accordi sindacali cominciarono ad ottenerle, come nel caso delle mondine di Vercelli nel 1906 o dei metallurgici nel 1919; il Regio Decreto 692 del 1923 (convertito nella legge 473 del 17 aprile 1925) le recepì ed estese a tutti i lavoratori. In parallelo alle conquiste sindacali e democratiche, il 1° Maggio mosse i suoi passi da “festa ribelle” poggiante sullo sciopero a festa istituzionale del Lavoro, a cominciare dal livello comunale, come nel caso di Imola, che lo proclamò festa municipale. Il Fascismo lasciò sulla carta le Otto Ore del Decreto Regio e sostituì il 1° Maggio Festa dei Lavoratori con il 21 Aprile Natale di Roma e Festa del Lavoro. Bisognerà aspettare il 1945 per il ripristino del 1° Maggio e il suo carattere di giorno festivo.
Già nel 1944 si era tentato di organizzare il 1° Maggio nell’Italia liberata dai nazi-fascisti, ma non fu trovato un accordo tra sindacalisti e partiti del CLN sul carattere sindacale e/o partitico della Festa. Il primo 1° Maggio della Repubblica Italiana sarà, dunque, quello del 1945, organizzato dalla CGIL unitaria. Quanto alle Otto Ore, esse saranno riconquistate per via contrattuale – come vedremo.
La stagione unitaria fu breve, a causa dell’incombere della guerra fredda. Nel 1948 cominciarono le scissioni della CGIL unitaria, che si conclusero nel 1950, con il sindacato confederale italiano articolato su tre organizzazioni maggiori, la CGIL, la CISL e la UIL. La nascita della UIL significò il rifiuto di riprodurre nel sindacato il muro contro muro della guerra fredda e diede vita ad una terza forza sindacale, non perché i sindacalisti che costituirono l’Unione Italiana del Lavoro fossero meno critici verso lo stalinismo, ma perché volevano rendere sempre possibile l’unità d’azione sindacale sui temi del lavoro pur nella divisione politica. Questo è quanto leggiamo anche nel manifesto-appello della UIL ai lavoratori per il 1° Maggio 1950: Questo 1° Maggio sia la “Giornata per l’unità d’azione sindacale”. In realtà, nemmeno nel 1951 si poté celebrare un 1° Maggio unitario perché i rapporti rimasero difficili dopo il completamento delle scissioni.
I valori che la UIL proclama non si limitano agli obiettivi di miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, ma sono quelli della libertà, della democrazia, della fratellanza internazionale, della pace.
In quei durissimi anni Cinquanta, inoltre, è la UIL la prima a riprendere il tema delle 8 ore, indissolubilmente legato al 1° Maggio, e dell’inapplicato Decreto Regio. A partire dall’Autunno Caldo del 1969, CGIL, CISL, UIL, finalmente insieme, riusciranno a conquistare definitivamente le 8 Ore e a far scendere l’orario settimanale dalle 48 alle 40 ore, passando per le 44.
Come sappiamo, la vicenda sindacale del Secondo Dopoguerra è stata ricca di momenti unitari, ma anche di divisioni drammatiche. La Federazione Unitaria 1972-84 e la Concertazione 1992-93 sono stati i momenti unitari più significativi. Nel 1990, CGIL, CISL, UIL hanno festeggiato i 100 anni del 1° Maggio, fiduciose nella solidità della ritrovata unità d’azione che di lì a un paio d’anni le vedrà protagoniste dell’ingresso dell’Italia nella nuova fase della UE e della moneta unica in un quadro di crollo del sistema politico. Purtroppo, però, con il bipolarismo della cosiddetta Seconda Repubblica, a partire dal 1994, spesso hanno nuovamente prevalso le divisioni. Dal 2014, si è ripresa un’unità d’azione, con un grande impegno profuso in questo senso dalla UIL, che ha anche posto l’obiettivo di una nuova Federazione Unitaria, per affrontare con più probabilità di successo i cambiamenti dirompenti in atto e le necessità di profonde riforme del Paese. Non sempre il livello di convergenza unitario è stato soddisfacente e adeguato ai tempi e ai problemi.
Le celebrazioni unitarie del 1° Maggio hanno contribuito a scrivere un’agenda dell’azione confederale unitaria. La consuetudine della scelta di un tema-guida e di un luogo significativamente connesso al tema prescelto per la manifestazione nazionale ha in un certo senso realizzato l’auspicio di Filippo Turati, che immaginava che oltre al tema delle 8 Ore, si potesse di volta in volta porre all’attenzione del movimento tutto ulteriori obiettivi unificanti. E di 1° Maggio inteso come festa ma anche come lotta c’è ancora tanto bisogno, così come della dimensione sovranazionale che lo ha caratterizzato fin dal primo momento, per rinnovare quel compromesso riformista che ha funzionato nei primi trent’anni dopo la seconda guerra ma non funziona più adeguatamente ormai da diversi decenni e va rinnovato e aggiornato affinché sia confermato nei suoi valori di fondo e nei suoi obiettivi di inclusione.
Roberto Campo – Presidente dell’Istituto Studi Sindacali “Italo Viglianesi”
Il testo è tratto dal libro “Raccontare il Sindacato”, per i tipi di Arcadia Edizioni, 2022.
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