8 marzo. Dedicato alle donne in Ucraina.

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08.03.2022

Oltre la retorica dell’8 marzo, quella che non fa bene a nessuno, c’è uno spazio di riflessione che deve essere coltivato con cura.

Quello che una data celebrativa offre al mondo intero è la possibilità, sacrosanta, di raccogliere idee e pensieri per costruire un’idea di futuro. Cominciando dal cambiare il presente.

È questa la direzione che vorremmo avesse anche questa ricorrenza.

Difficile non dedicare la Giornata internazionale della donna 2022 a tutte le donne in Ucraina, che stanno combattendo con grandissimo coraggio e intensità un conflitto terribile. Le donne ucraine stanno difendendo famiglie, figli, il futuro del loro Paese. Combattono al fronte, sfidano le bombe, le violenze per mettere in salvo i bambini.

Le immagini e le storie di cui siamo testimoni tramite tutti i mezzi di comunicazione disponibili toccano nel profondo.  Tante, ormai troppe, le donne simbolo di questo conflitto. Mamme che portano i propri piccini in fin di vita in ospedale, che percorrono chilometri infiniti pur di portarli in salvo. Donne che scelgono di combattere, coi fucili in mano. Le donne in Ucraina stanno facendo la resistenza, si stanno occupando delle famiglie, stanno sostenendo un Paese intero in guerra. Sono forza, sono coraggio, sono speranza.

E in questo 8 marzo 2022, a partire dalle donne in guerra in Ucraina, siamo tutti testimoni di una realtà in cui tutto l’universo femminile è in difficoltà.

Parliamo di gender gap economico, occupazionale, retributivo. La cronaca nera è piena di racconti raccapriccianti di femminicidi. Un’emergenza vera che include anche fenomeni sempre più diffusi come il mobbing, lo stalking, il body shaming.

Parliamo quotidianamente di donne che lasciano il lavoro. Di donne che neanche lo cercano più.

Parliamo di donne che non riescono a tenere il passo della vita degli uomini, sovraccaricate da precariato costante, carichi familiari sempre più pressanti per l’assenza di infrastrutture sociali solide e strutturate, affaticate dalla necessità di affermarsi come persone nella società al di là dei ruoli preventivamente scelti per loro.

Vite a rincorrere una parità a tutto tondo che, in una realtà ideale, non dovrebbe neanche essere un tema di discussione. La parità di genere dovrebbe essere scontata. E non è così.

Non è un forzato e vuoto femminismo fermarsi un momento per ragionare non su come dovrebbe essere il “mondo delle donne”, ma su come realmente è il mondo di tutti.

Certo, tanto è cambiato. Quanto meno nella porzione, fortunatamente, sempre più ampia di consapevolezza. Trasformare, però, le consapevolezze in atti concreti diffusi e accettati ovunque come fosse “normalità” sembra essere un passo difficile. E lo sanno tutte le donne. Anche quelle che poi, a dispetto di ogni contro-pensiero, ce la fanno.

I dati, del resto, sono uno specchio della realtà a cui difficilmente si può sfuggire. Ogni crisi economica è pesantemente pagata dalle donne. Quella che abbiamo appena vissuto a causa della pandemia non è stata da meno. Le dinamiche del mercato del lavoro dimostrano come le donne siano penalizzate. Facile bersaglio di lavoro di scarsa qualità, di precariato, di part-time forzati, di progressioni di carriera bloccate, di salari al ribasso, di situazioni ai limiti della legalità. Tante sono le donne che smettono di cercare lavoro. I numeri parlano chiaro e vedono l’Italia lontanissima dalla media europea in tema di occupazione femminile.

Certo ci sono esempi positivi. Ancora, però, troppo pochi.  C’è chi riesce a sfondare il muro degli incarichi di alto livello. Tante altre donne si lanciano con determinazione nell’autoimprenditorialità, nonostante incontrino ostacoli maggiori rispetto agli uomini anche nella concessione di fidi e crediti per il lancio di attività e progetti.

La fatica è però una costante che non si può sottovalutare. Persino una donna simbolo dei nostri tempi come Chiara Ferragni, più e più volte si è spesa nel raccontare le difficoltà che ha vissuto e vive come donna imprenditrice.

Una fatica emotiva ingiustificata. A fronte di un successo autentico, anche Chiara Ferragni deve spesso difendersi da critiche sterili, puramente “di genere”, figlie di pregiudizi e arretratezza culturale cronica. Insomma, anche lei fatica il doppio di un uomo per essere ciò che è e fare ciò che fa.

È bello raccontare le storie delle donne che ce l’hanno fatta, delle tante professioniste che si sono messe in gioco. Sono esempi importanti soprattutto per le giovani donne, per le bambine che hanno bisogno di crescere nella consapevolezza piena di sé stesse, del loro valore personale, professionale, sociale ed economico.

Meno bella è la consapevolezza che si tratta ancora di “esempi” e “storie”.

L’impegno è quello di guardare oltre, costruendo giorno per giorno politiche utili a sfondare quei muri che ancora dividono gli uomini e le donne in file separate, togliendo ossigeno alla disparità di genere, nel rispetto della diversità, valore assoluto e garanzia di crescita. In ogni senso. In ogni campo.

@MaL

 

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